Una grande occasione per rilanciare Orvieto, sprecata dalla solita visione politica, che a forza di mediare alla ricerca del consenso ha generato solo mediocrità. Il progetto delle Aree Interne è stato declinato qui da noi in uno spettacolo patetico, basato su tanti micro interventi pubblici la cui rilevanza generale sarà prossima allo zero. Enfatizzate come il grande piano in grado di dare una forte spinta economica ad Orvieto, le Aree Interne si stanno rivelando l’ennesimo bluff gigantesco, partorito da un’amministrazione che ha fallito ogni progetto e ha dimostrato di essere incapace a gestire situazioni minimamente complesse che vadano al di là della normale amministrazione.
Due sono, a mio giudizio, i gravissimi limiti di una intuizione che, nella sua formulazione originaria, rimane valida ed interessante. La prima è stata la difficoltà di coinvolgere sul serio il tessuto imprenditoriale che è rimasto sostanzialmente estraneo a tutto quel lavorio burocratico e comunicativo intorno al quale la Giunta Germani ha girato, in gran parte a vuoto, in questi ultimi anni con grandi proclami sempre disattesi. L’unica certezza saranno gli interventi pubblici.
L’errore più grande è stato però quello di concepire le Aree Interne con quella mentalità ristretta e tutta ancorata ai piccoli interessi locali che già aveva decretato il fallimento del Consorzio Crescendo.
Così come l’azione del Crescendo si era risolta nella risibile strategia di voler realizzare un insediamento produttivo in ogni Comune del comprensorio senza puntare su un vero polo economico, allo stesso modo le Aree Interne si stanno configurando come una serie di interventi a pioggia, sparpagliati sul territorio il cui effetto non sarà certo quello di cambiare il volto dell’Orvietano. E poi secondo Germani sarei io quella che non ha un’idea di città. Cosa si sarebbe dovuto fare di diverso?
Praticamente tutto. La giusta maniera di concepire e gestire questa opportunità avrebbe dovuto essere quella di puntare con forza su pochi progetti, capaci però di invertire la pericolosa tendenza allo spopolamento di questa terra. Quei soldi avrebbero dovuto essere convogliati sul rafforzamento della capacità attrattiva del territorio: innovazione, infrastrutture, solo per fare un esempio e su una grande progettualità nel campo dei servizi per attrarre nuovi residenti.
Le due questioni sociali con cui dobbiamo confrontarci sono, infatti, il lavoro e l’invecchiamento della popolazione. Per pensare in grande però servono uomini politici che hanno il coraggio di guardare oltre il proprio mandato elettorale. Cercare di correggere l’impostazione al ribasso che ha contraddistinto questo importante progetto sarà uno degli obiettivi a cui mi dedicherò fin dal primo momento se sarò eletta sindaco di Orvieto”.
Roberta Tardani, candidata sindaco di Orvieto