La caduta degli Dei
di Franco Raimondo Barbabella
Quando penso alle tante dimostrazioni di pochezza dei potenti di turno, quelli potenti potenti e quelli che si ritengono tali, cui assistiamo in questo periodo, mi viene in mente il titolo del primo film (1969) della “trilogia tedesca” di Luchino Visconti, “La caduta degli dei”. Definizione certo esagerata se si paragona il sapore di commedia leggera delle vicende di oggi a quello di vera e universale tragedia del film di Visconti, ma che rende bene l’idea.
Non è forse vero infatti che sulla scena del mondo e dell’Italia si esibiscono oggi personaggi da commedia, tanto si sentono dominatori e si esibiscono come tali di fronte al popolo ammirato e plaudente finché qualcosa o qualcuno, un imprevisto o l’impatto di realtà, non fa cadere i veli e tutti si accorgono (meglio, quelli che vogliono accorgersene) che “il re è nudo”? Insomma, basta un po’ di pioggia e gli dei di cartapesta si afflosciano.
Accade in grande con Mark Zuckerberg. Ecco come uno dei tanti blog presentava giovedi scorso la prossima convocazione del patron di Facebook davanti al Congresso USA per giustificare la vicenda Cambridge Analytica (87 milioni di profili coinvolti): “La caduta di Zuck, che era metà dio e metà babbo natale. La caduta di Mark Zuckerberg, è il fatto politico più rilevante del 2018. In questo momento non è ancora a terra ma è come se da giorni lo vedessimo precipitare dalla cima del grattacielo più alto del mondo. Perché questo era ed è ancora Facebook: la piattaforma social che ospita la vita, i pensieri e spesso anche le azioni di due miliardi e duecento milioni di persone. Nessuno Stato è grande come Facebook e nessun trentenne è mai diventato ricco come Mark Zuckerberg”.
Domanda d’obbligo: quanti e quali elementi di riflessione contiene oggettivamente una vicenda come questa? Risposta: quasi tutti quelli che contano per capire come funziona il mondo. Ma quanti e quali verranno colti? E su quanti e quali si vorrà andare in profondità? Non rispondo, non posso e non voglio. Ma su due non si potrà sorvolare. Il primo lo ha evidenziato Eli Pariser già nel 2011: “ “Con l’avvento dei colossi del Web non abbiamo visto cambiare la struttura del potere, abbiamo solo assistito al trasferimento di quel potere da certe persone ad altre. E quest’anno abbiamo capito tutti che tali persone sono profondamente incapaci di gestire il potere per il bene di tutti”. Il secondo riguarda il rapporto delle persone, e in particolare dei giovani, con i social media: problemi di identità, di sicurezza, di libertà e di educazione.
Accade dunque con gli dei dell’Olimpo, ma accade anche con quelli dei monti nostrani, che si sentono tali e se ne danno le arie, complici tv, giornali e social. Sono i leader politici che da diversi anni a questa parte si sono presentati uno dopo l’altro come dominatori, ammazzasette e struppiaquattordici, e alla prova dei fatti hanno condotto il Paese nella condizione che vediamo: paralisi e rischio di declino irreversibile. Che cosa ci può essere di più triste che assistere a prove muscolari di gente che si esalta al suono della propria voce e che, dopo aver promesso cure taumaturgiche, di fatto si getta nel corpo a corpo del puro potere?
Caduta degli dei da commedia. E tragedia di un popolo generoso che, stanco delle vecchie bugie, decide di credere a quelle nuove che, nell’impatto di realtà, si sgonfiano con velocità imprevista e generano sconforto nei più. Quando Ponzio Pilato pose al popolo vociante il problema di scegliere tra Barabba e Gesù, il popolo scelse Barabba. Qui non si poteva scegliere Gesù, che si era eclissato da un pezzo. La scelta era solo tra falsi dei. Ma ora che tutti costoro stanno mostrando di non avere le ali per volare sull’Olimpo, verrà il momento di chiedersi se non sia il caso di passare dagli dei agli uomini?
L’opinione di Leoni
Credo che Mark Zuckerberg meriti ammirazione per la sua intelligenza, e che la enorme ricchezza da lui conquistata non debba scandalizzare, perché è il ricavato di un servizio utilizzato e apprezzato da più di due miliardi di esseri umani, compreso il sottoscritto. Ma la gestione scorretta dei dati personali degli utenti si presta a due ordini di considerazioni. La prima è scontata per chi ha una sufficiente conoscenza del mondo: il denaro e il potere che ne deriva fanno venire il capogiro a chi non sia dotato di un forte senso morale.
La seconda è che l’ordinamento giuridico internazionale e quelli nazionali non sono ancora adeguati alla novità, alla complessità e alla potenza di internet e dei modi in cui può essere utilizzata. Se gli esseri umani non fossero quei legni storti che sono, i tipi come Mark Zuckerberg sarebbero dei benefattori dell’umanità e non ci sarebbe bisogno di leggi per contrastare i loro tralignamenti. Perciò la mia speranza è che i governanti delle nazioni si convincano che internet può far del male a tutti, non solo ai loro nemici, e concordino una adeguata disciplina internazionale, che, come tutte le discipline, non garantirà il paradiso in terra, ma un sopportabile inferno.
Il passato di Lega e Movimento 5 Stelle pesa come un macigno
di Pier Luigi Leoni
Non è passata una settimana da quando abbiamo disquisito, in questa rubrica, della crisi della cultura storica e di come l’ignoranza della storia comporti l’incapacità di comprendere come e perché certi fatti avvengono e come perché noi siamo fatti così. Stamattina Angelo Panebianco, sul Corriere della Sera, applica a fatti antichi e contemporanei la incapacità di valutazione dovuta alla mancanza del senso storico. Per il lontano passato, Panebianco fa, tra altri, l’esempio delle crociate, delle quali molti pensano che “siano state solo una gratuita e brutale manifestazione dell’imperialismo europeo anziché, come furono, prima di tutto, il contrattacco di una cristianità aggredita militarmente per alcuni secoli dalle armate islamiche”. Ma dopo qualche divagazione storica Panebianco arriva all’attualità che veramente gli preme. Così sottolinea che il passato pesa sui partiti che hanno avuto più successo nelle recenti elezioni nazionali. “Il modo in cui un partito è nato, la sua piattaforma ideologica di partenza, le parole d’ordine che ha costruito in passato sono servite a reclutare alcune persone anziché altre, hanno creato, nutrito, formato, forgiato il suo personale politico, e questi primi passi continueranno a condizionare l’organizzazione nei decenni a venire”. Insomma i “vaffa” di Grillo, la “Roma ladrona” di Bossi e i relativi repertori di insulti sono parole che, come tutte le parole, pesano come pietre. Panebianco, lanciato il sasso nello stagno, non conclude con la chiarezza con la quale era partito. Io concludo così: se i due partiti stipuleranno un contratto o, più propriamente, un patto di governo, sarà una prigione per entrambi nella quale saranno ossessionati dalle “voci di dentro” che li spingeranno a continui tentativi di evasione.
L’opinione di Barbabella
Evidentemente tra me e Pier c’è sintonia. Sabato mattina, appena visto l’articolo di Angelo Panebianco, l’ho postato sulla mia pagina FB. Andrebbe letto integralmente, perché è un punto di vista organico sulla funzione della storia per la conoscenza della realtà e per orientarsi nel mondo con giudizi fondati e non con approssimazioni che fanno danni di cui nemmeno si è consapevoli. Ecco che cosa ne penso.
Il bello della ricerca storica è che è priva della pretesa della verità assoluta, ciò che evidentemente non vuol dire tuttavia soggettivismo storico. Cioè la storia è l’ambiente privilegiato del pensiero critico, e per questo mi piace molto. Di questa articolo di Panebianco ritengo anzitutto importante l’incipit “Mancare di senso storico significa essere condannati a vedere solo la superficie delle cose umane …”, un richiamo che di questi tempi mi pare quanto mai importante.
Su schiavismo e crociate a me pare che il tema messo a fuoco non sia l’oggetto ma la conseguenza pratica che deriva dalla sua ignoranza da parte delle classi dirigenti. Perché mai “gli europei dovrebbero continuare a battersi il petto … come se le colpe dei padri dovessero ricadere sui figli”?
A proposito di crociate poi ho tanto l’impressione che si tratti ormai di uscire da una visione ideologica (che, detto tra parentesi, fa tanto comodo sia agli amici che ai nemici del cristianesimo) di natura, cause e conseguenze di esse. Mi sono ricordato ciò che dice Jacques Le Goff sull’argomento. Analizzandone l’origine, nota sia che “divenendo cristiani, i barbari introdussero nel cristianesimo i loro costumi guerrieri”, sia che, quando i musulmani conquistarono la Spagna nel IX secolo, applicarono il principio del jihad. Conseguenza: “A partire dall’XI secolo l’Europa cristiana si convertì anch’essa alla guerra religiosa”.
Infine, per ciò che riguarda i danni dell’ignoranza storica rispetto alla cronaca di partiti e movimenti, possiamo discutere su molte questioni. Però, il giudizio che l’ispirazione originaria pesa decisamente sul futuro e che le conversioni improvvise di formazioni collettive non sono credibili, per cui vanno viste come pura tattica, credo che abbia un solido fondamento.
Ad ogni modo, per farsi un’idea più precisa si può leggere l’intero articolo o sulla mia pagina Facebook o direttamente al seguente indirizzo: http://www.corriere.it/opinioni/18_aprile_07/i-partiti-passato-pesa-lega-cinque-stelle-5a43eac0-39ca-11e8-8e49-98826bd21e1a.shtml