di Franco Raimondo Barbabella
Diceva John Stuart Mill: “Quando polemizzate fate pure, più sono le opinioni in contrasto, meglio è, più sono i partiti in lotta, meglio ancora, cosa sarebbe un paese dove c’è un partito solo, dove c’è una unica voce senza che nessuno dica no, noi la pensiamo diversamente?”. Dunque evviva la diversità di opinione! E così anch’io sono costretto a riprendere la parola sull’argomento delle virtù in politica.
Resto della mia opinione: la sintesi della democrazia e il massimo della politica è che “la sovranità appartiene al popolo”. Ne discende infatti che il diritto di partecipare pienamente alla vita politica non può subire limitazioni arbitrarie, anzi, tutti devono essere messi in condizione di informarsi, capire, partecipare, scegliere liberamente. Nei sistemi di democrazia rappresentativa, quelli di democrazia matura, la scelta dei rappresentanti avviene con libere elezioni e gli eletti rappresentano non a caso (ad esempio nel nostro ordinamento) l’intera cittadinanza e non solo chi li ha votati (senza vincolo di mandato) perché possano sentirsi ed essere liberi nelle loro decisioni. Dunque non condizionati né condizionabili.
A questa esigenza irrinunciabile appartiene anche l’indennità di carica o comunque si voglia chiamare la paga dei parlamentari e delle altre cariche pubbliche elettive. Non solo non è un furto, ma è proprio un diritto-dovere, perché è sia una garanzia di libertà che un giusto compenso per l’opera svolta a favore della comunità dei cittadini. Quindi su questo è inutile discettare: se si sostiene che lo stipendio dei politici è un furto legalizzato si sta dicendo che non tutti i cittadini hanno diritto di partecipare alla vita politica. Che non è garantita a priori se non da se stessa, cioè dagli orientamenti e dai comportanti reali dei cittadini, a partire dalla partecipazione consapevole.
La quale partecipazione non può peraltro essere legata al tempo libero. Tra parentesi mi pare che Pier Luigi abbia una concezione del pensionato un po’ lontana dalla realtà perché quello in salute normalmente ha meno tempo libero in quanto è più impegnato di quando lavorava e quello non in salute purtroppo ha da fare parecchio di più di quando stava bene. Ma a parte questo, ripeto, non è questione di tempo libero. Io ho accennato alla condizione elitaria della politica proprio per contrastare l’idea che oggi si possa pensare alla politica come attività da tempo libero.
La politica richiede preparazione, studio continuo, approccio competente a problemi complessi, cioè una vera professionalità. Tutti hanno diritto di partecipare e di aspirare a qualunque incarico, ma dentro regole chiare e trasparenti che garantiscano l’adeguatezza delle capacità alla legittima ambizione. Vediamo infatti a contrario ciò che succede con gli incompetenti che rivestono cariche pubbliche. Per questo sarebbe necessario un percorso di rigorosa selezione. Anzi, bisogna proprio gridare basta con i carrieristi improvvisati e incompetenti.
Non ho parlato ancora delle virtù che Pier Luigi mette nel titolo, pare di capire come fondamento di buona politica. Certo, sono d’accordo che onestà, altruismo, magnanimità e generosità definiscono una condizione personale virtuosa, peraltro importante non solo in politica. Solo che il loro possesso non garantisce per nulla che una persona che le possegga anche al massimo grado possa svolgere i compiti politici come viene richiesto sia dalla specifica funzione che dal momento storico per le scelte e le responsabilità che comporta. Ci vuole altro, quello che ho già detto, altrimenti sono disastri.
Ne abbiamo esempi a iosa, anche perché, mentre quelle quattro virtù (che non sono le virtù cardinali, delle quali tra l’altro parlerò nei due incontri terminali del corso di filosofia di quest’anno presso l’Unitre) sono scarsamente oggettive, cioè possono essere valutate in modo soggettivo, mentre la preparazione che si accompagna a capacità generali e specifiche o si traduce in risultati o non c’è, per cui è chiaramente valutabile, ad esempio in termini di rispondenza tra promesse fatte e fatti realizzati.
Io così la penso. Capisco bene il tema di fondo che pone Pier Luigi, che in fondo è lo stesso che pongo io da tempo e con insistenza, cioè come migliorare la qualità della classe dirigente. Io non credo a soluzioni fondate sulle invocazioni morali (che sono altra cosa dall’eticità della politica e dalla moralità individuale) e tano meno ad automatismi di qualsiasi tipo siano, come quello ipotizzato da Pier Luigi per le elezioni al Comune di Orvieto.
La rinuncia ad indennità e gettoni fu oggetto di lunghe discussioni all’interno del COVIP con opinioni ovviamente diverse. La realtà ha dimostrato che non era di quello che bisognava discutere. Ma bisogna anche dire che qui ad Orvieto, direi però non più di altrove, siamo bravissimi a discutere di cose che ci tengono a debita distanza da ciò che sarebbe da fare perché è chiaro che si può fare.