di Franco Raimondo Barbabella
Di scandali in Italia, sia per tipologia che per gravità, se ne contano così tanti che chiunque tentasse di classificarli ne dovrebbe per forza tralasciare parecchi essendo difficile per diversi di essi trovare una precisa definizione. Ora però se ne aggiunge un altro che è proprio particolare, anche se non impensabile né tanto meno inspiegabile. È lo scandalo del giovane sindaco di Licata (Agrigento) Angelo Cambiano sfiduciato dal Consiglio comunale di quella città perché faceva rispettare la legge.
La magistratura aveva sentenziato di dover abbattere gli edifici costruiti abusivamente lungo la costa. Il sindaco era tenuto ad eseguire le sentenze. Lo doveva fare e lo ha fatto, niente di più, niente di meno. Però che stranezza, un sindaco che fa rispettare la legge! In diversi si saranno detti: “Non è possibile andare avanti così, se non ci si mettono le mani qui tra poco non si campa più”. Il Consiglio, fedele interprete delle preoccupazioni popolari, ha ovviamente sfiduciato il sindaco. E che diamine, stà a vedere che ora la legge viene prima del diritto dei cittadini di fare ognuno quello che gli pare!
Si potrebbe pensare che è la società di Licata che è malata. Niente di più sbagliato, lo dice sia la storia che il presente dell’Italia. Il nostro è il Paese in cui l’illegalità si sente di più a casa propria. Senza voler per forza dar ragione ai radicali che da sempre parlano di un paese illegale, lo spettacolo miserrimo di cittadini che più che sopportare supportano la criminalità e spesso con essa collaborano, la presenza di sacche diffuse di illegalità in ogni dove, il senso di impunità e di sfacciato culto dell’interesse particolare, a cui si accompagna la mancanza di controlli seri e costanti da parte dell’autorità costituita che fa il paio con il degrado dell’etica pubblica, è un insieme di aspetti che dà la sensazione di essere un vero e proprio sistema, e un sistema in cui tutti in fondo si ritrovano, in cui per tutti è possibile avere posto ed esercitare un ruolo.
Sembra che ogni volta si aspetti che tutto passi e si continui senza ulteriori scocciature. Gramsci parlava di sovversivismo delle classi dirigenti, intendendo con ciò denunciare il fatto che i primi a non rispettare le regole sono proprio coloro che ne devono essere i garanti. Che fanno oggi i garanti delle regole? Il Ministro Delrio dice che il sindaco Cambiano è un eroe e che il Governo è al suo fianco. Ma allora, che aspetta a recarsi a Licata per testimoniare un’attiva solidarietà? Che aspetta il Ministro dell’Interno a fare la stessa cosa? Che aspettano il presidente Gentiloni e lo stesso presidente Mattarella?
Tutti? Si, tutti, perché questa vicenda di Licata è la cosa più grave accaduta in Italia da quando ci sono gli scandali, non solo quelli edilizi. Essa ha una forza dirompente: se si lascia passare l’idea che un sindaco coraggioso solo perché fa quello che normalmente un sindaco dovrebbe fare, viene estromesso proprio per questo dalle sue funzioni, allora non abbiamo più nemmeno la speranza che qualcosa possa cambiare.
Ma mi chiedo anche che cosa aspettano tutte le istituzioni a muoversi. Che aspettano i sindaci, almeno quelli veri, quelli consapevoli del proprio ruolo, quelli che sanno che cosa significa operare perché le istituzioni siano garanti del vivere civile ordinato e giusto, che aspettano essi a organizzare una presenza in massa a Licata per mettersi al fianco del loro collega? Non sentono essi il pericolo per loro stessi? E che cosa aspettano i gruppi consiliari a chiedere la convocazione urgente dei loro Consigli comunali per approvare ordini del giorno che non facciano sentire inutile l’opera di Cambiano e condannino senza mezzi termini lo scandaloso pronunciamento dei loro colleghi di Licata?
Molto probabilmente sto dicendo cose solo a me stesso, forse sto solo manifestando sentimenti di romanticismo istituzionale. Non fa niente. Semplicemente non mi sentivo di stare zitto. Ripeto, la vicenda del sindaco Cambiano e della sfiducia del Consiglio per aver affermato lui la priorità della legge, è di tale importanza che la sola sottovalutazione ce ne renderebbe oggettivamente complici.