di Franco Raimondo Barbabella
Lo avevamo detto e scritto più volte in campagna elettorale e dopo: il civismo non è una folata di vento che passa e non lascia traccia; è al contrario una scelta strategica, che nasce dal fallimento del tipo di politica che si è affermata negli ultimi decenni man mano che i partiti si trasformavano in consorterie di carriere lontane dai bisogni delle comunità, sia regionali che locali, assumendo con ciò anche un connotato generale. Si tratta della politica degli schieramenti precostituiti che si formano su interessi di gruppi ristretti e mirano alla conservazione del potere piuttosto che alla soluzione dei problemi. Una vecchia politica, dallo sguardo corto.
Il civismo al contrario esprime da una parte il bisogno delle comunità di valorizzare il proprio ruolo mettendo in gioco le risorse e le competenze territoriali senza piegarsi ad interessi esterni gerarchizzati arbitrariamente, e dall’altra di agire in rete per essere nel contempo quella massa critica che consente di progettare e programmare interventi generali utili per tutti. Dunque reti policentriche al posto di un centralismo chiuso, rinsecchito, povero di prospettive.
Orvieto ha sperimentato in occasione delle recenti elezioni amministrative il potenziale programmatico e politico di liste civiche coalizzate intorno ad un progetto di largo respiro, la cui portata innovativa si può comprendere già nel confronto con le proposte dei due schieramenti tradizionali a cui si è contrapposto e si potrà però probabilmente comprendere anche meglio soprattutto nell’essere punto di paragone con la concreta attività dello schieramento vincente.
Il risultato ottenuto incoraggia comunque di per sé ad andare avanti, e rappresenta oggettivamente per Orvieto e il suo territorio la vera novità della stagione che si è aperta con il 26 maggio. Il dato di fatto da cui infatti dovranno partire i ragionamenti politici, qui come peraltro negli altri territori, è che si è chiusa senza appello la lunga fase delle logiche centralistiche che hanno portato l’Umbria, dati alla mano, alle soglie del Mezzogiorno. Logiche che di fatto hanno penalizzato tutti i territori, quando ciascuno con le proprie potenzialità, se congiunte a quelle degli altri, può rappresentare lo straordinario potenziale che genera il futuro.
Orvieto è zona di confine diventata da geograficamente marginale a politicamente marginalizzata, a causa insieme di un miope centralismo e di classi dirigenti locali attanagliate dall’idiosincrasia per i progetti che sfidano i poteri costituiti. Uscire da questa situazione oggi si può adottando la prospettiva che propone il civismo ormai presente in ogni città dell’Umbria: centralità dei territori e rinnovamento su questa base sia della politica regionale che delle sue classi dirigenti.
È per questa ragione che “Nuovi Orizzonti per Orvieto” aderisce a “Umbria dei Territori”, il coordinamento delle liste e dei movimenti civici dell’Umbria, che ormai è in fase avanzata di organizzazione. È stato infatti già indicato nella persona del tuderte Floriano Pizzichini il portavoce del progetto e nelle prossime settimane sarà sviluppato il lavoro programmatico sui diversi temi fondanti il nuovo assetto della regione, fino alla Costituente di settembre in cui sarà indicato il profilo del candidato alla presidenza dell’Umbria nella prossima competizione elettorale. Orvieto deve uscire dal suo perdente isolamento e deve diventare, insieme agli altri territori, protagonista di una nuova fase della sua storia e di quella della sua regione, nel passaggio dall’Umbria piramidale e chiusa all’Umbria aperta e policentrica.
Ci riconosciamo perfettamente nelle parole pronunciate alcuni giorni fa appunto da Floriano Pizzichini: “Siamo convinti che crescita e sviluppo passino dai territori: il governo regionale coordina, progetta in compartecipazione, programma sulla base delle scelte territoriali. Uno schema da integrare in una Regione aperta che dialoghi con le regioni confinanti su progetti comuni. Umbria dei Territori è nata per marcare una netta discontinuità con il passato, nella consapevolezza che sia necessario uscire da un sistema fallimentare, ma anche nella convinzione che non basta cambiare il colore politico di chi governa, se non si ha la capacità di ripensare strutturalmente il sistema politico- istituzionale. È evidente la responsabilità di chi ha governato, ma anche di chi, in questi anni, avrebbe dovuto dar vita ad un’opposizione forte, concreta e realmente alternativa”. Appunto, il coordinamento delle liste e dei movimenti civici si candida ad essere il soggetto organizzato che vuole cambiare l’Umbria facendo perno sulle risorse e sulle classi dirigenti sperimentate nei territori.