Di Massimo Gnagnarini
E se per favorire la nostra economia domestica rovesciassimo il paradigma delle elezioni comunali chiedendoci non cosa può fare il Comune per la città ma cosa, invece, ciascuno può fare per la città ?
A Orvieto un terzo della popolazione attiva campa di turismo. Ristoranti, Bar, Negozi di Prodotti Tipici, Alberghi, Case in Affitto, Servizi e Beni Culturali muovono circa 50/70 Min di euro di fatturato annuo.
Una somma importante che, però, diversamente da come avvenuto in altre parti non ha generato tra i nostri operatori del settore, con qualche lodevole ma parziale eccezione, alcuna forma Consortile ovvero di collaborazione tecnica e finanziaria capace di occuparsi con profitto di progettare, ottimizzare, investire, gestire e promuovere il cosiddetto brand orvieto che è il ramo dove stanno sedute esattamente le aziende medesime. Si è preferito, finora, demandare alla politica questo compito : Come se scegliere tra Germani, oppure Tardani, oppure Panzetta, a sindaco di Orvieto, tenuto conto delle competenze specifiche e delle scarse risorse umane e finanziarie pubbliche da poter impiegare, potesse avere un qualche rilievo decisivo nel colmare un tale vuoto strategico nei processi di sviluppo economico della città.
Nel mio ruolo recente di amministratore comunale ho avuto modo di confrontarmi e di ascoltare gli operatori economici. Tutti, al netto delle rivendicazioni legittime per un maggior impegno di spesa del Comune verso taluni servizi turistici e verso la contestuale richiesta di abbassamento del carico tributario, hanno riconosciuto l’esistenza di questo grave ritardo di sistema nell’organizzazione imprenditoriale orvietana. Io non credo alla favola del carattere degli orvietani per la quale ognuno di noi guarda al proprio orticello. Credo che la stragrande maggioranza delle attività a Orvieto sia meritoria e ho sincero rispetto per chi tutti i giorni insieme a qualche soddisfazione deve affrontare mille difficoltà. Però occorre ancora uno sforzo in più, accettare un rischio in più.
C’e’ bisogno di fiducia. Non quella, o almeno non solo quella, da riporre o meno verso i candidati alle prossime elezioni comunali, ma verso la prospettiva che solo la cooperazione può assicurare.
Sogno una città che quando va a votare dica ai politici non quale città ci proponete, ma che chieda ai politici di turno se sono pronti, semplicemente, a fare la loro parte. Appunto, la politica è una parte, solo una parte, dei processi di sviluppo di una comunità locale.