Riceviamo dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto e pubblichiamo:
E’ noto che il processo di fusione è un’operazione complessa, costituita di più fasi che vedono l’imprescindibile intervento degli Organi Amministrativi delle Società interessate e dei Soci delle stesse. Come più volte ripetuto in queste pagine, una fusione, soprattutto quando interessa soggetti bancari, non può prescindere da un’accurata analisi dello stato attuale dei partecipanti e di quelli che saranno gli effetti di un’operazione di tale levatura. Basti pensare che, una volta iscritto l’atto di fusione nel Registro Imprese, non sarà più possibile tornare al punto di partenza. Dispiace, ancora una volta, vedere gli Amministratori della Banca, espressi dalla Fondazione, lontani dalle legittime attese nei loro confronti, soprattutto nel leggere che la tematica dell’integrazione tra Banca Popolare di Bari e Cassa di Risparmio di Orvieto riguarda i soci, quando proprio il nostro codice civile, all’art. 2501-ter, nel trattare il Progetto di Fusione, documento principe di tale importante operazione, apre con un’indiscutibile affermazione: ”L’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione redige un progetto di fusione…”.
Qui finiscono le discussioni ed i confronti. Rimangono poche domande. Come è possibile procedere ad una ristrutturazione senza le evidenze dei riflessi, economici e non, che ne scaturiscono? Perché, a fronte di ripetuti solleciti, tesi a comprendere i benefici ed i sacrifici che potrebbero derivare da una tale decisione, nessuna risposta è avvenuta? Perché nonostante la disponibilità della Fondazione a sostenere un piano di rilancio, anche severo ed impopolare, della CRO quale entità autonoma, vi è stato solo un assordante silenzio? Da ultimo, cosa hanno fatto i nostri Amministratori su questi temi, che sono il fulcro del mandato a suo tempo conferito, a cui è doverosamente legato un idoneo compenso? Mai come ora, la Fondazione avrebbe avuto bisogno di Amministratori che favorissero una generale riflessione su tutti questi argomenti. La nostra posizione è chiara e ferma. Gli interessi della CRO sono anteposti a quelli dei singoli azionisti. Adoperarsi per il bene della CRO, significa formulare ipotesi e studiare piani che non contemplino solo la cancellazione dell’Istituto. Su questo punto, abbiamo chiamato tutti a svolgere un ruolo attivo e responsabile. Non si ha evidenza di un pari coinvolgimento dei Consiglieri espressi dalla Fondazione e, per questo, si ribadisce la necessità che questi ultimi prendano atto della mancanza di fiducia nei loro confronti, traendo le conseguenze del caso.