PORANO – Una carezza, una parola di conforto e una promessa strappata a mettercela tutta. Nicola Bracaccia ragazzo di appena 16 anni di Porano ricoverato da alcuni mesi all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Polidoro, non credeva ai propri occhi quando venerdì pomeriggio il suo sguardo ha incontrato quello di Papa Francesco. Il Pontefice, come consuetudine nei Venerdì della Misericordia inaugurati durante il Giubileo di due anni fa, ha fatto una visita a sorpresa a tutti i 120 pazienti del nosocomio romano.
E tra questi, c’era anche Nicola, un piccolo grande uomo che dopo un intervento al cuore e una successiva serie di complicazioni, sta lottando con tutte le forze per rimettersi in sesto. Accanto a lui la sua famiglia che non lo lascia un secondo e insieme sta combattendo la più importante battaglia, quella della vita.
«Siamo fragili come foglie al vento, questo pensiero è quello che mi ha lasciato la visita di Papa Francesco» racconta Marco, papà di Nicola. «E’ voluto venire qui, dove si respira la rabbia, a volte la rassegnazione, molto spesso la speranza e purtroppo anche la sofferenza. Poteva scegliere di andare in qualche altra sede dove c’è l’eccellenza medica, la sperimentazione, l’evoluzione tecnologica, invece no. Ha scelto di venire dove la sorte e la natura hanno il sopravvento, dove per poter recuperare la propria autonomia e la propria identità e dignità, bisogna impegnarsi, soffrire, crederci, e a volte anche solo pregare e sperare.
È venuto a sentire il calore della gente che non cerca gloria, che non cerca fama ma cerca soltanto la normalità. È venuto a provare cosa significa essere gli ultimi, i più fragili – racconta Marco – quelli che non pensano al denaro o al potere per essere felici, ma vogliono solo essere parte di questo mondo così imperfetto per sembrare semplicemente normali».
Il Papa è entrato con discrezione in ogni stanza, fermandosi praticamente in tutti i reparti. A ognuno ha porto un dono, regalato una carezza e un sorriso, ha chiesto informazioni sul loro stato di salute. Ai genitori, invece, un abbraccio e una parola di conforto per dare forza nel momento della prova e della malattia per la loro famiglia. «A Nicola ha portato un gioco con le carte e avvicinandosi a lui gli ha detto di non mollare e di mettercela tutta. Dopo aver saputo dai medici di quale patologia soffrisse, ci ha stretto forte la mano invitandoci ad avere forza, fede e coraggio. E’ stato un momento semplice ma molto toccante».
Nicola, dopo aver subito un intervento al cuore, a causa della lunga permanenza in terapia intensiva, in coma farmacologico, ha subito dei danni al sistema nervoso periferico che gli hanno provocato delle neuropatie. «Per ora – spiega Marco – non può mangiare, non può parlare, non cammina e una mano è in parte paralizzata. Si spera che sia un quadro transitorio, ma per ora solo il tempo e la riabilitazione possono dare delle risposte. I medici sono molto fiduciosi, avrà tanto da lavorare, ma se si impegna, ee lo farà perché è fortissimo, ne può uscire vincitore». A volte guerrieri non ci si nasce, ci si diventa. E’ la vita che ce lo impone. (Sara Simonetti)