di Veronica Corradini
Sembrava che questo 70esimo Festival di Sanremo fosse figlio di una società patriarcale, iniziato dall’involontaria gaffe del direttore artistico, Amadeus, alla conferenza stampa avvenuta pochi giorni prima dall’inizio del Festival della canzone italiana nel presentare le donne che lo avrebbero accompagnato in questa avventura. Per poi concludersi con lo scandalo che ha visto protagonista una vecchia canzone di Junior Cally, rapper romano, dove il testo inneggiava a favore della violenza delle donne e al femminicidio, argomento estremamente delicato e, purtroppo, attuale nel nostro paese. L’intera faccenda ha indignato l’opinione pubblica e, sui social, l’hastag “io non guardo Sanremo” si è diffuso a macchia d’olio.
Proprio a discapito di ciò, le prime tre puntate del Festival sono state un elogio alla donna e alle sue battaglie; ad aprire le danze è stato il monologo di Rula Jebreal, giornalista e scrittrice palestinese con cittadinanza israeliana e italiana, se mai questo dettaglio può avere qualche importanza. Il suo monologo, che ha commosso l’intera platea, è composto, non solo da dati statistici, ma anche da fatti reali della sua vita; la scenografia, composta solamente da un libro nero, che rappresenta la realtà, e un libro bianco, con su scritto alcune frasi delle canzoni più belle d’amore italiane, perché le “donne vogliono essere silenzi, rumore, vogliamo essere proprio questo…musica”.
E poi è stato il turno di Diletta Leotta, conduttrice televisiva e radiofonica, che ha parlato del concetto di “bellezza” e di come sua nonna le diceva sempre, sia un peso e che con il tempo ti può far inciampare se non la sai portare. Questo antico detto ci fa comprendere che ogni ruga che solca il viso di una donna è il ricordo di una vita vissuta appieno e di tante risate, ma se invece si vuole rincorrere l’eterna giovinezza, prima o poi si cadrà e ci si renderà conto di ciò che si ha perso e che mai più tornerà. Perché una vita felice, vissuta al massimo, dona a una donna una bellezza inestimabile.
Chiude la prima puntata Gessica Notaro, cantante, modella e ballerina, che nel 2017 è stata vittima di violenza a causa del suo ex compagno, assieme all’ amico fraterno Antonio Maggio, vincitore di Sanremo Giovani nel 2013, che hanno deciso di raccontare la storia della ragazza tramite una canzone dal titolo La faccia è il cuore. Dopo l’esibizione la donna, in una conferenza stampa, ha criticato il cantante Junior Cally, che precedentemente vi ho citato, dicendo “Io e Junior Cally una cosa in comune l’abbiamo: la maschera.
Lui per idolatrare la violenza e fare show, io per difendermi dalla violenza subita”, mostrando due foto, la maschera che il rapper usa durante le sue esibizioni e quella che lei stessa è costretta a utilizzare per nascondere le ferite provocate dall’acido lanciatole sul viso due anni fa dall’ex fidanzato. Il rapper ha poi risposto, la mattina del terzo giorno del festival, dichiarando: “Se non riusciamo a vedere la differenza tra fiction e realtà la questione è ancora più grave. Chiaramente sono dalla parte di Gessica, sono contrario a qualsiasi violenza di ogni tipo, compresa quella sulle donne”. Proprio per questo che durante la puntata di mercoledì, il cantante si è esibito senza alcuna maschera che, secondo alcune dichiarazioni della sua compagna, era un modo per nascondere le sofferenze del passato, avendo passato gran parte della sua adolescenza in ospedale per una malattia autoimmune al sangue.
Sempre di donne si è parlato durante la puntata del 5 Febbraio, giornata dedicata a Fabrizio Frizzi, infatti l’amato conduttore televisivo avrebbe compiuto 62 anni proprio quel giorno; la prima a dominare il palco del Ariston è stata la giornalista Emma d’Aquino, con un monologo sulla libertà di stampa, riportando dati di giornalisti uccisi, o rinchiusi in carcere, perché non hanno voluto abbassare la testa, perché si erano avvicinati troppo alla verità, oppure perché l’avevano solo cercata e quindi vengono ridotti al silenzio.
Il lavoro del giornalista è pericoloso, non solo all’estero o nelle zone di guerra o nei paesi dove regna una severa dittatura, ma anche qui, in Italia, dove chi sceglie di raccontare la verità riceve minacce, percosse, è obbligato a vivere sotto scorta, o sommerso da querelle intimidatorie create solo a imbavagliarli la bocca. Per concludere il suo spazio, la D’Aquino cita Gabber dicendo: “la libertà è partecipazione” una chiara richiesta al pubblico a rimanere al fianco di chi cerca la luce in un mondo oscuro. A chiudere è stato il monologo di Laura Chimenti, giornalista e redattrice, con una lettera scritta alle sue tre figlie ricordando l’importanza dell’amore e della diversità e che un giorno, quando saranno grandi, sapranno guardare indietro perché da esso riusciranno a costruire un futuro roseo e libero.
Per quanto riguarda la puntata di venerdì, solo una donna ha avuto la possibilità di trasmettere la propria storia, si tratta della conduttrice televisiva e cantante Alketa Vejsiu. La donna parla della situazione in Albania negli anni 80, sotto la dittatura Comunista; quando ascoltare musica italiana, o solamente assomigliare alla Carrá, era visto con sospetto e si rischiava l’accusa di essere un nemico pubblico, perdere la propria libertà. Ringrazia l’Italia, Alketa, un paese che ha aiutato lei e molte altre persone che scappavano da quella dittatura, un paese che gli ha accolti a braccia aperte e illuminati con la sua cultura. Ringrazia anche il Festival di Sanremo perché, non è solamente il festival della musica italiana, ma un simbolo di integrazione dove, non importa dove sei nato o quale sia la tua religione, conta solamente la musica.
La quarta e l’ultima puntata sono state, giustamente, incentrate sulle premiazioni che hanno visto primeggiare per quanto riguarda la categoria Delle “Nuove Proposte” Leo Gassmann, figlio e nipote d’arte di due mostri sacri del cinema italiano. Proprio per questo, secondo un’intervista rilasciata dal giovane, ha scelto un percorso tutto suo dove il suo cognome, senza ombra di dubbio impegnativo, avrebbe avuto poco conto. Invece nella serata conclusiva, contro ogni previsione che assicurava la “tripletta” a Francesco Gabbani con il suo Viceversa, ha visto trionfare il cantautore pugliese Diodato in gara con il brano Fai rumore diventando, di conseguenza, il nostro rappresentante ai prossimi Eurovision Song Contest 2020.
La quarta puntata si è svolta all’insegna del caos: l’entrata in scena del rapper Ghali che è scivolato sulle scale provocando il panico tra il pubblico, subito gli viene prestato soccorso mentre il pubblico è visibilmente preoccupato per il giovane cantante, ma la realtà è molto diversa da quello che sembra: chi è caduto dalle scale non è Ghali, ma uno stunt-man, il vero artista è la seconda figura che è entrata; tutto si è rivelato un modo bizzarro per dare inizio allo show con una spettacolare entrata ad effetto.
Ma ciò che ha lasciato davvero senza parole l’intero pubblico di Sanremo è stato l’abbandono e, di conseguenza squalifica, del duo composto da Bugo e Morgan, in gara con il pezzo Sincero. I due hanno litigato sul palco durante l’esibizione: praticamente Morgan ha cominciato a cantare la loro canzone con un testo modificato, pieno di insulti verso il suo compagno di viaggio che non ha fatto altro che prendere le sue cose ed andarsene, rincorso da Amadeus che voleva capire cosa stava succedendo, mentre Fiorello veniva lanciato sul palco cercando di smorzare un’atmosfera imbarazzante.
In conclusione questo Festival è nato dalla critica e sempre accompagnato da essa si è concluso. Sui social network la gente ha cominciato, come spesso accade, a commentare e a disprezzare tutto ciò che vedeva e sentiva: gli outfit troppo sgargianti di Achille Lauro, le movenze troppo sensuali di Elettra Lamborghini, le parole di Rula Jebreal, i tempi lunghi, Roberto Benigni e altro ancora. Nulla è sfuggito agli occhi dei leoni da tastiera, tanto che questo Sanremo sarà ricordato come quello delle critiche. Ma è vero anche che questo Sanremo passerà alla storia per essere quello che ha battuto ogni record, ben 11,4 milioni di telespettatori sono stati attaccati allo schermo fino alla fine. Perché il Festival di Sanremo può essere amato, criticato, persino odiato, ma Sanremo è Sanremo.