Elogio della serotonina
di Pier Luigi LeoniI dinosauri si sono estinti, i mammouth pure. Ogni anno si estinguono centinaia di specie animali e vegetali. Quando si estinguerà la specie umana? Sarà un meteorite gigante che sfascerà il pianeta Terra, o una guerra nucleare cui sopravviveranno solo gli scarafaggi, o un batterio sfuggito ai laboratori scientifici sparsi in tutto il mondo, o un virus informatico che provochi la rivolta distruttiva dei robot? Non lo sappiamo, ma lo possiamo immaginare.
E l’immaginazione ci può far piombare nella più tetra depressione. Per fortuna c’è la serotonina, secrezione endocrina che allontana i cattivi pensieri, fa dimenticare le passate sciagure e ripristina spesso (ma non sempre) il buonumore. Così al pessimismo della ragione subentra l’ottimismo della volontà, come diceva Antonio Gramsci. Anche se non diceva che la volontà è condizionata dallo stato d’animo, e lo stato d’animo è condizionato da quelli che Ezra Poud, depresso cronico, chiamava con struggente nostalgia “lubrificanti endocrini”. Insomma la natura ci ha dotato di un meccanismo che, se funziona, e fino a quando funziona, ci fa dormire sereni e ci fa svegliare la mattina con la voglia di vivere, di riprodurci e magari di mettere a posto il mondo. Uno che aveva capito tutto, anche se ancora non si sapeva ancora nulla della serotonina, era Erasmo da Rotterdam. La chiamava Follia, ma l’effetto era lo stesso.L’opinione di Barbabella
Ma certo, è probabile che anche la specie umana possa estinguersi in tempi non geologici. O forse no, chi può dirlo? Comunque si sa che anche il pianeta terra non sarà eterno, come d’altronde il nostro sole, le stelle e la galassie. Venticinque secoli fa un filosofo, oscuro per quelli che non vogliono capire ma chiarissimo per tutti gli altri, ci ha ‘rivelato’ che “tutto scorre”.
Poi nel ‘500, prima un astronomo polacco imbevuto di filosofia neoplatonica ha teorizzato che il nostro pianeta non ha un posto privilegiato nell’universo, poi un monaco domenicano, sostenitore di idee aperte e perciò inviso alle menti chiuse e bruciato vivo per questo, ha rincarto la dose dicendo che il mondo è infinito e dunque non può esserci né centro né periferia.
Infine, poco più di un secolo e mezzo fa, un biologo inglese ha dimostrato che gli uomini appartengono ad una specie imparentata con le altre specie ed è quella che è oggi per un lungo processo di trasformazioni. Abbiamo un’origine e avremo una fine, ma è proprio questo che ci rende umani e non dèi, anche se qualcuno sembra non accorgersene.Dunque niente eternità, si nasce e si muore, come individui e come specie. Ormai ce ne siamo fatti una ragione, ripeto, quasi tutti. Quelli che non ci riescono normalmente non creano problemi solo per sé ma purtroppo anche per gli altri. Quelli che ne sono coscienti, se sono geni si danno fare e lasciano segni quasi indelebili. Se sono persone normali, serie e socialmente sensibili, fanno comunque qualcosa di positivo. Se sono presuntuose e anche un po’ imbecilli faranno sicuramente qualcosa di strano e di fastidioso o dannoso per tutti quelli che con lui/lei avranno qualcosa a che vedere. Ma che ci vogliamo fare?, così vanno le cose del mondo.
Insomma, niente è eterno, probabilmente nemmeno l’universo, stando almeno alle teorie della fisica e della cosmologia. Saperlo ci dovrebbe deprimere? No, perché mai? Come ho detto, è questo che ci rende, o dovrebbe renderci, propriamente umani. Se perciò andiamo avanti, sarà pure effetto della serotonina, o della ‘follia’ erasmiana (che non è esattamente la stessa cosa) ma forse può esserlo, almeno in molti, proprio della convinzione che come umani abbiamo il compito di onorare il fatto stesso di essere stati messi al mondo (qualcosa di assimilabile, questo sì, alla ‘follia’ erasmiana). Magari, insieme all’effetto della serotonina, è ciò che ci spinge a occuparci degli altri, e più precisamente delle cose pubbliche nell’illusione di migliorarle, anche quando questo ci porta a trascurare affari e affetti nostri mentre la situazione ci consiglierebbe di dedicarci esclusivamente ad essi.
Contrastare l’irrazionale che avanza, un compito urgente e di lunga lena
di Franco Raimondo BarbabellaLeggo pochi giorni fa su riviste online di medicina le due notizie che riporto qui sotto per l’essenziale.
1. Biotecnologia.it, gennaio 2018 – “Risultati incoraggianti da uno studio sui topi. Uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering e condotto presso l’Università di Singapore, pone importanti basi per combattere il tumore al colon retto. Gli scienziati sono riusciti a creare una versione geneticamente modificata del batterio intestinale Escherichia coli, trasformandolo in un’arma anti-cancro. I batteri così creati rilasciano un enzima che attiva la molecola anti-cancro dei broccoli e il tumore regredisce quasi del tutto, bloccando oltretutto la crescita di nuove cellule tumorali.”
2. Salute & Benessere, gennaio 2018. “Scompare leucemia in bimbo curato con cellule ‘riprogrammate’. Manipolare geneticamente le cellule del sistema immunitario per renderle capaci di riconoscere e attaccare il tumore. Lo hanno fatto i medici dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma con un bimbo di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta, refrattario a terapie convenzionali. E’ il primo paziente italiano curato con tale metodo rivoluzionario. Ad un mese dall’infusione delle cellule riprogrammate nei laboratori del Bambin Gesù, il piccolo sta bene ed è stato dimesso: nel midollo non sono più presenti cellule leucemiche. Bruno Dallapiccola: la tecnica è “una pietra miliare nel campo della medicina personalizzata”.
Si tratta della scienza e della tecnologia come speranza umana, terrestre. La razionalità che può farsi strada se sostenuta da valorizzazione delle competenze, passione e amore personale, fiducia nella ricerca. Si tratta in fondo di ciò che nella storia dell’umanità ne ha esaltato la voglia di futuro, con risultati straordinari dovuti all’inesauribile bisogno di risolvere anche i problemi che appaiono impossibili, quelli che sono una sfida alla stessa intelligenza dell’uomo. Ecco, possiamo dire che la ricerca scientifica e le sue applicazioni tecnologiche ci stanno abituando ormai da tempo ad un susseguirsi di risultati che in qualche modo somigliano al folle volo d’Ulisse oltre le Colonne d’Ercole.
Ma ciò che fa pensare è che questi risultati non destano più meraviglia nemmeno quando sono davvero straordinari, tali cioè da essere sorprendenti per le innovazioni che inducono e per la speranza di aiutare gli uomini a vivere meglio o a salvarsi da malattie ritenute incurabili. Come se si trattasse di cose routinarie. Non incidono perciò sulla diffusa mentalità antiscientifica, che non nasce oggi ma che oggi stupisce particolarmente perché non è giustificata né dagli orientamenti della filosofia della scienza né dai comportamenti pratici degli scienziati, mentre è oggettivamente contrastata dai risultati della ricerca e da un uso critico del pensiero che proprio dal mondo della ricerca emerge con particolare forza.
In modo del tutto particolare fanno pensare i comportamenti delle classi dirigenti, quelle attuali e quelle che esse stanno preparando per il futuro. La spia è data dalle posizioni assunte dalle cosiddette élites di fronte alla crisi di questi anni e al bisogno di uscirne con lungimiranza. Prediche infinite sul rinnovamento senza se e senza ma, proclami sul bando agli interessi particolari, moralismo a trenate, orrore per gli inciuci, via le caste e le logiche castali, e alla fine della fiera ti ritrovi quasi tutto il contrario.
Ti ritrovi cioè al momento del dunque (ovvio, in generale e dunque anche con qualche eccezione), quando un Paese democratico si appresta a rinnovare con le elezioni la sua classe di rappresentanza e di comando, non l’adozione di metodi, idee, persone, comportamenti, che indicano la presenza consapevole di quel bisogno di appassionata razionalità (che è anche fiducia nelle possibilità di miglioramento) che si incarna emblematicamente nella ricerca scientifica, ma proprio il contrario, superficialità e approssimazione, e un arraffa-posti in barba sia a coerenze personali che a interessi generali e di comunità.
Ci sono esemplificazioni che assumono valore di metafora. Cito (non a caso): il Corriere della sera che per anni si fa paladino della crociata anticasta e che poi sotto sotto si candida a sostenere castine distruttrici che fanno tanto comodo ai poteri che governano dietro le quinte; politici di lungo corso che, come il Pierferdi nazionale, da alfieri storici di uno schieramento ti ritrovi candidati nello schieramento opposto; il capo politico dei rinnovatori che più rinnovatori non si può che, pur di arrivare al potere, pian piano diventa come tutti gli altri, cambia posizione e si dispone all’orrido inciucio al punto tale che a Londra i giornalisti non riescono a tradurre in inglese (lingua semplificatrice per eccellenza) ciò che dice agli operatori della city sulle alleanze post-voto. E così tutti capiscono che per chi dice di combattere contro tutti è possibile allearsi con chiunque. Parlo del loquacissimo onnipresente stuart Luigi Di Maio, diventato in poco tempo (inopinatamente solo per gli ingenui) l’uomo di punta di quella che Francesco Merlo ha definito la “neo-intraducibilità” italiana.
E quest’ultimo è in effetti il caso più emblematico di tutti i casi emblematici di come stanno andando le cose nel nostro amato Paese, con altrettanto emblematiche vicende locali (non solo di qui ovviamente). Fuori ogni criterio trasparente di scelta, fuori ogni coerenza, fuori la rappresentanza di interessi collettivi, generali e locali, e la cultura di governo. Dentro la voglia di esserci, comunque e possibilmente sul carro di chi si presume sarà il vincitore. Tanto, si sa, il popolo non andrà per il sottile, occupato com’è con il gioco dei social.
Ho l’impressione che ne vedremo delle belle e che il compito di chi non vuole esistere solo per sé, e soprattutto vuole pensare e agire per i figli propri e per quelli altrui, non sarà, come già non è, per nulla in discesa. Però è più necessario e più importante che mai, ed è da svolgere con intelligenza proprio a partire dalle scelte che si impongono al momento.
L’opinione di Leoni
Non c’è bisogno di aver frequentato il liceo classico per sapere che i classici sono quegli autori che destano ammirazione senza limiti di spazio e di tempo. E non c’è bisogno di aver studiato filosofia per sapere che la mente umana ha la stessa struttura negli esseri umani di tutti i tempi. Ma basta aver studiato un po’ di storia per sapere che gli esseri umani sono dei grandi pasticcioni. Hanno trascorso millenni a fondare e distruggere civiltà prima di accorgersi che il vetro ingrandisce le immagini e che la muffa uccide i batteri. Così c’è voluto uno ostinato come Galileo Galilei, che non era certo più intelligente di Socrate, per inventare il telescopio, e uno curioso e fortunato come Alexander Fleming, che non era più intelligente di Ippocrate, per scoprire la penicillina. In ogni epoca l’intelligenza umana ha prodotto meraviglie e in ogni epoca ha combinato pasticci. La scienza ha fatto passi da gigante e ogni giorno ci sorprende, ma poi ci pensa la tecnica a impasticciare tutto.
La scienza scopre come si scinde l’atomo sprigionando enorme quantità di energia; poi la tecnica costruisce bombe nucleari e le perfeziona tenendole sempre pronte all’uso da parte di un numero sempre crescente di Stati. Anche la tecnica per produrre beni utili sfrutta e inquina il pianeta. Si allunga la speranza di vita e aumentano le angosce. Si mettono a punto terapie per gli esseri umani e si trascurano le terapie per i mali delle società. In questi giorni, nella nostra Italia, con lo stimolo della campagna elettorale, stiamo diventando tutti specialisti nella diagnosi dei mali della nostra società, ma le terapie che ci vengono proposte cozzano contro il buon senso. Un comico, con sferzanti battute da palcoscenico, è riuscito a convincere molta gente che il popolo era buono mentre la classe politica era corrotta. Ma più di settanta italiani su cento non ci credono, e quelli che ci credono cominciano a essere in dubbio. Insomma non ci resta che sperare che i parlamentari che saranno eletti il 4 marzo abbiano più buon senso di quello che stanno dimostrando durante la campagna elettorale. Del resto la democrazia funziona così. Quando funziona.