di Gianni Marchesini
Chiude la libreria. Ci sono delle ragioni contingenti e una generale, quest’ultima a lungo termine. Che consiste nel fatto che Orvieto sta cambiando pelle: via via si sta trasformando in un’altra città: una città – servizio per il turismo dove non ci sarà più posto per che vi vive né, tanto meno, per le strutture, come una libreria ad esempio, che sono gli emblemi, i capisaldi della comunità stanziale.
Se questo processo, ormai ineluttabile, non verrà governato, Orvieto finirà per diventare un B&B alto e strano.
Poi ci sono i fattori contingenti, il rapporto tra la domanda e l’offerta, la gente non viene sulla Rupe e molte vendite avvengono on line. A parer mio una iniziativa come il caffè letterario costituisce un fattore pesante, una protesi macchinosa e burocratica che metterebbe il Comune nell’imbarazzante scelta di elargire un privilegio che altri operatori potrebbero contestare. Bisogna quindi ragionare all’interno di un comparto esclusivamente privato.
Ora, la libreria dei Sette è una signora libreria che ha vinto per tale motivo un premio prestigioso come la prima libreria italiana. Abbiamo un’altra eccellenza come la Vetrya all’avanguardia nel digitale. Perché non conciliare le due cose nella stessa libreria, in qualche modo, prefigurando ciò che potrebbe essere una/la libreria del futuro?
Io, se fossi il signor Libreria dei Sette, un pensierino ce lo farei.