Giorni fa, era ancora l’anno scorso (eh, eh), una fotonotizia comparsa sui quotidiani on-line ritraeva una decina di giovanottoni e giovanottone affacciati ad un balcone di tufo. Sotto di loro lo stendardo del più violento e pericoloso partito politico italiano, sopra s’agita la bandiera italiana.
Si vantano, “i militanti”, “di aver issato il tricolore nel complesso abitativo il Borgo in segno di Vittoria” (tra virgolette ci sono le loro parole, vittoria è con la maiuscola). Che hanno fatto? Hanno soccorso una “famiglia orvietana con tre figli a carico” in una situazione “che li affliggeva”. L’ATER (cioè l’Agenzia Territoriale per l’Edilizia Residenziale), aveva minacciato lo sfratto per il mancato pagamento delle rate condominiali. Una battuta viene spontanea: certo che sono intervenuti, i loro camerati romani sono i più osceni e impenitenti occupatori abusivi di alloggi pubblici.
Ma loro hanno scelto le vie legali stavolta (chissà se dovranno giustificarsi), addirittura in collaborazione con il Comune “hanno subito attivato una raccolta fondi” che “gli ha permesso di raccogliere la cifra in quattro settimane” e così hanno “garantito a questa famiglia di trascorrere le festività in maniera spensierata nella loro abitazione, come giusto che sia”. Ora, avranno pure reso “spensierate”, non trovate impropria questa definizione?, le festività di quella famiglia, chissà che succede dopo l’Epifania che tutte le feste porta via…
Ma le modalità retoriche usate, l’ostentazione di simboli, la scelta dei luoghi di simili messe in scena, la costruzione dei beneficiari, l’occultamento delle proprie origini squadristiche e fascistiche da parte di questo partito dovrebbero, invece, far riflettere tutti approfonditamente sulle forme che anche qui ad Orvieto assume la crisi politica. E sull’atteggiamento della nostra comunità, che forse avrebbe reagito se un qualsiasi altro partito avesse sfoggiato un simile armamentario, ma che sembra invece liquidare con sufficienza il fatto ricostruito e i fatti ad esso riconducibili.
Anche qui da noi, mi sembra domini la distratta accettazione dello scivolamento di significati: le politiche sociali non sono beneficienza, il popolare non è populismo, la trasparenza non è volgarità, il coinvolgimento non è l’insistita eccitazione degli istinti. Quella è pornografia.