di Franco Raimondo Barbabella
Non passa ormai giorno che non siamo bombardati da notizie di violenza di ogni tipo e in ogni dove. Non vale la pena di fare esempi, ce n’è troppa abbondanza, a scuola, per strada, sui pullman, in casa, di giorno, di sera, di notte, ad ogni ora. Troppo comodo dire che questo è matto, quello aveva bevuto, quell’altro era psicologicamente labile. Rasenta la mascalzonata affermare, per episodi in cui sono coinvolti o stranieri di colore o italiani di origine straniera, che è questione di etnia. Io resto convinto che vale sempre il principio di responsabilità personale, per cui ognuno è responsabile di ciò che fa.
Il fatto però è che gli episodi sono così tanti e così diffusi che non si possono più considerare come fatti episodici soltanto ma come fatti iscritti, pur con tutte le differenze e gradi di gravità, in un clima di violenza che ha preso l’intero Paese, clima che è alimentato dalle stesse classi dirigenti che dovrebbero contrastarlo con l’esempio. Poi ci sono anche quelli che scientemente alimentano l’odio. Si dice che le politiche e le dichiarazioni muscolari non favoriscono la violenza. Io penso che i loro autori non possono essere ritenuti responsabili di un qualche specifico episodio, ma certo lo sono per il deterioramento del clima generale. Si dice che il clima di violenza non c’è, ma c’è.
Non passa anche giorno che non siamo tormentati dalle notizie contraddittorie sull’andamento dell’economia e dei conti pubblici. Giù batterie di cifre su occupati, disoccupati, precari e neet, che variano a seconda del giornale e del telegiornale; oscillazione dello spread che però si mantiene su livelli alti; previsioni che saltano ad ogni rilevazione. Una cosa però si capisce: le cose vanno male sul serio e i conti pubblici sono sull’orlo del disastro. Lo dice il rapporto sull’economia del Centro studi di Confindustria. Lo dice Eurostat. Lo dicono le Agenzie di rating.
Lo dice il Fondo Monetario Internazionale. Infine lo dice l’OCSE, il cui Segretario generale parla di stallo e ne indica con chiarezza le cause nei due provvedimenti bandiera delle due componenti di governo: quota cento e reddito di cittadinanza, più pericolosa la prima e in parte la seconda, ma insieme un gran problema. Che fare? Risposte dei leader di maggioranza: non ci riguarda, pensino alle cose loro, non abbiamo tempo di correre dietro ai discorsi dell’OCSE. Di fronte a tanta sicumera non si sa né cosa pensare né cosa dire. Un fatto mi pare certo però: la realtà si sta prendendo la sua rivincita sui castelli di carte. Non è difficile indovinare chi purtroppo ci andrà di mezzo. Si dice che la crisi non c’è, ma c’è.
Infine, non c’è giorno che manda il Signore che non se ne vada un pezzetto di democrazia, reale o formale, intendendo ovviamente per democrazia quella rappresentativa e parlamentare. Ne ho scritto già tante volte e non voglio ripetermi, ma questo è un aspetto che è tanto importante quanto assurdamente trascurato. È uno stillicidio, perché non riguarda solo singoli provvedimenti, ma anche i comportamenti.
Non si tratta solo dell’occupazione sistematica degli spazi decisionali da parte dei due partiti di governo, anzi da parte dei due leader (senza i cui cinguettii non si muove foglia su niente), ma dell’occupazione manu militari degli spazi di comunicazione radiotelevisiva. E come se non bastasse si vorrebbe anche far sparire la presenza stessa di giornali e radio fuori dal coro come Avvenire, Manifesto e Radio radicale. Infine, ed è la cosa più grave, si vorrebbe introdurre con il referendum propositivo il vero grimaldello di smontaggio del sistema della democrazia liberale, in omaggio al culto oracolare della volontà del popolo. Si dice che l’attacco alla democrazia non c’è, ma c’è.
Ecco, questo è il clima che si sta consolidando nel Paese. E andando sempre più a ridosso delle elezioni, europee e locali, tale clima è destinato ad accentuarsi. Senza esagerare, penso che non sarà facile distinguere le questioni, quelle politiche nazionali da quelle politiche locali, quelle di governo da quelle amministrative. Soprattutto, non sarà facile, per chiunque assumerà la funzione amministrativa in un qualsiasi comune, governare uscendo, come pure è necessario, dalla logica emergenziale del giorno per giorno, che è quella che è prevalsa ormai da tanti anni e che ci ha portati alle gravi difficoltà generali che ci angosciano.