“Ancora una volta il Wwf di Perugia si distingue, tra le tante associazioni e persone che hanno a cuore la tutela dell’ambiente, per attaccare, con un linguaggio violento ed in modo indiscriminato, tutto il mondo venatorio. Questa volta il Wwf di Perugia utilizza strumentalmente la morte del giovane Nathan Ladolani, un evento che ha profondamente scosso tutti i cacciatori, per lanciare dall’Umbria (terra di lunga e consolidata tradizione venatoria) la proposta di istituire addirittura il reato di omicidio venatorio”. E’ quanto afferma il presidente Libera Caccia Umbria, Lando Loretoni.
Nel merito, tale proposta non è neanche da discutere, visto che, come ben sanno anche gli ambientalisti, i cacciatori sono già tenuti a seguire una serie di norme stringenti per garantire la loro incolumità e quella altrui. Quello che invece stigmatizzo e contesto, come presidente della Libera Caccia dell’Umbria – ma penso di poter interpretare in questo anche il pensiero dei circa 26mila cacciatori umbri e delle loro famiglie – è l’ennesimo tentativo da parte del Wwf di Perugia di denigrare tutto il mondo venatorio, utilizzando provocatoriamente parole come “novelli Rambo”, “territorio militare”, “fucilati”. Parole che la dicono lunga sul grado di serenità con cui il Wwf di Perugia affronta il tema di uno sport ed una pratica di grande tradizione, soprattutto in Umbria.
Come ha ricordato il nostro presidente nazionale, Paolo Sparvoli, replicando alle parole del ministro Costa, ogni anno si verificano purtroppo morti causate da diportisti alla guida di imbarcazioni o vittime di incidenti di montagna e nessuno si sogna di vietare indiscriminatamente l’uso di natanti nei giorni festivi o bloccare le attività sportive in montagna. Certo, le leggi ci sono e vanno fatte rispettare. Ed accanto a questo, occorre potenziare, come per tutte le attività, la formazione, ed è in questa direzione che si sta muovendo la Libera Caccia. Ma chiedere di inasprire le pene in caso di incidenti o addirittura voler chiudere la caccia nei giorni festivi sarebbe come impedire a tutti di andare in bicicletta se non ci sono piste ciclabili…
Basta con la “caccia al cacciatore”! I 700mila cacciatori italiani (di cui 26mila in Umbria) sono persone incensurate, con non fanno uso di alcol o droghe e che conducono una vita sana in modo responsabile, perché altrimenti non potrebbero ottenere il porto d’armi. E per mantenere questi requisiti nel tempo sono sempre sottoposti a controlli. La nostra passione, la caccia, è un bene per il nostro Paese, per il territorio che noi amiamo e che aiutiamo a monitorare, per l’agricoltura, per il tessuto sociale del quale siamo parte viva, per le attività sportive ad essa connesse, come la cinofilia ed il tiro a volo, quest’ultima disciplina che tante soddisfazioni dà allo sport italiano. Additarci come dei “Rambo” è un insulto non soltanto a tante persone perbene, ma alla cultura e alla tradizione italiana e umbra”.