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Home LETTERE PROVINCIALI

OPINIONI SOLITARIE DEL LUNEDI 28.01.2019 [476]

Redazione by Redazione
29 Gennaio 2019
in LETTERE PROVINCIALI, Archivio notizie
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Sembra che un dio ci abbia tolto il lume della ragione, tanti e tali sono gli atti e i comportamenti insensati in questa fase storica di un mondo in subbuglio

di Franco Raimondo Barbabella

Quos vult Iupiter (Deus) perdere dementat prius. Per capire qualcosa di ciò che ci accade intorno e che rischia di caderci addosso senza che possiamo farci niente conviene rifarsi all’antica saggezza, latina e cristiana: “a coloro che vuole perdere Giove (Dio) toglie prima la ragione”. Abbiamo infatti l’impressione di un mondo in subbuglio in cui sono saltati parametri essenziali di razionalità, ma mentre nel panorama globale si possono comunque leggere alcune linee di movimento che hanno un senso, per l’Italia si ha l’impressione di un andamento supponente e avventato, un andare allegramente allo sbando come se appunto un qualche dio abbia deciso di spingerci verso l’abisso. Talché l’unica cosa che appare abbastanza chiara è che il nostro paese sembra voler diventare sempre più meritevole di essere scritto con la minuscola per il modo in cui interpreta sia se stesso che il suo stare nel mondo.

Bisogna aggiungere che da sempre, non solo in epoca moderna, un Paese (questa volta è necessaria la maiuscola) è tale, cioè ha una sua identità e dignità, e dunque anche un ruolo nel contesto internazionale, se ricorrono alcune condizioni fondamentali, una visione generale e almeno una politica economica, una politica estera e una politica della giustizia, oltre naturalmente a istituzioni che funzionano.
Dunque perché mi sembra che l’Italia stia andando allegramente verso un abisso? Perché mi pare che da una parte la sua classe dirigente, in un mondo in subbuglio, non sia in grado di guidare la nave-paese verso un porto sicuro, e che dall’altra il popolo sia a sua volta talmente frastornato che non riesce nemmeno a reagire sul serio e ad organizzarsi. Vediamo rapidamente.

Politica economica. Il ministro Tria si sbraccia a dire che la situazione è sotto controllo mentre tutti gli organismi di controllo gettano ombre pesanti già sull’immediato futuro. In ogni caso, che sia una seria politica economica la scelta di privilegiare la distribuzione di soldi e il blocco delle opere piuttosto che una forte politica di investimenti anche con interventi straordinari (ad esempio piano di risanamento ambientale, piano di manutenzioni diffuse, piano di messa in sicurezza del patrimonio, piano di ammodernamento) è davvero difficile da credere.

Politica estera. Il mondo va organizzandosi su tre poli: USA, Cina, Russia. Alcuni studi indicano che nel 2030 i poli potranno essere cinque: i tre già detti, più India e forse Europa (se ci sarà). In un mondo così i piccoli paesi non hanno e non fanno storia. Dunque, l’unica possibilità di esserci è essere Europa. Ma l’Europa faticosamente costruita sta arretrando drammaticamente e l’Italia sembra darle volentieri una mano: dopo averle dichiarato una guerra feroce seppure solo di parole (che hanno però conseguenze), ora tocca ai singoli Paesi (Francia, Olanda). Non bastasse, non riusciamo ad esprimere una posizione convincente né nel Mediterraneo né in Medio Oriente.
Sulla tragica vicenda venezuelana rischiamo addirittura il ridicolo: mentre governo e maggioranza riescono nel miracolo di esprimere tre posizioni diverse, le minoranze quasi esauriscono l’intero caleidoscopio delle preferenze. Cascano le braccia.

Politica della giustizia. Quello che sta accadendo in questi giorni è davvero la spia di una situazione fuori controllo. Mentre si apre l’anno giudiziario e si fanno i discorsi ufficiali sullo stato della giustizia, tutto continua come prima e se possibile peggio di prima: lungaggini, disfunzioni organizzative, condizioni delle carceri, penose peripezie dei cittadini, ecc. Non contenti di ciò, si ripropone quella guerra tra politica e giurisdizione che tanti danni ha già prodotto a partire dagli anni novanta dello scorso secolo.

Le istituzioni. È certamente il capitolo più delicato. Nonostante l’attenta vigilanza e l’opera del Presidente Mattarella, attraverso precisi atti e comportamenti si tenta di procedere allo smontaggio della democrazia rappresentativa. È evidente la volontà di imporre quella democrazia diretta la cui essenza consiste nel togliere potere agli organismi elettivi per consegnarlo nelle abili mani di minoranze convinte di interpretare la volontà del popolo. Così, in nome del popolo si sarà sovrani avendo sostituito il popolo.
Una serie di segnali dicono che tutto questo sta modificando in senso critico gli orientamenti di alcune fasce di popolazione, in verità non si sa quanto significative. Ma finché non ci sarà un’alternativa credibile il processo di trasformazione in atto non si fermerà. E l’alternativa non mi pare proprio si stia stagliando all’orizzonte. Nel frattempo una serie di fattori, in parte indotti e in parte spontanei, stanno rendendo il paese ancora più incerto, impaurito e cattivo. E anche più superficiale e indifferente. Se dura così, non solo vedremo ridursi generosità, solidarietà e capacità di accogliere e diffondersi ancor più egoismi e cinismo, ma non si capirà più che cosa rappresentiamo per noi stessi e per gli altri. L’abisso non è solo impoverimento materiale, ma disordine e insicurezza, povertà culturale, disinformazione, isolamento e miseria umana.

A quel punto non varrà nemmeno la pena di ricordare che siamo la patria di Dante, Galileo e Leopardi. Si avrà almeno il buon gusto di non chiedere alla scuola di esplicare una missione educativa?

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