Di Massimo Gnagnarini
Degli attuali ventimila abitanti di Orvieto solamente il 60% sono nativi. Di queste dodicimila persone, ovvero il 70%, sono pensionati. Sono numeri spietati ma che fotografano esattamente la nostra realtà locale con buona pace di coloro che ancora restano affezionati a un’idea nostalgica della Orvieto che fu. Una affezione innocua se declinata a chiacchiera da bar, ma assai pericolosa se posta a cardine di una visione sul futuro della città che la politica ha il compito di delineare.
Siamo chiari, di Progetto Orvieto ce ne è stato solo uno , l’unico che sia mai stato elaborato è risalente agli anni 70’, e ha consentito di risanare la città e i suoi monumenti , ma ha anche fallito l’obiettivo fondamentale dello sviluppo economico e demografico ( si pensi solo al PRG del Prof. Piccinato che prevedeva una espansione fino a 40.000 abitanti nel comune di Orvieto).
I negozietti storici nel Centro storico, lo struscio per il Corso, i militari con le loro famiglie a Orvieto durante le giornate del giuramento, e più indietro ancora i villani che risalivano la Cava la domenica mattina per gli acquisti, sono sbiadite cartoline di una Orvieto che non c’è più e che non tornerà mai più.
Al loro posto c’è fb, ci sono i turisti e ci sono i centri commerciali. Esattamente la Orvieto che i suoi cittadini con meno di vent’anni hanno solo e da sempre conosciuto.
Semmai dovremmo attrezzarci con un nostro sistema di e-commerce per vendere il brand orvieto. Ma il vero nodo che abbiamo di fronte e che la politica orvietana deve saper sciogliere riguarda le priorità da dare alla spesa delle risorse, seppur sempre limitate, raccolte e gestite dal Comune di Orvieto dopo il suo risanamento finanziario. In altre parole che facciamo: diamo la precedenza alla spesa per i servizi pubblici a favore degli abitanti oppure mettiamo al primo posto la creazione dei servizi che favoriscono i flussi turistici e che già oggi generano un PIL dai 50 ai 70 mln di euro annui di cui beneficiano i tanti operatori del settore ? Temo che in campagna elettorale la risposta scontata prevalente dei candidati sia : “ ma è chiaro si deve dare la precedenza a entrambe le cose”. E così trascorrerà un’altro quinquennio guardando ai ricci di Germani e ai sorrisi della Tardani.