“Il Progetto Orvieto, ormai dimenticato – Pecunia viro non vir pecunia” è il titolo del nuovo e.book a firma di Paolo Borrello.
Si può leggere qui: https://pborrello.wordpress.com/.
Per ricevere gratuitamente la versione in pdf si può inviare una mail a pborrello@libero.it
Si riporta l’indice e l’introduzione dell’e-book “Il Progetto Orvieto, ormai dimenticato – Pecunia viro non vir pecunia.
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Introduzione
Brevi note su alcune vicende della sinistra orvietana negli ultimi trenta anni del XX secolo e agli inizi del XXI
Le frane della rupe nel 1977
Le leggi per il Progetto Orvieto e l’inizio dei lavori
I lavori di risanamento della rupe
Il Pci, il Consiglio comunale e il Progetto Orvieto
Orvieto: i luoghi della cultura
Orvieto, progetto per una città utopica
Il Progetto Orvieto a livello internazionale
Il sistema di mobilità alternativa
Il palazzo dei Congressi e il teatro Mancinelli
Il parco archeologico
Gli altri interventi, soprattutto relativi al Duomo
Il “dopo Progetto Orvieto”
Conclusioni
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In questo e-book sarà analizzato il cosiddetto Progetto Orvieto.
Ma cos’è, o meglio, cos’è stato il Progetto Orvieto?
Il Progetto Orvieto è costituito da tutti gli interventi che sono stati realizzati, in seguito alle frane che interessarono la rupe alla fine degli anni ’70 del XX secolo, sia per il risanamento della rupe stessa – prevalentemente interventi di consolidamento volti ad eliminare le cause che determinarono quelle frane – sia per il restauro e la valorizzazione di gran parte del patrimonio storico-artistico del centro storico sia per l’attuazione del sistema di mobilità alternativa.
Gli interventi furono appunto diversi. In primo luogo certamente i lavori di risanamento della rupe, lavori di consolidamento, anche di numerose cavità sotterranee, ma anche l’intero rifacimento delle reti idrica e fognante. E poi il sistema di mobilità alternativa, con il quale si realizzò un cambiamento radicale soprattutto delle modalità di accesso delle auto al centro storico e dell’assetto dei parcheggi, e il parco archeologico. Inoltre il restauro delle più importanti componenti del patrimonio storico-artistico, dal Duomo, ivi compresa la cappella del Signorelli, al palazzo del Popolo, per realizzarvi un centro congressi.
Per questo il Progetto Orvieto rappresentò una complessa azione di risanamento e di valorizzazione dell’intero centro storico e proprio per questo suo carattere fu un vero e proprio progetto di sviluppo non solo del centro storico ma dell’intero territorio comunale, tale da divenire un modello da seguire anche da parte di altre città italiane ed estere, per la sua organicità, per il suo essere, contemporaneamente, è bene ripeterlo perché non tutti coloro che lo hanno analizzato ne sono stati consapevoli, progetto di tutela e progetto di valorizzazione, con una visione che tendeva ad interessarsi non solo di quanto si potesse verificare nel breve periodo, ma anche nel medio e nel lungo periodo.
Gli interventi previsti furono nella quasi totalità realizzati.
E questo aspetto del Progetto Orvieto rappresentò un suo tratto caratteristico ed originale per l’Italia, Paese nel quale spesso le opere pubbliche progettate vengono solo in parte attuate.
Non solo, gli interventi previsti furono realizzati in tempi brevi, altra originalità per le opere pubbliche italiane.
Ho utilizzato il termine opere pubbliche per il complesso degli interventi del Progetto Orvieto non a caso, sia perché erano rivolte, tutte, a soddisfare l’interesse generale della popolazione, appunto l’interesse pubblico, sia perché furono finanziate interamente con risorse finanziarie pubbliche, principalmente derivanti da alcune leggi speciali, anche rifinanziate.
Tali risorse finanziarie furono concesse, quasi interamente, dallo Stato centrale e solo in minima parte ebbero origine da fondi comunali o comunitari (solo la ristrutturazione del palazzo del Popolo per realizzarvi un centro congressi e una piccola parte del sistema di mobilità alternativa furono così finanziati).
Il Progetto Orvieto fece sì che, per almeno per un decennio, Orvieto svolse un ruolo importante, da protagonista, all’interno dell’Umbria. Un ruolo che in passato, sia prima che dopo l’istituzione dell’ente Regione, non aveva svolto, anzi tale ruolo era stato del tutto marginale.
Quanto si fece ad Orvieto, poi, con il Progetto Orvieto, ebbe un’eco anche a livello internazionale, suscitando l’interesse dell’Unesco, del Consiglio d’Europa e del Parlamento europeo.
Si consideri fra l’altro che Todi, nella quale, ugualmente, nello stesso periodo di tempo, si verificarono eventi franosi, seguì Orvieto, tanto che le leggi speciali approvate dal Parlamento furono definite leggi per Orvieto e Todi, perché comprendevano interventi anche a favore di Todi.
La gestione di una parte consistente dei fondi messi a disposizione dalle leggi speciali citate fu affidata alla Regione dell’Umbria e l’efficienza e l’efficacia che ha contraddistinto tale gestione dipese appunto anche dal buon operato della Regione. La gestione della restante parte dei fondi fu affidata al ministero dei Beni Culturali.
Non a caso, vi furono ritardi eccessivi – e anche sprechi? – per la ristrutturazione del teatro Mancinelli, la cui gestione, come per alcuni altri interventi, fu affidata ad una società dell’Iri, Bonifica.
Ma dipese dal Comune di Orvieto, o meglio, principalmente da alcuni amministratori comunali “illuminati”, da Franco Barbabella e da Adriano Casasole, per essere più precisi, l’individuazione degli interventi da realizzare, la volontà di dare vita a un progetto complessivo di tutela e valorizzazione del centro storico e l’impegno perché fossero concessi i finanziamenti statali necessari.
Certamente, funzionari comunali, altri amministratori locali, persone esterne all’Amministrazione svolsero un ruolo non secondario, anche numerosi parlamentari, in quest’ultimo caso soprattutto affinchè le leggi fossero approvate dal Parlamento italiano.
Ribadisco però che fondamentale per l’elaborazione e l’attuazione del Progetto Orvieto fu soprattutto l’azione portata avanti da Barbabella e Casasole che, per diversi anni, svolsero una funzione di guida del Comune di Orvieto, anche perché ricoprirono incarichi di primo piano nell’ambito dello stesso Pci orvietano, contribuendo così a realizzare un profondo rinnovamento di questo partito e dell’intera sinistra, in quanto, oggettivamente, il Pci rappresentò la parte più importante e decisamente migliore della sinistra locale. Di qui la mia scelta, prima dei capitoli dedicati specificamente al Progetto Orvieto, di inserire un capitolo nel quale sono contenute delle brevi note su alcune vicende che hanno interessato la sinistra orvietana, principalmente il Pci, dagli anni ’70 del XX secolo fino agli inizi del secolo successivo.
Inoltre, è necessario rilevare che prendere in esame i caratteri distintivi del Progetto Orvieto significa anche analizzare le principali attività svolte dalle Amministrazioni comunali che si sono succedute nell’arco di un periodo almeno ventennale, a partire dagli inizi degli anni ’80 del Novecento.
Quindi, il Progetto Orvieto – che da ora in poi chiamerò per brevità PO – ha assunto una notevole importanza e sarebbe necessario non dimenticarlo come, invece, oggettivamente, è avvenuto.
Ma di questo mi occuperò nel capitolo finale, le conclusioni.