di Melania Catteruccia
Camilla Falsini è un’artista di Roma. Illustratrice, pittrice, street artist, scultrice, lavora utilizzando una vasta varietà di tecniche e materiali. In questa intervista l’attenzione al suo operato è incentrata maggiormente all’attività di street artist, perchè Camilla è l’autrice dell’opera pittorica su muro “La caduta del diavolo” realizzata la scorsa estate nei pressi del centro commerciale “Porta di Orvieto”, ad Orvieto Scalo.
Hai avuto una formazione artistica o sei autodidatta?
Vengo da studi classici e poi ho frequentato un corso triennale di illustrazione.
Ah ecco perchè hai iniziato come illustratrice per l’infanzia .. Mi viene una domanda guardando queste bizzarre figure che caratterizzano il tuo mondi immaginario…Tu avevi un amico immaginario da piccola?
In realtà no! Avevo però tanti libri illustrati molto belli, anche di artisti importanti come Munari, Delessert, Altan… quindi sono stata circondata fin da piccola da molte figure, e figure belle.
Di fronte alle tue figure fantasiose ed antropomorfe io ho pensato istintivamente a certe opere di Mirò. In realtà tu hai iniziato ad illustrare riferendoti piuttosto al sopra citato Munari, giusto?
Esatto, ovviamente da sempre mi sono appassionata alla pittura del ‘900 (Malevich, Depero, Picasso…), ma effettivamente poi a influenzarmi molto sono stati designer, come appunto Munari, o artisti del mondo dell’illustrazione come Kveta Pacovska.
Le tue opere sono caratterizzate da un acceso cromatismo, il rosso, come tu stessa hai dichiarato, non manca mai, cosa è per te il rosso?
Il rosso è il colore che vibra accanto al verde (che è un altro colore che amo), sembrando quasi vivo, e che evidentemente mi rimanda alle opere che mi hanno influenzato di più (appunto Munari, la Pacovska stessa ha sempre creato opere fortemente caratterizzate dal colore rosso), fatto sta che non riesco mai a farne a meno. Mi sembra che il rosso dia vita a ciò che creo.
Mentre lavori ai dipinti murari il tuo operare assume una dimensione pubblica, come vivi la presenza di ipotetici spettatori?
Bene, anche se come indole sono una persona che quando lavora si astrae un po’ da quello che ha intorno, ma ovviamente in spazi pubblici (soprattutto se frequentati e trafficati, e non è sempre così) questo non può avvenire. Comunque in genere le persone sono incuriosite in un modo bello, per cui lo scambio è sempre positivo.
Realizzare questi grandi dipinti murari è anche fisicamente impegnativo, no?
Sicuramente, ma più che la fatica fisica temo il sole forte d’estate se un muro non è in ombra, ad esempio!
Come nasce il lavoro realizzato qui ad Orvieto? Chi ha scelto il luogo? E nella scelta del soggetto hai seguito linee guida o hai operato una tua ricerca personale sul territorio?
Il lavoro realizzato ad Orvieto nasce grazie ad alcuni ragazzi attivi nella città (Atomic Garden, ndr) che hanno chiamato me ed altri. Nei giorni precedenti ho fatto un po’ di ricerche su Orvieto e dintorni e ho scoperto una cosa che mi ha subito divertito: leggende popolari parlano di Lucifero che, cadendo dal paradiso, atterra sul sedere, creando gole e crepacci, o addirittura acque termali (lo zolfo infatti è l’odore associato al diavolo) che portano la parola diavolo nel nome ancora oggi. Per cui sono frequenti, nella toponomastica della zona, luoghi come “La culata del diavolo” o “Il bagno del diavolo”. Ho trovato questa immagine molto bella, e l’ho voluta interpretare.
Tra l’altro so che sei attivissima come street artist, nei passati mesi estivi te ne sono stati commissionati molti in tutta Italia…?
In realtà sono molto meno attiva di altri! Comunque tra estate e autunno di quest’anno ho avuto occasione di realizzare la facciata di un teatro comunale, a Calcata (muro che ho amato molto), il diavolo ad Orvieto, un muro sulle alpi lombarde quasi al confine con la Svizzera per Stelvio Fest, un grosso muro circolare di 50 metri vicino Padova in un ex-depuratore, e un pilone a Brescia per il festival LINK.
Una piccola opera su carta di Camilla Falsini è esposta nella collettiva “Cinquanta segnalibri” presso il Mausoleo della Bela Rosin a Torino, fino al 19 novembre