Sono numerosi in questi giorni i commenti di esponenti e candidati politici volti a strumentalizzare le parole del ministro per la Sanità, dottoressa Giulia Grillo, eletta in quota M5S travisando le sue parole evocando il rischio di chiusura dei reparti del Santa Maria della Stella, in particolare del punto nascite. Dice il Ministro: “In questi mesi stiamo lavorando ad un decreto per gli standard dell’assistenza territoriale. Noi oggi siamo molto bravi sull’ospedalità, dove abbiamo degli standard e ridotto le inefficienze. Però sulla medicina del territorio dobbiamo efficientare la spesa e lì c’è molto margine e dobbiamo ridurre gli sprechi”
E’ vero che sia molto serio e sentito il rischio di un declassamento dell’Ospedale di Orvieto, ascrivibile nei successi come nei problemi alla politica regionale ed alle scelte dei manager che, giova ricordarlo, hanno costretto persino i consiglieri comunali locali a numerosi atti ed interventi, ed addirittura una Commissione di studio sulla materia che fu cavallo di battaglia dei sostenitori di Germani alle elezioni 2014, quella delle liste d’attesa.
Pertanto da parte della capogruppo M5S, Lucia Vergaglia giunge una netta presa di posizione visto che le scelte del ministero sono obbligate da normative e patti proposti e firmati dalle regioni risalenti al 2010 e lancia tre proposte: prospettare una nuova organizzazione dei complessi ospedalieri dal 2020 per riportare il “monte nascite” oltre le soglie minime, agire subito per far valere lo status certificato dall’essere “area interna” per sostenere presso il governo centrale la non applicabilità degli accordi Stato-Regioni che obbligano i tagli al nostro ospedale ed un intervento presso il Comitato Percorso Nascita volto all’investimento nello sviluppo delle nascite nelle zone come la nostra. .
«La situazione del rischio riduzione dell’organico e dei comparti ospedalieri è molto seria e non può essere tralasciata dal dibattito pubblico ma, a mio avviso, va inquadrata così: l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, correttamente tende a sottolineare i rischi di punti nascita con numero di parti inferiore ai 500 annui, cioè come ad Orvieto. Questo è un dato di fatto che, così come la pianificazione e gli accordi regionali, ci espongono al concreto rischio di soppressione del reparto ed al probalematico trasferimento del personale medico in altre strutture e quello tecnico ad altro incarico. infatti “In base all’Accordo Stato Regioni del 2010, i punti nascita devono eseguire almeno 1000 parti annui.” ed ovviamente siamo lontanissimi da quei numeri, ma voglio e devo ricordare che la firma sue questi documenti fu apposta dai nostri governanti di allora che ben sapevano di mettere Orvieto a rischio di chiusura del punto nascite. A quei temi il M5S era appena nato e non eravamo presenti ne al Governo e neppure in regione Umbria o nel nostro Comune, quindi quelle scelte ricadono sulle forze politiche che governavano allora, non certo su di noi. Comunque le proteste non mancarono, neanche da parte nostra ed un anno fa finalmente sono state recepite le voci dai territori e la Conferenza Stato Regioni dello scorso 24 gennaio 2018, al punto 7 dell’accordo, indica i provvedimenti relativi alla rete dei punti nascita. Tra i punti di rilievo stabiliti dall’accordo la distinzione tra centri Hub (con numero di parti uguale o superiore a 1000 all’anno) e centri Spoke (con numero di parti tra 500 e 1000 all’anno) ed una serie di prescrizioni relative al numero di cesarei in questi centri da ridurre fortemente.
In questi anni abbiamo lavorato molto sulla questione, con studio, confronto e raccolta delle migliori esperienze su questo campo e pertanto ci siamo fatti le nostre idee. A nostro avviso, infatti, se il complesso di Santa Maria della Stella non costituirà, insieme ad altri, una azienda articolata su di una superficie territoriale maggiore assieme ad altri complessi, attraverso cui aumentare il cumulo delle nascite, in questa congiuntura economica che ci ha portato a divenire un paese a bassa natalità ben difficilmente si potrà gestire questa vicenda senza derogare la legge e le normative. Deroghe per le quali ci spenderemo volentieri se avremo l’occasione nell’amministrare la città, prospettando una nuova e più efficace pianificazione regionale in vista del rinnovo regionale, ben sapendo che la politica sanitaria è, appunto, in capo alla regione Umbria. La mancanza di un punto nascite è infatti gravissima in termini di ripopolamento demografico ed è una condanna alla desertificazione, alla fuga delle famiglie assieme agli altri fattori come quelli socioeconomici o lavorativi che, a causa di scelte scellerate del passato ed una atomizzazione eccessiva delle strutture per venire incontro non ad una certa nomenclatura medica quanto piuttosto a calcoli elettorali regionali che da sempre penalizzano le aree interne come quella orvietana.
Come uscirne dunque? Bisogna valutare in termini regionali l’aggregazione con altre strutture, tuttavia questo è impossibile fino alle prossime elezioni regionali del 2020, ma è una proposta sicuramente da fare sin da subito per elevare lo status del nostro presidio territoriale e potere fare “monte” con i numeri delle nascite e contemporaneamente garantire una maggiore disponibilità di specialisti in organico. Nel frattempo come Area Interna investire il ministero e soprattutto la Regione della necessità di considerare il nostro territorio tra le zone geograficamente disagiate non solo nell’ambito dello sviluppo ma anche in quello dei presidi sanitari come previsto dalla risoluzione Fraccaro (M5S) le cui parole in riferimento all’articolo 32 della Costituzione sono: “Il diritto alla salute deve essere garantito anche nelle zone particolarmente disagiate. I presidi ospedalieri di base e i punti nascita situati in aree periferiche, zone montane e isole devono poter continuare a svolgere la loro funzione: non accettiamo tagli e chiusure arbitrarie, che mettono in dubbio il diritto alla salute.”, infine sollecitare il Comitato Percorso Nascita nazionale ad inserire nella mappatura della rete dei punti nascita anche il nostro presidio basandosi sulle sulle reali esigenze e condizioni del territorio. I punti nascita come il nostro devono essere garantiti. Dunque tre azioni: prospettare una nuova organizzazione dei complessi ospedalieri dal 2020, agire subito per far valere lo status certificato dall’essere “area interna” per sostenere presso il governo centrale la non applicabilità degli accordi Stato-Regioni che obbligano i tagli al nostro ospedale ed un intervento presso il Comitato Percorso Nascita volto all’investimento nello sviluppo delle nascite proprio nelle zone come la nostra. Al contrario le amministrazioni locali e regionali hanno decisamente preso sotto gamba questa problematica inducendo una vera e propria situazione di crisi complessa a scapito della cittadinanza, anzi di più, della demografia territoriale facendo abbattere sui nostri concittadini che intendono metter su famiglia una tempesta perfetta. Ed invece di scusarsi e collaborare per risolvere i tanti, troppi, problemi che si sono stratificati proprio sulle criticità della sanità locale cosa fanno? Cercano di addossare la colpa agli ultimi arrivati, ai cinque stelle. La misura è davvero colma.» Lucia Vergaglia, capogruppo Movimento 5 Stelle, Consiglio comunale della città di Orvieto.
Lucia Vergaglia, capogruppo Movimento 5 Stelle, Consiglio comunale della città di Orvieto