“Gentile Corrado Augias, parlo della mia città, Orvieto, e della “Libreria dei Sette” che chiuderà i battenti il 24 dicembre. Ho pianto quando i gestori della storica libreria hanno lanciato una richiesta d’aiuto date le difficioltà di mandarla avanti. Un allarme c’era già stato un anno fa, ora l’incubo si ripete perchè nessuno tra cittadini e amministrazione sì è mosso per risolvere il problema.
Com’è possibile che una piccola e meravigliosa realtà come Orvieto, gioiello d’arte, storia e cultura, lo permetta? Quella libreria per la sua posizione, lo spazio, il palazzo che occupa, è stata per anni il vero centro culturale della città, gestita da librai di grande cultura, di grande cuore, pieni di un’immensa volontà di fare. Se la libreria chiude, io e la mia famiglia perdiamo un rifugio, quello caldo e accogliente dove ti puoi permettere di staccare la spina, dove i toni si abbassano e il tempo sembra fermarsi, dove tra tanti libri, colori e parole, trovi sempre un amico e un sorriso. La “Libreria dei Sette” è il posto dove ritrovo sempre mio figlio di 4 anni quando si stacca dalla mia mano. Adesso dove andrà a rifuiarsi?”
Questa la lettera che una giovane donna orvietana, Federica di Orazio, ha inviato al quotidiano la Repubblica sull’annunciata chiusura della Libreria dei Sette il 24 dicembre prossimo. Di seguito la risposta di Corrado Augias:
“Tempo fa quando si affacciò per la prima volta l’ipotesi che quella libreria potesse chiudere, la scrittrice Susanna Tamaro che vive nel comprensio orvietano, lanciò un appello per non perdere anche la libreria dopo tante altre chiusure.
Orvieto è uno dei gioielli dell’Italia centrale, arroccata su una rupe a piombo sulla valle del Tevere con la facciata del Duomo (fine XIII secolo) ritenuta un capolavoro del gotico italiano, così più dolce rispetto alla severità tedesca. La facciata rivolta ad Occidente accende al tramonto tutti i colori delle sue pietre e dei mosaici. Una città memorabile, ma anche una comunità di oltre 20 mila abitanti; sembra impossibile che l’Amministrazione lasci davvero chiudere una libreria che nel 2015 a Venezia s’è aggiudicata il titolo di migliore libreria italiana.
Quella ‘dei Sette’ è uno spazio dove i gestori – i dinamici fratelli Campino, Enza e Riccardo – non stanno dietro al bancone; al contrario escono, promuovono, invitano gli scrittori (io stesso sono stato ospitato in un paio di occasioni), animano la discussione, si fanno motore culturale, danno vita alla comunità, sappiamo bene quale importanza abbiano attività del genere in questi tempi. Mi sono informato sulle ragioni della chiusura: gli impacci sono parecchi e coinvolgono traffico e parcheggi; nocciolo però sembrano essere l’affitto (31mila euro) insostenibile per una libreria.
Che dovrebbe fare un’amministrazione davvero consapevole? Invece di costringere i fratelli Campino ad andarsene, dovrebbe trovare i mezzi perché la libreria facesse ancora di più. Poche migliaia di euro anche un piccolo Comune (proprietario della mura) può trovarli. La questione di fondo sono le scelte. Il sindaco deve decidere che tipo di città vuole amministrare. Se costringerà la libreria a chiudere avrà spento una delle luci delle sua città”.