ORVIETO – Anche quest’anno in tempi pandemici si torna a ricordare le vittime dell’olocausto. Questo 27 gennaio 2021 però vorrei farlo attraverso dei suggerimenti di carattere culturale, consigliando ai lettori film e libri da visionare e leggere per l’occasione. In questa manciata di titoli ho cercato di espungere le scelte più prevedibili e retoriche in cui solitamente si casca, puntando invece su opere magari meno note e in apparenza non così manifestatamente polarizzate attorno al tema, ma che indirettamente attraverso evocazioni e metafore parlano della tragedia con toni più profondi e universali.
Partiamo dalle letture con un classico neorealista di Calvino, anche se meno noto e letto de Il giardino dei Finzi-Contini di Bassani. Il sentiero dei nidi di ragno, pubblicato dall’autore nel 1947, è un romanzo di formazione in cui la resistenza partigiana viene vissuta attraverso lo sguardo di un bambino con intense trasfigurazioni fantastico-poetiche della tragica realtà dell’epoca.
Un altro grande classico poco letto è La pelle di Curzio Malaparte, pubblicato nel 1949 dopo il successo di Kaputt ma che a tutti gli effetti gli è superiore perché lo stile risulta più maturo e compiuto.
L’azione si svolge prevalentemente a Napoli durante l’occupazione alleata dal 1943 al 1945, ma il realismo storico di Malaparte spesso tracima in invenzioni fantastiche come l’episodio della sirena divorata in un banchetto. Questi rimandi al mito greco, al mare come forza creatrice/distruttrice(metafora dello sfacelo della guerra e del potere nazista), si ritrovano anche nel capolavoro fiume Horcynus Orca del siciliano Stefano D’Arrigo. Si tratta di un’opera sperimentale scritta dall’autore nel 1975, un romanzo contemporaneo che gioca con la lingua e il dialetto siciliano, coniando neologismi e grotteschi calembour distruggendo la sintassi da prosa classica.
La storia parte dal ritorno a casa di un pescatore siciliano elle settimane successive all’armistizio dell’8 settembre 1943. Ricordi, sogni e visioni del protagonista animano le 1.264 pagine dell’opera in cui D’Arrigo mescola il mito greco(citando Omero) e l’epica marinaresca di Melville (Moby Dick), inserendovi all’interno la struttura narrativa sperimentale alla Joyce(Ulysses). L’Orca del titolo è un mostro simbolico che incarna lo spettro della guerra e la ferocia repressiva del regime nazi-fascista.
Concludo le proposte di lettura con un acuto saggio del filosofo e storico dell’arte francese Georges Didi-Huberman, il quale in Immagini malgrado tutto esplora la sottile linea tra realtà del documento e manipolazione partendo da quattro foto strappate al campo di concentramento di Auschwitz. Da qui parte un viaggio parallelo tra la Storia del genocidio e la storia dell’arte e del cinema.
Per quanto riguarda le visioni da Giorno della Memoria sgombro subito il campo da facili scappatoie: non amo La vita è bella di Roberto Benigni perché lo considero un film facile e ruffiano, mentre voglio partire proprio dal capolavoro incompiuto di Jerry Lewis The Day the Clown Cried (Il giorno in cui il clown pianse), in cui il grande comico e regista ebreo doveva interpretare un clown deportato la cui missione era divertire i bambini all’interno del campo di prigionia, chiara fonte di ispirazione per Benigni.
La tragedia del clown ebreo come figura umiliata e offesa la ritroviamo nel bellissimo Adam resurrected (2011) di Paul Schrader, un gioco di attori e delle parti tra carnefice e vittima ricco di metafore e spunti di riflessione.
Oltre a classici italiani immortali come Tutti a casa (1960) di luigi Comencini e Il Generale Della Rovere (1959) di Roberto Rossellini, voglio annoverare Pasqualino Settebellezze (1975) di Lina Wertmuller, dove il melodramma farsesco tipico della regista diventa lo specchio deformante della tragedia antisemita.
Persino nel film Disney Pomi d’ottone e manici di scopa (1971) serpeggia la paura del nemico tedesco anche se opportunamente inserita come cornice storica in una fiaba surreale.
Come surreale è la storia di Jojo Rabbit (2019) di Taika Waititi, in cui torna lo sguardo a misura di bambino, come in Calvino, e dove addirittura il piccolo protagonista immagina di dialogare con il fantasma di Hitler.
Spero che questi consigli riescano a dare una visione meno retorica, più ragionata e opportunamente filtrata(attraverso la trasfigurazione poetica e fantastica del simbolo e della metafora) del ricordo di un evento che non potrà mai essere dimenticato.
(Valentino Saccà)