di Massimo Gnagnarini ex assessore al bilancio del Comune di Orvieto.
C’è stato un tempo per risanare e ce n’è un’altro per sviluppare. Con Germani la priorità è stata risanare le finanze della città riconsegnando ad essa la piena autonomia di spesa. Missione compiuta. Tardani e la sua Giunta si trovano, invece, ad affrontare un compito altrettanto complicato quello di affrontare senza più l’handicap finanziario lo sviluppo e più realisticamente la conservazione delle ragioni stesse dell’esistenza di una comunità locale come la nostra.
Orvieto non è un’isola e molto del suo destino dipenderà dal barometro economico nazionale e dal grado di innovazione che la regione Umbria vorrà perseguire nei servizi primari come sanità, ambiente, credito, welfare. Bene fa il prof. Barbabella con le sue interrogazioni a focalizzare ,tra l’altro, l’attenzione su questi temi. Tuttavia si devono affrontare i nodi locali che ancora permangono e che nella recente conferenza stampa della Giunta sui suoi primi sei mesi di governo non è sembrato fossero sufficientemente delineati.
La priorità è invertire la curva demografica orvietana gravemente negativa sin dal 2009 dove la popolazione degli uomini e delle donne tra i 25 e i 40 anni risulta ridotta a meno del 20% di cui , per altro, un terzo rappresentato da cittadini stranieri.
E’ un dato di criticità assoluta dove, come evidenziato dal dott. Matteo Tonelli in questo suo post https://orvietosi.it/2020/01/buco-generazionale-orvieto-soffre-di-invecchiamento-precoce-il-piu-anziano-tra-i-comuni-con-oltre-10mila-abitanti/, scompare ogni capacità di interazione tra i fattori dello sviluppo economico locale. Si deve poi trovare la (quadra) tra incremento e cura dei servizi dedicati ai soli residenti e quelli invece a disposizione dei turisti. La vicenda Piazza del Popolo è stata l’ennesimo segnale di schizofrenia amministrativa di una cittadina ancora alla ricerca della sua autentica vocazione turistica da contrapporre a una di tipo meramente commerciale circondariale.
Si devono abbassare le tasse locali settate sin dal 2012 ai massimi consentiti dalla legge ora che sono stati eliminati i vincoli di deficit pubblico che lo impedivano.
Si deve completare il riordino della segnaletica pedonale, delle insegne pubblicitarie e occupazione del suolo integrando i regolamenti e facendoli rispettare dando alle vie del Centro storico una loro definitiva identità stilistica.
Si devono implementare i progetti delle opere pubbliche già approvati delle cosiddette “aree Interne” finanziati dallo Stato con fondi europei e impiegare i fondi del rifinanziamento della legge speciale Orvieto-Todi per ristrutturare e ammodernare gli impianti di mobilità alternativa. Si deve provvedere alla digitalizzazione e conservazione dei beni storici e artistici della città sulle nuove piattaforme 5G promuovendo il cosiddetto Brand Orvieto dotandolo su commercio, artigianato e accoglienza di un proprio disciplinare e sedi logistiche per la distribuzione di beni e servizi attraverso e-commerce.
Insomma un gran lavoro da far tremare i polsi. E i polsi, oltre all’Amministrazione orvietana di destra-destra, devono tremare anche all’opposizione orvietana di centro-sinistra che si deve rendere compartecipe di questa sfida recuperando e mettendo a disposizione la sua vocazione di governo senza piegarsi a una gara mediatica, imposta da una comunicazione istituzionale di piccolo cabotaggio, tra chi svolge o svolgeva meglio i compiti di pseudo pro-loco con in mano l’elenco degli eventi svolti in un anno, tra chi taglia prima l’erba, tra chi fotografa il vuoto di Corso Cavour alle dieci di sera, tra chi grida di più dagli al mendicante molesto o tra chi mette meglio le lucette di natale. Serve un’azione amministrativa profonda. Si può fare. Speriamo di intravederne il verso al più presto. [suggeriti]