ORVIETO – Si è conclusa la prima serie d’incontri promossi dagli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri della provincia di Terni ed organizzati dal Centro Studi Ridolfi presso la sede del Centro Studi “Città di Orvieto” a Palazzo Negroni.
Ai corsi riguardanti temi d’interesse anche non strettamente legati agli aspetti disciplinari, ma con delle ricadute sull’economia di settore hanno partecipato 122 professionisti.
Nel primo incontro di sabato 11 maggio scorso, sono stati affrontati gli aspetti del regime degli appalti pubblici, tema che riveste un ruolo non secondario nell’economia del Paese. Il relatore prof. Stefano Villamena, ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università di Macerata, ha evidenziato alcune criticità del sistema vigente che possono rendere problematiche le realizzazioni in un’ottica di qualità e certezza dei tempi.
La normativa italiana, in difformità con quanto previsto dalla normativa europea, consente ancora di assegnare gare con il criterio del prezzo inferiore. Questa circostanza, unita alla difficoltà della stazione appaltante di effettuare verifiche puntuali sui ribassi eccessivi, consente di aggiudicare gare d’appalto con ribassi anche del 40-50% rispetto a quanto previsto. Appare evidente che la correttezza formale della gara potrà non corrispondere alla qualità dell’opera realizzata, generando un vantaggio solo apparente per la collettività.
Al contrario, la normativa vigente consente alle stazioni appaltanti di perseguire la finalità della massima qualità dell’opera sia tramite l’introduzione di clausole ecologiche, che andrebbero a premiare le proposte caratterizzate in termini di sostenibilità, come anche di fissare il costo finale dell’opera e premiare le proposte che aggiungano, a quanto richiesto, standard qualitativi e prestazionali migliorati.
Nel secondo dei seminari, introdotti dall’arch. Ferruccio Della Fina, vice presidente dell’Ordine degli Architetti della provincia di Terni, l’arch. Sara Manarin e l’ing. Francesca D’Uffizi hanno affrontato un tema che sta trasformando il mondo della progettazione delle opere di architettura e ingegneria noto come Building Information Modeling (BIM).
Questo nuovo modo di concepire l’insieme delle attività che costruiscono il progetto e portano alla realizzazione dell’opera, introdotto negli Stati Uniti dal 2007 ed in Italia dal 1° gennaio 2019, sebbene ancora con incertezze nelle procedure e per opere complesse di importo superiori a 100 milioni di euro, diverrà obbligatorio per tutte le opere d’importo a base di gara inferiore a 1 milione di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2025.
Spesso confuso con il mero utilizzo di software di ultima generazione, si tratta di un cambiamento di strategia all’interno del processo progettuale che utilizza nuove parole chiave come: ecosistema collaborativo, flessibilità e capacità di adeguamento alle esigenze, modello virtuale informatizzato.
Dagli approfondimenti è emerso che il mondo delle costruzioni ha bisogno di concrete azioni di empowerment che restituiscano affidabilità e solidità, perché le competenze professionali e l’impegno sono “capitali” che possono essere misurati solo quando l’unità di valutazione è inclusiva e comune; ovvero: la virtuosità solistica rischia di non avere mercato. Un settore importante per l’economia del Paese, com’è quello delle costruzioni, cerca quindi di disegnare in modo ampio le strategie di sviluppo per i decenni successivi.