di Stefano Moretti
L’utile argomentazione di Giuseppe Castellini su Big Data relativa al rapporto Mediacom043 sui depositi bancari in Umbria, di cui si e’ gia’ discusso, merita riflessioni ulteriori per quanto riguarda l’orvietano (Orvieto – Fabro ) rispetto allo schema di valutazione riportato oggi dalla sua Agenzia che, correttamente e come avevo indicato in mio precedente intervento cortesemente pubblicato su Orvietosi, si muove sul doppio binario depositi – impieghi , rappresentando cosi’ in maniera puntuale la dinamica dei flussi finanziari netti ed i relativi saldi.
In fondo alla graduatoria compaiono Fabro ed Orvieto, comuni dell’area con presenza significativia di sportelli bancari, che mostrano un indice di impieghi, fatti 100 i depositi, assolutamente insoddisfacente e pari al 75,8% per Fabro e 73,8% per Orvieto. Due sono, a mio parere, gli elementi che concorrono a tale situazione; il primo, la scarsa propensione all’investimento dell’impresa di territorio e la sua contenuta dimensione, la seconda, l’ugualmente scarsa propensione del sistema bancario locale alla formazione di politiche del credito performanti a favore di imprese e famiglie.
Tale argomentazione, necessariamente opinabile, appare tuttavia derivata prima del dato esposto, suscettibile di migliore approfondimento attesa la difficolta’ di acquisire dati ulteriori sull’impresa orvietana ed il suo andamento complessivo, caratterizzato da una forte presenza di micro aziende che meriterebbero piu’ giusto nomem di unita’ economiche di base e non piu’ quello di impresa in quanto aziende non tenute alla formazione e redazione del bilancio di esercizio ed alla sua pubblicita’ nonche’ l’assenza di societa’ quotate in borsa con eccezione di unica in AIM, percorso semplificato ed assai meno robusto della canonica MTA, rivolto comunque all’ impresa minore .
Si tratta quindi di una rete di microziendalita’ diffusa, con poco tendenza all’investimento strutturale, tecnologico ed alla ricerca in relazione al suo complessivo sottodimensionamento, con esiti di mera sussistenza ed autoimpiego. Dall’altra parte, un sistema bancario sostanzialmente inadatto ed incapace di sostenere l’investimento ed anzi , al contrario, impaurita ed ancorata da e ad una lettura rigida, da alfabeti del diritto bancario, della sana e prudente gestione che si trasforma poi , in particolare nei confronti del contraente debole, cioe’ la microimpresa, in ritardo, ostacolo ed infine diniego al credito di funzionamento e sviluppo per interpretazioni, regolamenti o policy interne finalizzate ad una radicalizzante quanto impropria lettura della funzione bancaria orientata alla tutela degli interessi supposti propri della banca che alle essenziali e costituzionalmente individuate attivita’ di servizio e sostegno allo sviluppo economico complessivo specie in un situazione caratterizzata dal sottodimensionamento come nel caso dell’orvietano.
Conclusivamente, nessuna difesa appare consentita all’intermediazione finanziaria in questo suo concreto svolgimento, inadatta, per tabulas, a sostenere sviluppo possibile anche in presenza di garanzie statali granitiche, volute in particolare dal legislatore dell’emergenza, in grado di coprire il 100% del finanziamento. Rimane comunque da esplorare la politica di sollecitazione del sistema istituzionale locale e regionale il quale, pur gestendo strumenti di sostegno, ha sclerotizzato le dinamiche costringendole all’obsoleto schema delle sole concessione di garanzie parziali con vaccinazione dichiaratamente inefficace rispetto allo stoccafisso bancario. Poche le voci, i confronti, azioni ed iniziative di sollecitazione istituzionale nei confronti del sistema d’impresa e bancario con correlata assenza di stampa specializzata o comunque criticamnte attenta alla politica del credito attuata , spesso in grado di svolgere il solo ruolo di riporto senza analisi e valutazione, che non aiuta a far emergere quella inderogabile necessita’ e bisogno di dibattito e confronto pubblici e partecipativi, consentendo al libero fluire di pratiche di profilo non adeguato di piccoli gruppi di interesse assunti a padroni del vapore che hanno invece mostrato i limiti evidenti del denunciato fenomeno di claudicanza finanziaria. Auguriamoci si formi, al contrario, una maggiore attitudine al dibattito ed al confronto in una materia che tutti riguarda e che a tutti deve essere consentita in termini pieni di conoscenza e proposta.