Orvietosi.it ha parlato con tutti i candidati a sindaco che alla data del 16 aprile 2019 hanno annunciato ufficialmente la loro partecipazione alle prossime elezioni amministrative. I colloqui avuti hanno inteso tracciare soprattutto un profilo delle persone, prima che dei personaggi politici: fatta salva la diversità di vedute e di appartenenza politica, quel che è scaturito è il frutto di discorsi che sono andati ben oltre i problemi contingenti, cercando di offrire al lettore la possibilità di vedere i candidati al netto delle chiacchiere da social network e delle ovvie, sacrosante e conosciute appartenenze politiche di ciascuno. Abbiamo parlato con tutti, nessuno escluso, con l’intento di voler contribuire al dibattito cittadino circa i mali che affliggono Orvieto, sulle cause che li hanno determinati ma soprattutto sulle soluzioni diverse per uscire da questo innegabile stato di cose. Siamo convinti, in quanto giornalisti, che il nostro dovere sia quello di raccontare fatti e persone, senza prendere parte agli inevitabili e aspri scontri verbali che immancabilmente hanno già preso il via sui social network e che, come in un crescendo wagneriano, potranno solo aumentare di tono durante la campagna elettorale. Gli articoli verranno pubblicati al ritmo di uno al giorno a partire da martedì 16 aprile, in rigoroso ordine cronologico rispetto agli incontri avuti con i candidati a sindaco; qualora nei prossimi giorni, ai cinque che hanno annunciato ufficialmente la propria candidatura (Barbabella, Panzetta, Germani, Tardani e Rosati) dovessero aggiungersene altri, saremo ben lieti di incontrarli e di scriverne.
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di Gabriele Marcheggiani
Matteo Panzetta è un ragazzone di ventidue anni, che ti guarda negli occhi deciso mentre ti parla. Appare sempre sicuro di sè e non tentenna mai neanche di fronte quelle domande, forse un po’ scontate, alle quali lui dà risposte precise, dirette. Non tergiversa, non abbassa mai lo sguardo, anzi, sembra accogliere come una sfida tutto ciò che gli si chiede, rivendicando con orgoglio apparente la sua appartenenza politica. Studente di economia a Siena, il ragazzo non ha difficoltà a farsi chiamare “fascista del terzo millennio”, è sembrato piuttosto attendere la domanda, quasi a rivendicarne con fierezza la definizione: nell’anno del Signore 2019, Matteo Panzetta si dichiara fascista a tutti gli effetti e non trova motivo per non dirlo apertamente.
Risponde a ogni domanda senza reticenze, anche se cade molto spesso nella trappola degli slogan scontati, con un linguaggio stereotipato che non riesce quasi mai a dire qualcosa che l’interlocutore non si aspetti già. Quello che lascia un poco sorpresi però, è il suo modo di porsi, di interagire con chi gli sta di fronte: il ragazzo è sicuro di sè e anche quando sciorina quei mantra tipici della destra estrema, non si ha certo l’impressione di star parlando con i suoi camerati che abbiamo imparato a conoscere in TV nelle proteste anti-rom di Torre Maura e Casal Bruciato.
Il primo luogo comune in cui cade l’interlocutore è quello secondo cui certa destra estrema sia composta da rozzi individui indottrinati e senza cultura: Matteo Panzetta non è niente di tutto questo e seppure il suo linguaggio è chiaramente riconducibile alla sua appartenenza politica estrema, sembra districarsi con cognizione di causa attraverso le tematiche concrete che gli vengono poste sui problemi e le soluzioni della “città più bella dell’Umbria”, quella che non cambierebbe con nessun’altra.
La sua giovane età non sembra essere un ostacolo alla sua corsa, anzi, il ragazzo rivendica a più riprese il fatto che proprio questo fattore gli consente di avere ben chiari i mali di Orvieto: per lui, la città della Rupe, il suo centro storico, sono luoghi che sembrano morti, nei quali non c’è più possibilità di socializzare, luoghi avversi alle giovani generazioni, a quelli che hanno la sua età e che magari scelgono di andare a Viterbo per fare quello che di solito si fa a vent’anni. “Come CasaPound da oltre un anno abbiamo aperto un luogo d’incontro in pieno centro storico, siamo gli unici rimasti dentro le mura, tutti gli altri partiti e movimenti li trovi fuori di qui, se li trovi. Noi facciamo attività sociale, svolgiamo anche attività politica, certamente, ma il nostro rimane l’unico luogo di questo tipo nel centro di Orvieto”.
Su questa evidente realtà, ben prima delle idee che ciascuno può avere su una formazione politica di stampo neofascista, accusata a più riprese di fomentare l’odio razziale e omofobo, occorrerebbe fare un ragionamento più approfondito, che affronti le cause evidenti di una riscossa dei movimenti di estrema destra. Se CasaPound non è la risposta, al tempo stesso Matteo Panzetta pone alcune domande che non possono essere eluse: chi c’era prima dei “fascisti del terzo millennio” ad occupare questi spazi di incontro e di socializzazione, a far politica attiva tra i giovani, a rappresentare i loro dilemmi, le loro speranze? Dove sono ora, ben oltre i confini della Rupe e fino alle borgate romane, quelli che una volta erano presenti nei luoghi del disagio, che sapevano parlare agli studenti e agli anziani, ai lavoratori e ai disoccupati, che riuscivano a fare sintesi tra interessi diversi, tra il centro e la periferia? Come ha ripetuto più volte il ragazzo, quelli di CasaPound hanno riempito un vuoto, uno spazio che qualcun altro ha lasciato libero da troppo tempo.
Già Ilvo Diamanti aveva affrontato la questioni qualche anno fa, quando nelle periferie operaie e nei territori tradizionalmente legati alla sinistra, l’elettorato iniziò a votare Berlusconi e poi addirittura Lega: con CasaPound, che ha iniziato a far eleggere propri rappresentanti in seno ai consigli comunali, l’asse si è solo spostato ancora più verso l’estrema destra, vedi il caso eclatante della vicina Todi dove addirittura siede in maggioranza. Liquidare il fenomeno ponendo il ragionamento esclusivamente sulla sola dicotomia fascismo – antifascismo, non aiuta a comprenderne la portata nè tanto meno le implicazioni future. Panzetta raccoglie bene il guanto di sfida di un certo disagio giovanile, di fronte a una città che non sembra più in dialogo con le giovani generazioni; le domande che pone un poco più che ventenne a tutta la politica orvietana, hanno il tono retorico dell’accusa, al di là che chi se ne fa latore è candidato con un movimento estremista.
Panzetta punta il dito contro tutta la politica orvietana, nessuno escluso, e nel farlo dismette i panni del fiero “fascista del terzo millennio” e indossa quelli molto meno ideologici dei suoi vent’anni: se il suo movimento non può essere la risposta, le sue domande non andrebbero fatte cadere nell’effimero dibattito di una campagna elettorale. C’è una “questione giovanile” a Orvieto tra le molte altre? La politica cittadina sa interrogarsi su questo punto, sa dare risposte concrete alle nuove generazioni in ambito partecipativo, coinvolgendole nelle scelte e nelle prospettive di sviluppo, soprattutto occupazionale? Il candidato di CasaPound sa benissimo che gran parte del suo potenziale elettorato ha meno di venticinque anni, proprio quella fascia di età che sempre più spesso non riesce a sentirsi rappresentata dalla politica, che cerca in qualche modo di far emergere le proprie inquietudini, i propri dilemmi, le proprie aspettative, accasandosi là dove, magari strumentalmente, riesce a trovare ascolto.
Se un poco semplicisticamente il motto “Dio, Patria e famiglia” potrebbe calzargli a pennello, Panzetta di certo rivendica la sacralità dei confini nazionali, l’amor patrio e per la famiglia tradizionale composta da un padre e da una madre, tutti discorsi che appaiono imbolsiti e fuori dal tempo ma che riescono a riscuotere il favore di ragazzi poco più che ventenni. Non c’è bisogno di essere sociologi affermati per comprendere che in un momento di forte crisi, di riferimenti politici e culturali prima ancora che economica e occupazionale, è paradossalmente più semplice per molti giovani rifugiarsi nei presunti miti di un passato tragico, piuttosto che guardare con fiducia ad un futuro vacuo. Il ragazzo ha iniziato a interessarsi di politica a diciotto anni, proveniendo da una famiglia che non era certamente di destra ma che, seppur scettica all’inizio della sua avventura politica, ora lo appoggia senza reticenze.
Sempre sicuro di sè, senza esitazioni, Panzetta conclude che a un eventuale ballottaggio tra centrodestra e centrosinistra, CasaPound potrebbe scegliere di andare al mare, così come accaduto a Lucca poco tempo fa: con un rilevante 8% preso in dote al primo turno, la formazione politica non si schierò al ballottaggio con tutto ciò che ne conseguì. L’unica cosa certa, ribadisce prima di terminare l’incontro, è che “nessun voto potrà certamente essere dato a chi da sessant’anni tiene in ostaggio non solo Orvieto ma tutta l’Umbria”.
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E’ i programma per sabato 20 aprile alle 11.30 l’inaugurazione della sede del comitato elettorale di CasaPound Italia, in Via Filippeschi, 24 Orvieto centro storico.