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Home Archivio notizie

L’episodio della Pentecoste come l’evento fondante della Chiesa

Redazione by Redazione
9 Giugno 2019
in Archivio notizie
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di Mirabilia Orvieto

Santo Spirito

Quando si dice “fare nuove tutte le cose”, il Vangelo non scherza. Gli Atti degli Apostoli presentano l’episodio della Pentecoste come l’evento fondante della Chiesa. Anche qui c’è una storia parallela. Da una parte le celebrazioni giudaiche che festeggiavano in quel giorno il dono della Legge che Dio aveva fatto al popolo ebraico attraverso Mosè, e dall’altra il dono dello Spirito che Dio stava facendo ai discepoli di Gesù. Antica e nuova Alleanza, Legge e Spirito, due realtà molto diverse.

Il dono dello Spirito

Secondo la fede cristiana, quel giorno nasce una nuova realtà, una nuova esperienza, una nuova umanità. Con Cristo non c’è più una legge che è esterna all’uomo, una legge da osservare, a cui obbedire ciecamente, ma un fuoco, una forza interna che sprigiona energia, che penetra e trasforma l’anima. Queste erano state le parole di Gesù durante l’ultima cena:
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Gesù chiede per la prima volta ai discepoli di amare, perché Dio risponderà con una Energia d’amore, con un amore grandissimo, il più alto, lo stesso che è nel cuore di Dio Padre. E il Padre, che è amore assoluto, amore puro, amore infinito, non vuole sacrifici e precetti esteriori, ma qualcosa che nasca dalla realtà profonda dell’uomo. Ciò che conta per Dio non sono le azioni buone o cattive degli uomini, quanto la capacità di vivere relazioni d’amore, quello stesso amore che Cristo ha saputo sprigionare dal proprio essere trasmettendolo e infondendolo negli altri. E questo è ben spiegato nella parabola del Buon Samaritano.

Il Buon Samaritano, Vincent van Gogh

Qui si racconta di un Levita, un uomo molto religioso, che lungo la strada incontra un povero disgraziato, morente e bisognoso di aiuto; egli non si ferma e passa oltre, completamente indifferente alle vicende di quell’uomo. Poco dopo passa un Samaritano, considerato dai Giudei un pagano, e veduto l’uomo a terra lo soccorre, lo porta in un albergo e lascia dei soldi per la sua guarigione. In questa parabola Gesù non vuole giudicare e condannare nessuno, ma mettere in luce una cosa soltanto: la capacità di amare. Il Levita pensa di essere dalla parte di Dio, fedele osservante della Legge e delle pratiche del Tempio: in realtà vive una profonda e inconsapevole “dissociazione”, perché la sua è una vita senza relazione! Praticamente la distanza dal prossimo, che l’uomo non vede e non vuol vedere, misura la sua lontananza da Dio.  La sera del giorno della resurrezione, mentre la comunità dei discepoli stava rinchiusa in un luogo nascosto per paura dei Giudei, Gesù si manifesta ponendosi “in mezzo” a loro. Né davanti e nemmeno sopra, ma in mezzo.

 

 

 

 

Apparizione di Gesù, Duccio di Buoninsegna

Questo significa che tutti coloro che gli sono intorno, hanno tutti la stessa relazione con lui, non c’è qualcuno di più e qualcuno di meno, qualcuno che viene prima e qualcuno che viene dopo. La comunità da lui fondata non è una struttura di potere. No. La sua comunità vive di nuove relazioni. Gesù non è un “capo religioso”, né si pone al di sopra, nel senso che è superiore ai discepoli, ma sta in mezzo a loro perché lo Spirito di Dio lo fa essere uno di loro. I Giudei, che avevano capi e anziani, non sono capaci di relazione, odiano la relazione, non la capiscono e non la vogliono capire. Più facile fare come il Levita della parabola che segue tutti i precetti della Legge, piuttosto che amare il prossimo ed entrare in relazione con lui.

 

La lavanda dei piedi, Giovanni Agostino da Lodi

Persino i discepoli si scandalizzano nel vedere il loro maestro e Signore chinarsi a lavare i piedi durante l’ultima cena. Lo Spirito Santo è “spirito di relazione” che crea legami d’amore, di compassione, di gratitudine, di umiltà, di generosità reciproca. Legami così forti e profondi che faranno dire a Gesù queste parole: “nessuno ha amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. La vita ha senso solo così. Ma per arrivare ad amare in questo modo bisogna vedere la relazione con il prossimo come un’opportunità, un dono appunto, e non un problema da evitare.
Il compito dei credenti, abitanti del Regno dei cieli, non è andare a proporre o imporre dottrine, ma inaugurare relazioni d’amore. La Pentecoste è dunque la creazione di una umanità nuova guidata da uno spirito nuovo. Quale? Quello che rende le persone capaci di “ascoltare l’altro” senza prevaricarlo o metterlo a tacere, perché Dio stesso si è messo in ascolto dell’umanità; quello che fa “uscire da sé” per andare verso l’altro senza escluderlo o emarginarlo, perché Dio cerca e ama gli ultimi; e infine quello che rende capaci di “liberare l’altro” senza opprimerlo o schiavizzarlo, perché questo è il fine stesso di Dio.
Una Chiesa senza Spirito è una Chiesa dogmatica e chiusa in se stessa, e quindi senza identità e senza futuro. Ma dove c’è lo Spirito c’è una Chiesa libera ed esperta in umanità, sempre aperta al dialogo e al progetto di Dio, un progetto che chiama la Chiesa stessa a non separarsi, a non distaccarsi dal mondo, come invece accade in tutte le ideologie religiose. Al contrario, la Chiesa fa parte del mondo ed è in comunione profonda con esso.


L’unità di spirito e d’intenti tra Pietro e Paolo

Negli Atti il racconto della Pentecoste sottolinea come in Gerusalemme fossero riuniti “uomini di ogni nazione” e che questi sentivano gli apostoli parlare, comprendendoli “ciascuno nella propria lingua”. Era il vero linguaggio dello Spirito che tutti accoglie, tutti ascolta, con tutti si fa uno. L’identità della Chiesa è proprio questa, e cioè il “farsi tutto a tutti” tanto invocato da San Paolo. Il dono dello Spirito é il dono di un potere, un potere dato non solo al singolo ma a tutte le anime che, se unite, possono chiedere qualunque cosa a Dio, così come Gesù aveva promesso. C’è un punto in cui la vita umana si differenzia da quella animale ed è quando diventa un “grido”, una domanda di relazione e di comunione volta alla ricerca del bene comune. Solo se questo grido viene ascoltato può esserci lo Spirito e dove c’è lo Spirito c’è anche vita senza misura.

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