Nonostante le promesse dell’Assessore Coletto e i rassicuranti ed estenuanti post su facebook della sindaca Tardani (che cura il Covid, come dice “Il Messaggero”, con “sorrisi e bacchettate”), la situazione dell’ospedale di Orvieto resta estremamente critica. La seconda ondata del Covid-19 si è abbattuta sul nostro nosocomio come uno tsunami, mettendone a nudo tutti i ritardi, gli errori e la mancata organizzazione.
Il 6 maggio, con una mozione (discussa, con la proverbiale prontezza dell’amministrazione leghista, a fine giugno) chiedevamo alla Sindaca e di riflesso all’Assessore alla privatizzazione della Salute della Regione Umbria Coletto di riattivare i tempi brevi la funzionalità di tutti i reparti dell’Ospedale di Orvieto, la fornitura di un’adeguata strumentazione per l’analisi dei tamponi e la possibilità di organizzare uno spazio esterno da destinare alla cosiddetta “zona grigia”.
Il 30 luglio l’Assessore Coletto arriva all’ospedale di Orvieto in stato si semiclandestinità: “si costerna, s’indigna, s’impegna” dinanzi a sindaco e ad una platea di fedelissimi e promette grandi sforzi per garantire all’ospedale di Orvieto il ruolo di “ospedale di frontiera – è Coletto che parla – in grado di rispondere alle prestazioni di emergenza urgenza, assicurare i servizi di qualità alla popolazione residente intercettando utenza extraregionale dell’alto Lazio e favorendo una proficua interazione e integrazione con le strutture territoriali dell’azienda Usl Umbria 2”. “Il nostro ruolo – aggiunse solenne la sindaca – sarà quello non solo di vigilare, affinché il livello dei servizi sanitari locali sia adeguato ai bisogni di salute della nostra popolazione ma anche quello di proporre idee e progetti che possano qualificare ulteriormente la sanità orvietana e umbra in un’ottica di sviluppo”.
Cosa è cambiato da luglio? Niente. Anzi. La situazione è peggiorata. Ma non doveva la Sindaca vigilare? Non doveva proporre idee e progetti? Dinanzi ad una situazione così drammatica, dinanzi all’estenuarsi degli operatori sanitari, al dolore dei malati e di quanti non riescono ad effettuare controlli di patologie pregresse, non sarebbe ora di muoversi dal torpore, smetterla con il vuoto chiacchiericcio, rinunciare agli oziosi post per fare, finalmente, le cose che debbono essere fatte?
Come risponde la Sindaca e la maggioranza di centrodestra ai documenti dei sindacati? Agli inascoltati allarmi degli operatori sanitari? Allo smantellamento della medicina di territorio, a cui ora viene addirittura chiesto di compensare le lacune altrui? Cosa faceva la Sindaca, anziché vigilare, davanti ai numeri decrescenti del personale impiegato in sanità? Cosa faceva dinanzi al permanere dei ritardi della programmazione? Ai cambi di direzione sanitarie? Insomma: il problema di Tardani è sempre quell’abisso senza ponte tra il dire e il fare, tra le parole e le cose, tra amministrare con facebook e amministrare con atti concreti. E non ci si venga a dire di strumentalizzare il drammatico momento. Da maggio chiediamo pubblicamente impegni e azioni ma qualcuno ha preferito fare altro, minimizzare, tenere il sacco della sanità pubblica a chi la vuole svendere.
Se il primo cittadino ha a cuore la sanità orvietana, convochi i sindacati, ascolti i sanitari, istituisca un tavolo permanente con tutte le forze politiche e le organizzazioni sociali. Provi Roberta Tardani, almeno in questa occasione, a fare il Sindaco di Orvieto.
– Gruppo Pd Orvieto –