di Gabriele Marcheggiani
Dovevamo uscirne migliori, dicevano, invece ne stiamo uscendo, ammesso che se ne stia uscendo, nel peggiore dei modi possibile. Non tanto per le diatribe insulse di cui i social network sono l’arena virtuale nella quale si scatena lo scontro, quelle che danno ancora voce, nel ventunesimo secolo, a negazionisti, cospirazionisti, complottisti, benaltristi di ogni risma.
Tant’è, la democrazia reca con sé anche questa sorta di effetti collaterali che non sempre si riesce a tollerare: Umberto Eco ci aveva prevenuto in tempi non sospetti, la casalinga informata col gattino e l’immagine di padre Pio ha lo stesso diritto di parola di studiosi, scienziati, uomini di cultura, nonostante un giorno sì e l’altro pure scriva e condivida delle emerite idiozie.
È la legge dei social, baby, nel tempo appiattito e vacuo dell’uno vale uno. Eppure non è tanto questa battaglia quotidianamente persa, di combattere le peggiori teorie e le più improbabili macchinazioni in un periodo storico come questo, dove ragionevolmente si dovrebbe fare tutti un passo indietro affidandosi a coloro che ne sanno certamente di più. E non è neanche il volgare e becero gioco politico di chi, cavalcando quest’onda di sottocultura per crescere nei sondaggi, dice tutto e il contrario di tutto a distanza di poche settimane senza ancora averci dato spiegazioni sufficientemente credibili sui clamorosi e tragici flop della sanità là dove governano da decenni.
Più in fondo, se ci si pensa un attimo, è questo trionfo di individualismo ed egocentrismo che annichilisce, il vero dato tragico della pandemia, questo sentirsi sempre investiti del sacrosanto diritto di aggirare norme e disposizioni, facendo spallucce e grasse risate da bulli impenitenti.
Non ne stiamo uscendo affatto bene se una continua polemica tesa solo a pensarci come individui in perenne guerra col sistema, incapaci anche solo di immaginarci come comunità, dove il diritto di andare a sciare, di incontrare chiunque, di spostarsi come e quando si vorrebbe, viene prima della tragica constatazione della realtà che stiamo vivendo. Se neanche mille morti in un giorno riescono più a indignarci e a costringerci al silenzio, se un anno come questo non riesce ancora ad insegnarci nulla, credo che l’umanità sia destinata inesorabilmente al declino. Se non riusciamo a pensarci come sistema integrato, come comunità solidale, neanche di fronte alla morte di decine di migliaia di persone, se pretendiamo di vivere in un mondo di soli diritti dove tutto ci è dovuto, non andremo troppo lontano. Il Covid è stato una sconfitta epocale sotto tutti i punti di vista e come su tutti i campi di battaglia della Storia, pietà l’è morta.