di Gianluca Foresi
In che direzione va l’editoria? Ma soprattutto in che direzione vanno i lettori e le librerie. Se dalle statistiche emerge che il lettore medio legge un libro all’anno e lettore forte viene considerato chi di libri ne legge uno al mese, forse la direzione è quella sbagliata. Il generalismo che abbonda sugli scaffali di una qualsiasi libreria italiana è ciò di cui abbiamo davvero bisogno per avvicinare alla lettura quelli che della pagina scritta conoscono solo quella delle riviste e dei quotidiani?
Non credo sia necessario andare esclusivamente incontro ai gusti del pubblico medio, al contrario ritengo che spesso paghi molto di più, non solo in questo campo, incuriosirlo piuttosto che assecondarlo, aiutarlo a non scegliere il solito best seller e consigliargli magari una piccola rarità che da solo non avrebbe mai scovato, come sanno fare da anni le libraie e i librai esperti che amano questo mestiere e non lo vivono come un semplice impiego. Questa introduzione nasce ,paradossalmente, dopo la lettura su FaceBook di un post che magnificava la ristampa di 100.000 copie di un romanzo scritto da un blogger italiano.
“E allora bacami”. Ho letto bene? O è una svista o un errore di stampa o di scrittura? Però in effetti sarebbe stato un titolo davvero molto più interessante: da un errore sarebbe potuto nascere qualcosa di molto più accattivante.
Mi domando, però: dove sono finiti gli editor, i correttori di bozze, o le riletture individuali di ciò che si è scritto? Forse a farsi fare l’amore dalle infermiere come diceva De Gregori? Lo spunto per questa battuta – ma non ci sarebbe nulla da scherzare -, me lo dà questa foto che mi piomba sulla Timeline come un kamikaze dell’Isis da una pagina sponsorizzata.
La pagina è quella di tale Roberto Emanuelli, uno scrittore a me sconosciuto.
La apro rapito da quell’errore di cui sopra e incomincio a curiosare fra i suoi post, e ai miei occhi appare la fiera dell’ovvio, frasi che nemmeno Proust col cordone ombelicale ancora attaccato avrebbe pensato. Ma è più forte di me: Satana ormai ha la mia anima. Entro e vedo che questo autore (si dice così) ha 222.000 e rotti fan, diconsi duecentoventiduemila.
Vado avanti – al masochismo non c’è mai fine -, leggo e vedo che tutte/i sono lì a decantare, nemmeno fosse un Sassicaia del ‘90, il suo modo semplice di raccontare l’amore, di descrivere quello che in moltissime pensano, ma che non riescono ad esprimere.
La cosa mi incuriosisce, ma sì sa, the Curiosity killed the cat, e allora incomincio dai commenti sotto la foto del delitto a spostarmi su altri suoi post e inizio a leggere qualche frase: “Credo negli abbracci che ti scaldano il cuore quando fa freddo. Freddo dentro.” 1.700 lo Piaciano, diconsi milleesettecento.
“Stai sognando” mi dico, e allora provo a leggerne un altro, magari diventa come un pizzicotto e mi sveglio: “Andiamo a dormire soli, sì. Ma poi il pensiero corre lì, dove ci porta il cuore (sic), lì dove, in fondo, soli non siamo mai”. 251 lo condividono, diconsi duecentocinquantuno.
Queste Prugne di Saggezza – in effetti hanno un dono lassativo -, non sono dei biscotti della Fortuna scritti dai Malavoglia, Baci Perugina rubati all’agricoltura, ma sono custoditi nel libro che ha venduto (come da foto) 100.000 copie, diconsi Centomila, e fa il pieno alle presentazioni. “E allora baciami” questo il vero titolo.
Qualcuno mi svegli, ma no, purtroppo non sto sognando, allora alzo le mani, ma non vorrei abbassare la testa ed è lì che sale il LiteratureKiller che è in me.
Qui si continua nella china discendente dell’editoria italiana e della pubblicazione librorroica di testi spacciati per capolavori, per i quali si grida al nuovo fenomeno letterario. Libri che fra i contemporanei vendono copie su copie, ma che fra tre anni a stento non troveremo più in libreria e che nessuno, con grande probabilità, ricorderà, forse nemmeno l’autore stesso.
Mi chiedo allora, a parte riempire le casse delle case editrici di fango, ahimè, e il portafoglio del nuovo Liala, o creare delle nuove Bovary con qualche lobo in meno, a cosa può servire questa Letteratura? A che serve la lettura in Sé se non ad aprire la mente e stimolare la curiosità? Se chi scrive ti fa provare solo quello che ti è noto, non aiuta la tua crescita, ma solo la nostalgia per quello che non riesci a vivere. Se si legge solo per svago o per passare del tempo, meglio una passeggiata, o un caffè con gli amici.
In realtà io credo fortemente che avremmo bisogno di “nuovi” classici, di autori che dicano concetti, anche vecchi, ma con parole nuove, abbiamo bisogno di una ricerca sul linguaggio, abbiamo bisogno di analisi e studi psicologici dei caratteri, abbiamo bisogno certo anche di parlare di amore, ma non quello da banco frigo o da coda alle poste.
Chi cede a questi ambulanti della prosa, cede a mio avviso anche alla facoltà critica e allo sguardo critico sul mondo e alla presa di coscienza di chi è realmente. E non è per nulla vero che libri così ti arricchiscono interiormente, anzi scavano di più quel vuoto nel quale già si è. E mi chiedo: ci sono autori dimenticati dal mondo e dagli uomini, e anche da Dio, che hanno scritto capolavori che in vita non sono stati presi in considerazione e che postumi hanno segnato la storia della narrativa, hanno guidato i lettori come la stella polare e questo li ha resi immortali. On va chercher Dostoevskij, Proust, Gadda, Dickens, Mann, Kafka. On va chercher LA LETTERATURA.