Commento di Dante Freddi- Afferma Crepet: “C’è instabilità e quando manca la visione del futuro ci si scaglia contro il diverso“. Guai, però, continua, a dare la colpa solo a Salvini e alla Lega. Il professore nega la lettura secondo cui sarebbe Salvini ad aver alzato il livello di insofferenza nei confronti dei diversi e annota che il segretario della Lega Nord ha semplicemente “odorato” un clima e lo ha interpretato, esasperando il sentimento di quegli “ignoranti che pensano che la diversità sia una minoranza da combattere”. Crepet carica poi di responsabilità gli intellettuali che sono venuti meno, che non hanno aiutato a leggere il mondo che cambiava e a comportarsi di conseguenza, che non hanno svolto il ruolo di leader, di guida, di pastori.
Il gregge si è impaurito e si è scagliato su quanto proveniva da fuori del recinto, quindi pericoloso, in assenza della capacità di un’interpretazione complessa degli eventi. È un’immagine che rende e che individua sostanzialmente nella mancanza di una èlite culturale e politica l’insofferenza per i migranti, ottimi capri espiatori per scaricare le conseguenze di una lunghissima crisi economica e della povertà sempre maggiore. È importante per chi alimenta la propria strategia di questi contenuti e di altri due o tre concetti che le ruotano intorno, sicurezza, prima gli italiani, difesa dei confini, che i problemi non siano risolti. E infatti così è. Le migliaia di migranti accettati da “quelli di prima” sono ancora qui e soltanto pochissimi sono stati espulsi, gli arrivi sono bloccati per una soluzione discutibile di Minniti e proseguita con orgoglio da “questi di oggi”. Non sappiamo neppure ormai quanti muoiono ogni giorno nel Mediterraneo, forse neppure ci interessa.
E l’odio monta, allargando il suo spettro di nemici.
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Il professore ad HuffPost: “Quando un popolo non ha la visione del futuro, punta il dito contro il diverso”
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Paolo Crepet: “L’Italia presente è fondata sullo Spritz e sui diplomifici. Gli intellettuali e la sinistra dove sono? Foligno non è colpa solo di Salvini
Il professore ad HuffPost: “Quando un popolo non ha la visione del futuro, punta il dito contro il diverso”
ML Antonelli / AGF
Paolo Crepet
“Lo dico da subito: non bisogna pensare che l’eruzione salviniana sia la causa degli episodi di razzismo, o meglio dei casi di ostilità nei confronti del diverso. Il problema è che ci sono molti ignoranti che pensano che la diversità sia una minoranza da combattere”. Per Paolo Crepet è innegabile che episodi come quello avvenuto a Foligno – dove un maestro di scuola primaria ha fatto mettere in un angolo della classe un bambino di colore, additandolo con un agghiacciante “vedete come è brutto”, rivolto ai compagni – siano il sintomo della condizione che sta vivendo la società italiana. “C’è instabilità – spiega ad HuffPost – e quando manca la visione del futuro ci si scaglia contro il diverso”. Guai, però, a dare la colpa solo a Salvini e alla Lega: “Dove sono gli intellettuali?”, si chiede il professore, che non risparmia accuse alla sinistra.
Possiamo dire che negli ultimi tempi ci sia stato un aumento degli episodi di razzismo? Cosa sta succedendo alla società italiana?
Non metto in dubbio le statistiche. Penso anche io che ci sia un aumento di casi simili a quello di Foligno. Succede perché viviamo un momento di grande instabilità. Quando una persona smette di guardare all’orizzonte e inizia a guardare i suoi piedi, ha paura. Quando un popolo non ha più la visione del futuro – e non c’è dubbio che oggi l’abbiamo persa, non solo per colpa di Salvini – è costretto a pensare al proprio quotidiano. E nel quotidiano siamo più fragili, abbiamo paura di chi potrebbe, metaforicamente, entrare nella nostra casa. Io sto girando l’Italia in questi giorni e percepisco, fisicamente, l’indisponibilità nei confronti del diverso. A tutto ciò si aggiunge l’utilizzo dei social.
In che senso?
Ci hanno ingannato quelli della California. Ci hanno detto che i social erano lo strumento più libero. Ma non è vero che sei libero se sei sui social. Questi canali sono la via breve per diventare ignoranti.
Lei dice che la popolarità di Salvini e della Lega non sono l’unica causa dell’aumento di manifestazioni – per usare una sua espressione – contro la diversità. Ma la narrazione salviniana sui migranti può aver inciso sul fenomeno?
Lungi da me assolvere qualcuno, ma non vorrei che si pensasse che l’eruzione salviniana sia la causa di tutto. L’eruzione salviniana è stata possibile perché l’humus italico era predisposto. È chiaro che c’è una responsabilità morale di chi soffia sul fuoco, ma il problema nasce a monte. Salvini, che è molto scaltro, ha trovato negli italiani un terreno fertilissimo. Ma le sono più complesse di come a volte le pensiamo. Il problema è che sta venendo meno l’Italia liberale, quella che si è battuta per l’inclusione, quella di cui faceva parte il mio maestro, Franco Basaglia. A proposito, lo sa cosa mi aspetto?
Cosa?
Che prima o poi ce la prenderemo con i matti. Mi sento di fare questa previsione.
Perché?
È una vecchia teoria di Adorno, che settant’anni fa aveva capito tutto. L’autoritarismo nasce contro qualsiasi minoranza.
Torniamo alla storia di Foligno. Le famiglie dei compagni del bambino che è stato vittima dell’episodio hanno mostrato solidarietà a lui e ai genitori. Possiamo dire che ci sono gli anticorpi contro il razzismo nella società?
Sì, ci sono. Ma non bastano fiaccolate o altre manifestazioni pretesche che ogni tanto tira fuori l’Italia buonista. Non bastano perché durano un minuto. Bisognerebbe, ad esempio, portare in quella scuola un ingegnere, un poeta o un pittore nero. In questo modo si può far capire che il genio non dipende dal colore della pelle.
L’insegnante che è stato accusato ha inizialmente affermato che stava svolgendo in classe un esperimento sociale. Successivamente ha cambiato versione. In ogni caso, è opportuno fare esperimenti simili con dei bambini ignari?
Sarebbe meglio se l’insegnante evitasse di inventare scuse a cui non crede nessuno, perché è un ulteriore insulto alla nostra intelligenza. Il trauma che può aver causato al bambino è motivo sufficiente per accompagnarlo alla porta. Perché, con tutta evidenza, questo non è il suo mestiere. Quanto alla giustificazione addotta, in ogni caso, non utilizzerei il termine esperimento. Quella parola mi ricorda Mengele (il medico nazista che conduceva gli esperimenti nei campi di sterminio, ndr), è un termine terrificante. Preferisco utilizzare esperienza. A questo proposito vorrei ricordare, appunto, un’esperienza che ho fatto tanti anni fa con i bimbi nella provincia di Parma. Ho diviso in due gruppi i bambini “italici puri” e i bambini indiani: dovevano sfidarsi facendo cose pratiche in due ore. Quando è scaduto il tempo, i bimbi figli degli indiani avevano finito tutto. I nostri no. Ora, se volessimo fare del razzismo, dovremmo dire che sono meglio loro.
Ritiene che il bambino di Foligno e i suoi compagni, che hanno assistito alla scena, possano subire le conseguenze, anche nel loro percorso di crescita, di ciò che è successo?
Il bambino che è stato ‘punito’ certamente sì, ma sono convinto che tirerà fuori una forza straordinaria. Non c’è dubbio: ha due genitori intelligenti. Il problema sono tutti gli altri: dipenderà dal contesto familiare. Se torni a casa e hai un padre e una madre che fanno battute sulla diversità, ovviamente ti convincerai di quelle idee. Se ci riflettiamo bene, possiamo risalire facilmente al fulcro intorno al quale si è sviluppata l’ostilità contro gli stranieri: è il pretesto del lavoro.
Si riferisce alla retorica del “gli stranieri ci rubano il lavoro”?
Sì. È qualcosa di veramente insopportabile. Io sono stato molto disprezzato da alcuni esponenti della Lega, solo perché ho detto che per la produzione del parmigiano reggiano dobbiamo ringraziare gli indiani Sikh. Ma loro (i leghisti, ndr), poveretti, non lo sanno. Sono degli ignoranti, ma il problema è che li abbiamo votati, che tanta gente vota l’ignoranza e se ne compiace. Ciò accade per una semplice ragione: siamo un Paese fondato non sul lavoro, ma sullo Spritz e sui diplomifici. Questa è l’Italia. C’è una totale mancanza di capacità di capire che le diversità sono oro, sono il nostro Eldorado. Tuttavia, in questo ragionamento c’è un “però”.
Dica.
Gli intellettuali dove sono? A parte sparute eccezioni, io non li sento, non leggo loro opinioni. Questo è un problema che si pone, e non bisogna nasconderlo. È troppo facile dare la colpa ai politici. Chi è che può illuminare un semplice cittadino, se non un intellettuale?
Alla luce di tutto questo, se immagina come sarà la società italiana tra qualche anno, cosa vede?
Vedo dei giovani straordinari, che girano il mondo e che amano le diversità, perché le vivono. Per il resto non mi illudo: non vedo soluzioni globali, che passino attraverso eventuali governi futuri. La comprensione del valore della diversità è un lavoro culturale, che riguarda noi. Ecco perché ce l’ho con gli intellettuali. Non me ne frega niente di Renzi o di Di Maio. Il futuro dell’Italia dipende da noi, da una nuova educazione. Ci vuole una società più umile, più intelligente. Ma per troppi anni abbiamo sottovalutato tutto questo.
A cosa si riferisce?
Quando la destra faceva riferimenti alla “razza superiore”, la sinistra è stata zitta. Sono passati 15 anni e non abbiamo capito. La sinistra ha molte colpe su questo, perché non ha compreso che il problema non era quanti voti avrebbe preso alle successive elezioni, ma con quale cultura ci sarebbe arrivata.