Finalmente chiaro il fine del dirigismo gialloverde: affermare le meravigliose sorti e progressive della democrazia diretta gestita dalla Casaleggio&Associati
di Franco Raimondo Barbabella
L’immaginazione di Gianroberto Casaleggio aveva prodotto e diffuso sul web fin dal 2008 un video intitolato “Gaia” in cui si sviluppava l’idea di un pianeta Terra (Appunto Gaia) che, dopo una guerra distruttiva scoppiata nel 2040 (morivano sei miliardi di persone), veniva governato dai vincitori (i sopravvissuti, circa un miliardo) con democrazia diretta per mezzo della Rete. Prospettiva inquietante per molti: se per far trionfare la Rete c’è bisogno di far morire sei miliardi di persone, allora meglio ciao Rete! Di più, Eugenio Scalfari nel 2013 la definì “un’ideologia terrificante, distruttiva, antidemocratica”, aggiungendo: “Se è a quell’ideologia che si richiama il Movimento 5 Stelle o almeno una parte di esso e quindi se sono quelli gli obiettivi e i principi cui si ispira il leader politico di quel movimento, allora la democrazia italiana corre serissimi rischi”.
Poi dieci anni fa venne il “Vaffa Day” di Beppe Grillo. Ora, a distanza di 10 anni, lo scorso 23 luglio, in un’intervista a “La Verità”, Davide Casaleggio, figlio ed erede di Gianroberto, rende esplicito ciò che si poteva solo intuire in quel documento del padre e che era appena accennato tra il serio e il faceto nelle uscite di tempo addietro di Beppe Grillo, il comico genovese garante del Movimento, detto per questo anche “Il Supremo”. Il quale però, evidentemente non contento di tali uscite, lo sorpassa di slancio dichiarando che “la democrazia è superata” e i rappresentanti del popolo vanno scelti tirandoli a sorte (non ci si crede ma è ciò che ha detto). E così prende corpo un vero e proprio disegno politico i cui contorni sono delineati nell’intervista di Casaleggio, il cui obiettivo generale è dichiarato da Grillo e i cui contenuti operativi emergono in continuità nelle dichiarazioni e negli atti che si susseguono del personale politico dei 5 stelle. Si illude chi pensa che con questo disegno Salvini e la Lega (cioè il sovranismo) non c’entrino niente.
Ecco alcune affermazioni di Davide Casaleggio: “I grandi cambiamenti sociali possono avvenire solo coinvolgendo tutti attraverso la partecipazione in prima persona e non per delega”. “La democrazia partecipativa è già una realtà grazie a Rousseau che per il momento è stato adottato dal Movimento 5 Stelle, ma potrebbe essere adottato in molti altri ambiti”. “Il superamento della democrazia rappresentativa è quindi inevitabile”. “Il Parlamento ci sarebbe e ci sarebbe con il suo primitivo e più alto compito: garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti. Tra qualche lustro è possibile che non sarà più necessario nemmeno in questa forma”. Di Grillo si è detto sopra.
Ed ecco dichiarazioni, atteggiamenti e atti degli esponenti del Movimento nel corso della loro concreta attività politica compiuti, e non è affatto un caso, nella più completa indifferenza dell’opinione pubblica per il loro significato e la loro gravità, che consiste nel fatto che per affermare la democrazia diretta bisogna smantellare le garanzie di cittadinanza proprie della democrazia rappresentativa, a partire dal Parlamento.
Allora: ecco la grande trovata dello smantellamento dei diritti acquisiti e delle cosiddette pensioni d’oro, stratagemma per rimediare i soldi per la promessa elettorale del reddito di cittadinanza; ecco l’idea dell’abolizione del vincolo di mandato, che metterebbe tutti gli eletti nelle mani dell’unico capo, strada spianata per rendere inutile il Parlamento; ecco il parlamentare grillino (Vittorio Ferraresi) che minaccia esplicitamente un collega di dover rispondere delle opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni, esempio palese di una mentalità dittatoriale; ed ecco la vera chicca, la decisione del ministro Bonafede di mettere in stand by la legge sulle intercettazioni per poi smantellarla eliminando così ogni filtro tra intercettazioni utili alle indagini e intercettazioni utili alla gogna massmediatica contro gli avversari.
Fantastico l’argomento usato dal ministro: ”con quella legge bavaglio (sic!) sarebbe stato impedito ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati o dei politici quando sono al telefono con persone indagate”. Possiamo riassumere così: trasformare il sospetto in anticamera della verità, un omaggio al principio espresso compiutamente da Piercamillo Davigo: “non esistono innocenti, ma solo colpevoli che non sono ancora stati scoperti”. In un Paese con democrazia solida a nessuno sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di pensare e di dire cose gravi come quelle pensate e dette dal ministro Bonafede. Ma sono state pensate e dette, e tanto basta per l’evidenza di che cosa sta succedendo. E pochissimi sembrano allarmarsene.
Quanto sopra credo sia sufficiente per capire che dietro il modo di procedere apparentemente strampalato del governo gialloverde il punto di congiunzione degli atteggiamenti, delle dichiarazioni e degli atti c’è ed è il dirigismo (altro che trasparenza e democrazia dell’uno vale uno!), la modalità d’azione che consente di procedere alla svelta allo smantellamento delle guarentigie della democrazia rappresentativa verso una per ora fumosa democrazia diretta interpretata come estensione al sistema pubblico della piattaforma privata Rousseau. Come dire: la democrazia nelle mani di chi possiede e dirige la piattaforma, la Casaleggio & Associati.
Naturalmente poi ci sono tutti i corollari del dirigismo e la gara a chi nella giornata monopolizza l’attenzione dei media e fa discutere i social: dalla lotta al migrante al diritto di armarsi e sparare al ladro sul tetto di casa, dal decreto che per creare lavoro lo distrugge al blocco della TAV con penale da due miliardi, dall’ambiguità antiscientifica sui vaccini e alle panzane sulla Xylella ai tentennamenti strumentali sull’Ilva. E si potrebbe continuare, ad esempio sulle contraddizioni in politica estera o sull’inerzia (qui, va detto, in perfetta continuità con i governi precedenti) rispetto alle drammatiche condizioni del sistema scolastico e formativo nazionale o anche sull’abbandono a se stessi degli EE.LL. a partire dalle province. Da tralasciare per carità di patria lo spettacolo delle spartizioni di poltrone (RAI, Ferrovie, ecc.), che fa impallidire il criticatissimo (allora) costume del cosiddetto regime partitocratico contro il quale sembrava si fosse voluto far nascere il governo del cambiamento. Ma basta così, è sufficiente.
L’opinione di Leoni
Una delle cose più terribili che possono capitare nella vita è cadere nelle grinfie di uno come Piercamillo Davigo, che però non fa altro che riverberare la nota regola di Sprecht: «In ogni condizione, in qualsiasi luogo, qualunque cosa tu stia facendo, c’è qualche legge che stai infrangendo».
Perciò, nonostante qualche inciampo da cui, pur dopo molte sofferenze, si può uscire pulitissimi, come è capitato anche a Franco e a me, si può vivere abbastanza tranquilli confidando nella propria onestà, ma anche nella pigrizia, nell’ignoranza e nella avventatezza delle forze dell’ordine e della magistratura.
Quanto alle fantasie del defunto Casaleggio e alle opinioni istituzionali del suo erede, ho abbastanza considerazione per i miei connazionali da ritenerli sufficientemente dotati di buon senso per fregarsene.
Più difficile è stare tranquilli di fronte a certe prese di posizione di alcuni ministri, che si prendono tanto sul serio da prendere sul serio le stupidaggini dette in campagna elettorale e perfino quelle improvvidamente scritte sul cosiddetto contratto di governo. Ma, anche in questo caso, confido nel buon senso degli Italiani, che hanno in mano l’arma dei sondaggi: una forma di democrazia diretta che i politici non possono snobbare, anche se ancora sta premiando i partiti al potere. Infatti molti cittadini ancora godono nel punire i vecchi partiti di governo, che ci hanno lasciato in coda agli stati europei economicamente evoluti.
L’era delle cooperative di servizi sembra destinata a durare.
di Pier Luigi Leoni
C’era un tempo in cui gli enti locali facevano fronte alle vecchie e nuove funzioni assumendo personale in ruolo (oggi si direbbe a tempo indeterminato). Le assunzioni avvenivano con criteri clientelari, in barba alla Costituzione della Repubblica e, anche quando si bandivano concorsi pubblici, questi erano sovente taroccati. Almeno così avveniva alla nostra latitudine, perché al Nord le persone in cerca di prima occupazione si riversavano prevalentemente nel privato, che sembrava dare soddisfazioni economiche durature e sempre maggiori. Poi le magnifiche sorti e progressive s’imbolsirono e lo Stato scoprì di essere enormemente indebitato. Così furono messe agli enti locali pastoie sempre più strette nell’assumere in ruolo, in base alla sottaciuta considerazione che il personale assunto nel modo tradizionale era poco efficiente e che i licenziamenti per scarso rendimento e per riorganizzazione dei servizi erano impossibili, data la politicizzazione del personale e la forza dei sindacati.
Gli enti locali, per tirare avanti, ebbero bisogno di personale meno protetto, comprese persone con capacità direttive che il vivaio dei dipendenti di ruolo raramente produceva.
Cominciò così l’era delle esternalizzazioni dei servizi e la fortuna delle cooperative, soprattutto quelle sociali, protette dalla legge per fronteggiare la pletora d’invalidi veri e presunti. Emersero così nella nostra comunità soggetti abili, motivati e intelligenti, nonché lavoratori che seppero cogliere le concrete opportunità della nuova era e che apprezzavano il valore del vivere in zona e appoggiarsi alle famiglie d’origine. Costoro si adattarono a redditi modesti e a una certa precarietà. È per questi motivi che il mondo delle aziende senza scopo di profitto (il che non vuol dire lavorare gratis) ha una sua solidità e, a mio parere, un futuro.
L’opinione di Barbabella
Anche per compensare la lunghezza del mio elzeviro sarò brevissimo. Concordo con la tesi di Pier. Aggiungo solo due cose. La prima: attenti a che le funzioni suppletive delle cooperative di servizi non diventino lo stratagemma per non avere un sistema di servizi pubblici adeguato al soddisfacimento delle esigenze del territorio. La seconda: attenti a che tali cooperative non diventino sistemi comodi di sussistenza, lavoro dequalificato a basso costo e manco pagato regolarmente. Insomma, anche rispetto a questo tipo di attività, certamente utile, occorre una politica e non la noncuranza di chi si accontenta che ci sia di volta in volta il modo di tamponare le situazioni di difficoltà.