Siamo molto felici di avere su LibroSì Lab anche per il 2020, la collaborazione di Ilaria Bagnati, la blogger di @ilariaticonsigliaunlibro. Iniziamo il nuovo anno con un’intervista da lei firmata ad uno scrittore siciliano Rosario Russo, autore di Quattordici spine.
Ciao Rosario, grazie per aver accettato questa intervista. Raccontaci un po’ di te, chi sei, da dove vieni, hobbies, passioni.
Ciao Ilaria, il piacere è tutto mio! Mi piace definirmi un acitano di scoglio divenuto col tempo siciliano di scoglio, per dirla alla Nisticò. Magari un giorno riuscirò finalmente a trasformarmi in un siciliano di mare aperto, ma non sono sicuro di farcela e forse manco lo desidero. Dato che per motivi di lavoro tendo spesso (e mal volentieri) a spostarmi lontano dalla Sicilia, continuerò a soffrire in silenzio di sicilitudine, sentendomi orgogliosamente insulare, diverso, pagano e fatalista. Del resto, come sosteneva il Principe Salina a Chevalley, “a vent’anni è troppo tardi per partire, la crosta è già fatta”. Come ho già accennato, vengo da Acireale, cittadina barocca adagiata sulle pendici dell’Etna, amo la storia, ovviamente la letteratura, seguo il calcio, tifo per la squadra della mia città e da tifoso rivendico una assoluta parzialità.
Quattordici spine è un giallo ben scritto, ambientato ad Acireale con l’ispettore Traversa come protagonista. Come è nata l’idea alla base del libro?
Con Quattordici spine ho analizzato a fondo la figura dell’ispettore feltrino Luigi Traversa, nato in maniera quasi casuale all’interno di un breve racconto del 2018, Gli amanti immortali. Inizialmente non avevo previsto ulteriori sviluppi per il protagonista, ma dopo essermi aggiudicato diversi premi letterari con il racconto, molti lettori mi avevano chiesto qualcosa in più sulla vita di Traversa. Così mi sono messo a lavoro per creare una storia di ampio respiro, all’interno della quale avrei potuto svelare i motivi (piuttosto drammatici) che avevano causato il suo trasferimento dal Veneto alla Sicilia, oltre che narrare un’indagine piuttosto complicata, in cui niente è come sembra. Del resto, Sciascia affermava che la verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.
Prima di Quattordici spine hai scritto Il martirio del Bagolaro per il quale hai vinto il premio Akademon, come mai la scelta di scrivere un romanzo storico? Ci vuoi parlare un po’ del libro?
Il martirio del Bagolaro è stata la mia opera prima assoluta, alla quale sono molto legato. L’idea di cimentarmi in un romanzo storico mi è balenata nel 2011, mentre mi trovavo a Roma a frequentare un corso di Laurea Magistrale in Storia e Società (Roma Tre). Dopo aver seguito un ciclo di lezioni in Storia del Cinema in cui il tema trattato era il Risorgimento, spinto dalla curiosità di scoprire cosa fosse successo ad Acireale durante quegli anni, una volta tornato in Sicilia mi misi alla ricerca delle fonti storiche. Ero partito scettico, convinto di trovare materiale poco interessante; invece da quelle letture ne venne fuori una storia bellissima e ahimè poco conosciuta, fatta di rancori, odi, vendette e riappacificazioni con Catania, l’eterna rivale. Buttare giù il romanzo è stato qualcosa di automatico.
Il genere giallo così come il thriller viene spesso considerato un genere di serie B, cosa pensi al riguardo? Credi si possa fare di più per “nobilitare” questo genere?
Credo che il vento stia per cambiare, la letteratura di genere fino a qualche anno fa veniva vista come paraletteratura, un prodotto destinato alle edicole; adesso invece tantissimi autori scelgono il crimine come prospettiva privilegiata dalla quale guardare al mondo. Prova ne è la presenza costante di thriller, gialli e noir nelle classifiche dei best seller. Gli stessi critici che prima guardavano al giallo come un prodotto di serie B, si sono prodigati in una serie di teorie e analisi sociologiche tendenti a giustificare un fenomeno in continua crescita. Del resto, la letteratura di genere è diventata a tutti gli effetti letteratura sociale, uno strumento utile ad analizzare la nostra società attuale, malata e profondamente criminogena.
La Sicilia, la tua terra, è culla di grandi scrittori, sei stato influenzato da loro? Ci sono altri autori italiani e stranieri che hanno influenzato la tua scrittura?
Impossibile non resistere al fascino dei maestri siciliani, specialmente per un giallista. La Sicilia è la patria del giallo e non parlo soltanto di Camilleri o Sciascia. Il primo giallista italiano fu infatti Franco Enna, al secolo Franco Cannarozzo, il quale scriveva per Giallo Mondadori. Lo stesso noir in Italia nacque nel 1900 grazie a una novella del calatino Luigi Capuana, Il Marchese di Roccaverdina. Camilleri ha aperto un’autostrada alla letteratura di genere, ma apprezzo molto anche i contemporanei: Santo Piazzese, Cristina Cassar Scalia, Gaetano Savatteri, Antonio Pagliaro e tanti altri. Tra i non siciliani ci sono Antonio Manzini e Giancarlo De Cataldo che reputo assoluti maestri. Sto scoprendo Piergiorgio Pulixi, uno tra gli autori più noir, fresco vincitore dello Scerbanenco. Sono tutti scrittori che leggo volentieri per ricordarmi quanto sia distante dalla loro bravura, dalla loro perfezione narrativa.
Immagino che da scrittore tu sia anche un accanito lettore, quali libri ci consiglieresti di leggere? Magari qualche libro che ti ha segnato particolarmente.
Ce ne sono tanti, troppi. Tra gli italiani consiglio il già citato Manzini con l’intera serie di Rocco Schiavone, un personaggio che avrei voluto scrivere! Tra gli stranieri invece ti segnalo un romanzo del 1941 dello scozzese A. J. Cronin, Le chiavi del Regno, un’opera di assoluta potenza e attualità.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai altre storie da regalare ai tuoi lettori? Con soddisfazione ti dico di sì, ho tanti progetti e tante storie. A breve ci sarà una riedizione de Il martirio del Bagolaro, romanzo su cui punto molto, poi pubblicherò un’antologia di racconti con i quali mi sono aggiudicato diversi premi letterari e addirittura uno di essi (il delitto delle cartoline) verrà trasformato in uno spettacolo danzante grazie ad un artista di fama nazionale. Ci sarebbe altro, ma da buon siciliano, non dico nulla per scaramanzia!
Quattordici spine. La prima indagine dell’ispettore Traversa in Sicilia: Acireale, Sicilia. Un efferato delitto sconvolge l’abulica routine quotidiana: Don Mario Spina, canonico della basilica di San Pietro, viene ritrovato senza vita all’interno della sacrestia, ucciso con decine di colpi d’arma da taglio. Inoltre, da un’antica credenza sono state trafugate le spoglie del maggiore artista locale, Paolo Vasta. L’ispettore di polizia Luigi Traversa, da poco arrivato dal Veneto, si ritrova a indagare su un delitto a tratti inspiegabile. Chi è stato a compiere quell’orrendo crimine? E quale misterioso passato nasconde il poliziotto, giunto all’improvviso in città? Quattordici giorni serviranno a Traversa per risolvere il caso, togliendo una spina alla volta da quel pericoloso fico d’India tutto siciliano che, una volta ripulito, mostrerà all’ispettore la terrificante verità.
Link alla recensione: Recensione
Rosario Russo (1986) è siciliano, vive e lavora ad Acireale. Laureato in Lettere e Filosofia e appassionato di Storia, ha conseguito successi in numerosi premi letterari, presentando racconti di vario genere. Nel 2012 ha esordito con “Il Martirio del Bagolaro”, romanzo storico ambientato ad Acireale nel 1862. Il poliziesco “Quattordici spine” è il suo secondo romanzo.
@ilariaticonsigliaunlibro. Nel suo blog si presenta così: “Mi chiamo Ilaria e sono dottoressa in psicologia clinica in procinto di abilitarmi alla professione di psicologa. Per ora faccio la mamma ed è un lavoro a tempo pieno. Le mie passioni più grandi sono la lettura e la psicologia e quando le posso unire vado in estasi.” Seguila sui suoi canali social: Instagram Facebook, Pinterest, Goodreads e sul suo blog. L’appuntamento su LibroSì Lab con le sue recensioni e interviste che strizzano l’occhio alle novità e autori emergenti è ogni quindici giorni, di lunedì.