Il candidato a sindaco Franco Raimondo Barbabella risponde alle 5 domande formulate da Lucia Vergaglia.
di Franco Raimondo Barbabella
Cara Lucia,
scelgo per risponderti la forma epistolare, quella che si addice di più, mi pare, al nostro carattere, franco e diretto. A dire il vero mi piace anche per il fatto che in questo modo continuiamo un dialogo iniziato tempo fa e che mi sarebbe piaciuto si potesse svolgere pienamente nell’attuale competizione elettorale o come alleati o come leali avversari accomunati solo dal desiderio di governare bene questa nostra amata città.
Con ciò intendo anche sottolineare il vulnus democratico arrecato alla comunità impedendoti di partecipare, un vulnus che sono sicuro tu vorrai superare nel modo e nel tempo che riterrai più opportuni e che comunque con questa iniziativa dimostri già di saper attenuare. Con questo spirito di positiva valutazione e di amichevole riconoscimento rispondo volentieri alle 5 domande che hai formulato.
Lavoro – Non ho alcuna difficoltà a dirti che sposo in pieno la tua idea di un orientamento al lavoro dell’azione amministrativa e mi impegno a vedere come poter utilizzare al meglio gli strumenti che su tua iniziativa sono stati formalmente adottati. Ma, a parte ciò, mi preme con pari chiarezza segnalare (non tanto a te che ne hai di sicuro piena consapevolezza) che nel programma mio e delle liste che mi sostengono il lavoro è uno dei tre assi fondamentali in cui si articola l’ambiziosa e però realistica progettualità che sottoponiamo alla valutazione del corpo elettorale.
Questa parte si articola in nove punti che invito a leggere chi non l’avesse ancora fatto. Sappiamo bene che il Comune solo per aspetti limitati può creare direttamente lavoro, ma sappiamo anche che ne può facilitare le opportunità con una politica di sviluppo riferita alla messa a sistema delle risorse territoriali. Si tratta in sostanza di mettere a punto progetti con legame strutturale tra patrimonio culturale e naturale, turismo, enogastronomia, servizi e infrastrutture. Ripeto, la logica e le linee progettuali sono indicate nei nove punti che ho richiamato.
Unesco – Su questo punto sai la mia posizione. Io credo che uno dei più gravi errori commessi dalle ultime amministrazioni sia stato l’abbandono dell’idea, partita con il Progetto Orvieto degli anni ottanta e ripresa alla metà degli anni duemila dal compianto Giampietro Piccini, di ottenere l’inclusione di Orvieto (il complesso rupe-centro storico con il duomo come massima emergenza culturale) nella lista Unesco del Patrimonio Culturale Mondiale.
L’iniziativa di proclamare il Monte Peglia riserva MAB Unesco, di natura di fatto privatistica in quanto non promossa dai comuni e da essi accettata al di fuori di una qualsiasi progettualità (che oggi e solo oggi si tenta faticosamente di impiantare senza che tuttavia se ne conosca natura e portata concreta), poteva essere davvero un elemento di forza per lo sviluppo di una vasta area territoriale interregionale se fosse stata collegata con l’altra riguardante la rupe e il duomo. Ora si tratta di vedere come recuperare questa possibilità.
Bisogna fare come Matera, che anni fa partì proprio con l’inserimento dei Sassi nel Patrimonio Mondiale Unesco ed oggi è arrivata ad essere proclamata Città europea della cultura, con tutto ciò che questo significa e che vediamo accadere sotto i nostri occhi. Noi potevamo averlo fatto già da diverso tempo. Si tratta oggi di recuperare il tempo sprecato e l’occasione perduta e mi auguro che l’iniziativa del Peglia MAB Unesco non costituisca un ostacolo. Noi in ogni caso promuoveremo la costituzione di un soggetto operativo che si occupi espressamente di un simile progetto che rappresenta un punto strategico irrinunciabile.
Identità – L’iniziativa che citi, partita dalla lucida mente di Pier Luigi Leoni, amico indimenticabile e indimenticato, e che tu hai intelligentemente portato avanti merita anche tutto il mio apprezzamento. Tu la inserisci nel quadro più generale della definizione dell’identità del territorio. Un tema vasto, articolato e nel contempo delicato. Perché l’identità ha mille facce, spazia dalla cultura all’economia, va dalla tradizione alla capacità d’innovazione, si sostanzia in intenzioni, opere e comportamenti. Dunque quell’iniziativa lodevole è da intendere come uno spunto che deve tradursi in una politica.
Noi oggi siamo di fronte alla necessità di ridefinire il ruolo della città e del territorio, giustappunto un’identità credibile e dotata di forza propulsiva. Ciò potrà avvenire se sapremo rileggere la nostra storia e riproporla in termini di opportunità moderne che creano futuro. Vuol dire oggi porre Orvieto come punta di diamante di un movimento che rompe l’interpretazione burocratica dell’assetto regionale e fa operare i territori di confine (il nostro lo è) come territori ponte verso le regioni contermini, facendone derivare progetti ambiziosi di valorizzazione delle risorse comuni. Una identità molto dinamica, un lascito storico che diventa un nuovo spirito del tempo. Questo è non a caso il primo dei tre assi in cui si articola il programma che non a caso porta il titolo “Nuovi Orizzonti per Orvieto”.
Europa – Tu dici Europa ma vuoi dire ex Piave. Dire Europa come riferimento per noi vorrebbe dire naturalmente molto altro, ma sto al tema. Non nego che la tua proposta di ottenere dall’Europa, a seguito della Brexit (ma ci sarà? e come sarà?), il trasferimento qui della sede operativa del Tribunale Europeo Unificato dei Brevetti ha un certo fascino, peraltro per diversi interessanti motivi. E ti assicuro che se ne vedrò anche solo un piccolo spiraglio mi ci ficcherò dentro qualunque sia il mio ruolo. Consentimi però di essere prudente e di mantenere aperto un ragionamento coerente con l’idea di città vocata a riconquistare quell’ampio ruolo territoriale di cui ho fatto cenno sopra.
Resto convinto che, come abbiamo sostenuto nel convegno “De Urbenova” organizzato da CoM nell’ottobre del 2016, la ex caserma vada messa in gioco insieme al resto del patrimonio in un progetto generale di ridefinizione dell’uso ottimale degli spazi urbani in un’ottica di riqualificazione e sviluppo. In questo senso si deve dire che si è perso colpevolmente troppo tempo, si sono perse occasioni e si è realizzato il capolavoro di trasformare le opportunità in problema facendo nascere così la tentazione di liberarsene, magari andando anche in giro con la valigetta per realizzare una bella svendita. No e poi no: realismo non vuol dire soluzione purchessia. Bene le proposte come la tua se se ne vedrà la possibilità, ma da subito in ogni caso studiare una soluzione progettuale del tipo che ho detto.
Ambiente – Parli sostanzialmente di ciclo dei rifiuti. Anche qui va detto che l’approccio corretto è l’assunto della complessità e dell’interrelazione qualsiasi sia il tema che affrontiamo. Non ho difficoltà a sostenere, e anche questo è detto nel mio programma, che la discarica va superata e che non ha senso costruire termovalorizzatori nel nostro territorio. Ma detto ciò, non abbiamo mica risolto il problema della chiusura del ciclo dei rifiuti.
Noi dobbiamo aprire su questo, come temo su altre questioni (ospedale e sanità; viabilità e trasporti; turismo, cultura, formazione) una vera e propria vertenza con la regione. Non è possibile restare in questo limbo che dura da troppo tempo e che ci sta portando inesorabilmente all’ingestibilità di un settore che invece potrebbe essere una straordinaria risorsa, sia in termini di sicurezza che di corretta gestione ambientale e di risparmio economico per le famiglie. Va riprogettato tutto il settore avvalendoci delle esperienze e delle conoscenze migliori esistenti oggi. L’idea di un progetto da attuare in tempi brevi verso i rifiuti zero non è un sogno, è una opportunità necessaria. Spero di aver dato risposte adeguate alle tue aspettative. In ogni caso sono disponibile anche per ulteriori fasi di discussione a chiarimento o per volontà di approfondimento.
Un caro saluto