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VINCENTI versus LATTANZI. Le due visioni della città

Redazione by Redazione
27 Novembre 2018
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Commento di Dante Freddi

In questo articolo commento il commento di Andrea Vincenti, assessore al Comune di Orvieto. Lo pongo in apertura per non perdere l’opportunità di raccomandare ai lettori la lettura di questo Vincenti versus Lattanzi, piuttosto lungo ma interessante. Si parla di Orvieto con argomenti e stili diversi, entrambi legittimi quando si rispetta il proprio ruolo, decisamente contrapposti. Lattanzi espone la sua visione politica ed economica applicata a Orvieto, anche con forzature utili alla sua imperterrita battaglia locale contro i “compagni”. Vincenti risponde con dati di fatto, mi sembra oggettivi e onesti, perché verificabili. Il collega Lattanzi è il più arguto degli oppositori all’Amministrazione Germani e quindi questa querelle va tenuta presente perché ci sono tutti i temi della prossima campagna elettorale amministrativa e politica, da una parte e dall’altra. Non si può perdere questo scontro e pertanto lo fermo qui e lo rilancio, per aiutare la massima diffusione.

Posta  Andrea Vincenti

Oggi mi sono imbattuto in un articolo di Claudio Lattanzi che mi ha lasciato letteralmente incredulo, da quante inesattezze contiene. Un minimo di replica mi sembra doveroso.

Rispetterò l’ordine delle sue argomentazioni.

Innanzitutto, Claudio Lattanzi parla di “epilogo a cui è giunta la vicenda della Libreria dei Sette” quando, in realtà, non si è giunti ad alcun epilogo, non essendo al Comune pervenuta, a tutt’oggi, alcuna disdetta. Forse è il caso di rammentare che, in materia contrattuale, apparizioni, dichiarazioni pubbliche, cerimonie, recite, cocktail, feste, ricevimenti e aperitivi non prendono il posto degli atti, avendo altre nobili finalità. Stiamo, dunque, agli atti.

Prosegue, Claudio Lattanzi: “La prima e controversa questione è quella relativa al fatto che l’ente locale non potrebbe ridurre il canone di locazione ad un privato a fronte di una situazione di difficoltà. L’orientamento giuridico su tale punto appare tutt’altro che unitario e del resto basterebbe il buon senso a dare delle risposte”.

Falso. L’orientamento giuridico non esiste: esiste la legge ed è chiara. Se ad un qualsiasi esame di diritto all’università ti presenti parlando di “orientamento giuridico” ti rispediscono a casa a calci. Se conosce riferimenti in senso contrario rispetto alla normativa in vigore, invito Claudio a renderli pubblici. A me, personalmente, non constano. E neppure agli uffici comunali.

Ancora, sostiene Claudio Lattanzi: “Mi pare che la politica del Comune che ha un contenzioso con la Cramst per gli affitti non pagati arrivato addirittura a 178 mila euro, non rappresenti un precedente molto incoraggiante in quanto a capacità di gestire queste situazioni”.

Falso. Il Comune attiva regolarmente procedure di recupero credito su tutte le morosità, ed ha un contenzioso in atto con Cramst. La delibera di Giunta che ha dato mandato al legale è pubblicata da tempo, un giornalista di medio livello ne sarebbe a conoscenza. Uno eccellente, ahimé, si può permettere di far finta di nulla.

Claudio Lattanzi, ancora, con riferimento al centro storico insiste su una presunta “crisi economica senza precedenti”, aggiungendo peraltro – e io condivido – che “sarebbe un discorso a parte”.

Lo faremo presto, questo discorso, dimostrando con dati oggettivi quanto parlare di “crisi senza precedenti” sia distante dalla realtà, poiché piuttosto di profonda trasformazione si deve parlare, da noi come altrove: nell’ottica di affrontarla e non di lagnarsene fino alla fine dei giorni. Ci sono settori in sofferenza, altri in forte crescita. Si chiama commercio.

Inoltre, afferma Claudio Lattanzi: “Mi permetterei sommessamente di ricordare che il compito della politica dovrebbe essere quello di aiutare le persone, privati o aziende che siano e non solo di garantire la libera concorrenza”.

Vero, anzi verissimo: ma nel rispetto della legge. Baluardo e garanzia, ancora oggi, di quell’aequitas che nel Medioevo armonizzava la lex saeculi con la iustitia Dei.

Di più, Claudio Lattanzi: “La questione ideologica interessante è concentrata qui ed è lo stesso riflesso mentale che ha ispirato la fantasiosa manovra di bilancio della Giunta comunale. Pur di restituire in un tempo ridotto il prestito contratto per appianare il deficit del bilancio comunale, la Giunta ha chiuso completamente per quasi quattro anni il rubinetto della spesa pubblica”.

Bugia grossolana. La nostra Amministrazione non ha chiuso affatto il rubinetto della spesa pubblica. Leggere i bilanci, grazie. Vedere opere realizzate. Vedere ristrutturazioni, riqualificazioni e investimenti. Documentarsi.
Perché, tra tante cose, i giornalisti più bravi non guardano mai gli atti ufficiali? Forse perché a leggere gli atti, tra cui ad esempio il Piano delle alienazioni e valorizzazioni, ci si accorgerebbe che questa Amministrazione, a differenza delle precedenti, non ha svenduto il patrimonio dell’Ente per tenere in piedi i propri conti?
Forse perché questa Amministrazione ha espunto dalla lista gli asset che chi c’era prima aveva progettato di vendere, per farne strumenti di politiche pubbliche?
Proprio in questi giorni, per inciso, stiamo lavorando per rendere stabilmente la Palazzina Comando – che nei piani della Giunta Concina doveva essere venduta – sede del Liceo Artistico: sono queste fantasiose manovre tanto disdicevoli?

Fino ad arrivare all’affermazione più grave di Claudio Lattanzi: “l’assurdità di avanzi d’amministrazione impiegati per ripagare le banche anche prima del tempo piuttosto che essere usati per aiutare l’economia reale e la vita quotidiana delle persone”.

Falso, insulso e ridicolo. Il risanamento del deficit non ha ripagato alcuna banca, avendo avuto solo effetti positivi per l’Ente, primariamente sul piano contabile, con conseguenze favorevoli ad ampio spettro e senza controindicazioni su tutti gli ambiti di operatività del Comune. Non fa davvero onore diffondere simili inesattezze, agitando lo spettro delle banche quando non c’entrano. E qui mi fermo.

Ancora, scrive Claudio Lattanzi: “Forse non se ne sono neanche accorti. Ma chi se ne frega, noi abbiamo “risanato” il bilancio. Bravi, la terapia ha funzionato, peccato che i pazienti sono morti. In tre anni e mezzo sono stati sottratti oltre tre milioni di euro ad una “ridistribuzione” di cui la città avrebbe avuto esigenza vitale. In questi anni, la gestione della finanza pubblica è diventata ad Orvieto un feticcio meritocratico, in una corsa autistica a chi arrivava prima a potersi fregiare del titolo di risanatore”.

Qui, oltre alle falsità oggettive, fanno la loro comparsa anche falsità soggettive. Innanzitutto, gli indicatori economici (li abbiamo presenti?) non parlano affatto di una città morta. Il turismo è morto? I valori degli immobili sono scesi? Piantiamola di generalizzare. Cerchiamo di essere corretti nelle analisi, se ci va di farle. Non è stato sottratto neanche un euro alla redistribuzione, tutte le risorse disponibili sono state impegnate. E se non fossimo usciti dal predissesto, non avremmo potuto mantenere i livelli attuali di servizi, alcuni addirittura espandendoli. Leggere il piano di predissesto approvato dalla Giunta Concina, grazie. Leggere i bilanci, Claudio. Leggere gli atti. Sennò vediamoci al bar e parliamo d’altro – magari di Medioevo – ma lasciamo stare l’attualità.
E poi, davvero abbiamo fatto a gara a risanare? Come si può imputare ad una Giunta un’intenzione tanto sordida quanto irrealistica?
Il risanamento è un merito della città, pagato coi sacrifici della città, di tutti noi. Ma quale corsa autistica?

Infine, la conclusione di Claudio Lattanzi: “Certo fa un pò impressione pensare che questi amministratori sarebbero i nipoti politici di quei comunisti che qui avevano realizzato le prime scuole rurali dell’Italia centrale, ideato i piani sociali di zona, antesignani del welfare territoriale in Umbria e fatto tante altre cose che oggi appaiono ancora più apprezzabili ed encomiabili. Garantire la concorrenza non era esattamente la priorità che avevano in mente quando si alzavano la mattina”.

Con questa patetico riferimento finale ai comunisti, adesso addirittura rivalutati pur di servire allo scòpo, si rivela ancora una volta la componente ideologica, questa sì, di cui un certo giornalismo nostrano non riesce proprio a sbarazzarsi.

Del resto, senza un nemico per forza, non resterebbe che vivere della propria autonomia di pensiero.

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