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Home Politica

OPINIONI SOLITARIE DEL LUNEDI 10.12.2018 [469] – L’“ora di cittadinanza” non è come l’“ora dell’amore”

Redazione by Redazione
11 Dicembre 2018
in Politica, LETTERE PROVINCIALI, Archivio notizie
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di Franco Raimondo Barbabella

Torno su un argomento già trattato tempo fa nello scambio di opinioni con Pier Luigi. La ragione è che nei giorni scorsi sono intervenuti due fatti diversi ma entrambi di rilievo che ci riportano, l’uno direttamente e l’altro indirettamente, al tema. Si tratta, da una parte della notizia della intensificazione della raccolta di firme a sostegno della proposta di legge ANCI per l’introduzione obbligatoria in tutte le scuole dell’ora di cittadinanza, e dall’altra della pubblicazione del 52° Rapporto CENSIS.

Ecco come l’ANCI (l’Associazione dei Comuni Italiani) spinge la sua proposta di legge sul suo sito istituzionale: “Una piccola, grande rivoluzione quella che tanti sindaci e amministratori locali stanno portando avanti nelle proprie comunità: inserire l’educazione alla cittadinanza come materia di studio autonoma nelle scuole di ogni ordine e grado per formare cittadini responsabili, solidali e consapevoli di diritti e doveri. Una iniziativa che punta a recuperare il senso di appartenenza alla propria comunità, per imparare a prendersi cura degli spazi comuni e ad avere rispetto dell’altro contro ogni forma di pregiudizio e violenza”. 

Obiettivi condivisibili, ma poi si legge: “La nostra proposta è quella di introdurre l’insegnamento dell’Educazione Civica, Cittadinanza e Costituzione nelle scuole italiane, come materia di studio a sé stante, con piano didattico specifico e voto.” Nel testo si prevedono due alternative: o l’aggiunta di un’ora curricolare o di ricavare l’ora “rimodulando l’orario delle discipline storico-filosofico-giuridiche”. Dico subito: sbagliata l’una, sbagliata l’altra, come argomenterò tra poco.

Nel contempo il CENSIS presenta il suo Rapporto così: “Le radici sociali di un sovranismo psichico: dopo il rancore, la cattiveria. La delusione per lo sfiorire della ripresa e per l’atteso cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani. Ecco perché si sono mostrati pronti ad alzare l’asticella. Si sono resi disponibili a compiere un salto rischioso e dall’esito incerto, un funambolico camminare sul ciglio di un fossato che mai prima d’ora si era visto da così vicino, se la scommessa era poi quella di spiccare il volo. … È una reazione pre-politica con profonde radici sociali, che alimentano una sorta di sovranismo psichico, prima ancora che politico. Che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria ‒ dopo e oltre il rancore ‒ diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare. Il processo strutturale chiave dell’attuale situazione è l’assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”. Giudizio pesante, direi feroce. Un rovesciamento rispetto alle precedenti analisi che in più d’uno hanno definito “buoniste”.

Che c’entra l’una cosa con l’altra? C’entra, perché o l’analisi del CENSIS è fuori dalla realtà, oppure, se essa coglie la realtà, è la proposta dell’ANCI ad esserne fuori. Ed io propendo per la seconda. Vediamone brevemente le ragioni.

Primo caso: aggiunta di un’ora all’orario curricolare come altra specifica materia. Continuare ad aggiungere materie è una vera e propria diavoleria italiana, un tormento che non fa altro che scoraggiare il gusto per lo studio, la motivazione che è la molla dell’apprendimento. Materia con voto, naturalmente! E ci mancherebbe altro, senza voto come si fa! E poi qualcuno dirà che bisognerà anche bocciare. Vedrete, discussioni infinite. Sul niente. Provo solo una grande tristezza. Secondo caso: ricavare l’ora “rimodulando l’orario delle discipline storico-filosofico-giuridiche”. Peggio ancora: tutte le negatività dette sopra, con l’aggiunta che togliere spazio didattico a queste discipline la dice lunga sulla tendenza all’appiattimento delle menti dei cittadini in formazione. Stiamo scherzando col fuoco.

Ecco dunque dove sta il rapporto tra l’una e l’altra notizia. Il tema è l’educazione del cittadino? Bene, gli obiettivi da cui muove la legge dell’ANCI sono senz’altro condivisibili. Anzi, pur essendo alle solite (ci si accorge sempre tardi che i buoi sono scappati dalla stalla), che si debba fermare la deriva che ha portato il CENSIS a fare l’analisi che ha fatto e a perseguire gli obiettivi educativi che preoccupano anche l’ANCI non ci possono essere dubbi. Ma perché ancora una volta ridurre tutto all’aggiunta di un’ora? La questione riguarda tutti, scuola e società. Allora semmai dobbiamo dire che è il complesso delle attività scolastiche che deve avere lo scopo di educare alla cittadinanza, anzi, alla cittadinanza multipla, locale, nazionale, europea, mondiale. Si tratta anche qui di una visione, di un modo di intendere la funzione educante nell’ambito della polis.

Ma se la scuola è polis, la società è scuola. Dunque i sindaci, come i ministri, come i magistrati, come i giornalisti, non possono chiamarsi fuori. Se chi esercita funzioni pubbliche dà un cattivo esempio, come poi si può pensare che la funzione della scuola non ne venga danneggiata o comunque limitata? E la famiglia? La cosa non riguarda anche la famiglia? Bestemmiare, dire parole sconce, sporcare e danneggiare le cose comuni, ecc. ecc., è cosa che riguarda la scuola o non anche tutti? Si dirà: ma da qualche parte dobbiamo cominciare.
Bene, benissimo. Allora per una volta cominciamo dal potere pubblico e dall’informazione. E poi, o anche contemporaneamente se si vuole, obblighiamo le scuole non a parlare di Costituzione ma a praticare la Costituzione, con comportamenti adeguati di tutti, in tutte le ore, in tutte le materie. Il fatto che la proposta dell’ANCI sia sostenuta da diversi nomi noti non cambia di una virgola le mie convinzioni. Ormai è tanto tempo che gran parte degli intellettuali italiani mi pare abbiano molto più il culto di sé che la cura di dove stanno. La questione di come educare i cittadini ad esserlo non può essere ridotta all’ora di cittadinanza e questa non può essere trattata come se fosse l’ora dell’amore. Credo di aver detto abbastanza.

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