Di Stefano Moretti Dottore Commercialista Revisore Contabile – Diritto Processuale Tributario/Diritto Societario
Da circa un anno seguo, come consulente, l’impegno dell’Associazione Praesidium, un comitato per la tutela degli interessi dei risparmiatori della Cassa di Risparmio di Orvieto, la quale, con azioni puntuali e ragionate, giuridicamente assai fondate, cerca di affermare i diritti di tali soggetti, che si leggono lesi, relativamente all’acquisto di azioni illiquide della Banca popolare di Bari, tramite l’intermediario CRO, Istituto che versa in una situazione di particolare criticità derivante dall’obbligo di trasformazione in SPA così come imposto dal DL3/2015, sub judice della Consulta in relazione a norme di favore nei confronti delle popolari e considerate suscettibili di giudizio di legittimità costituzionale dal Consiglio di Stato, che hanno consentito il trasferimento di rilevanti risorse, stimate in molte decine di milioni di euro (il dato puntuale, più volte ricercato, risulta opacizzato) che, partite del nostro territorio e finite nella pancia delle politiche di bilancio della banca barese, non hanno fatto ritorno e rischiano di non farlo mai più, se non in forma diafana ed assottigliata. Nonostante l’evidenza dei fatti e la gravità della questione, il Consiglio Comunale di Orvieto, sia nella componente di maggioranza che in quella di minoranza, non hanno mai rappresentato alcuna mozione nel merito, salvo quella di un consigliere il quale però ha provveduto, con mossa felina, a ritirare tempestivamente ciò che aveva assai faticosamente formulato. Tuttavia, fortunatamente, una mozione nel merito è stata presentata all’Assemblea Legislativa Umbra ed è di prossima discussione, cosicchè il dibattito si svolgerà nella sede autorevole della Regione, competente sia istituzionalmente che costituzionalmente, stante i dettati dell’art.117 della Carta Fondamentale.
La premessa, però, non vuole essere fine a se stessa ma approcciarsi come alternativa tematica alle condotte istituzionali del Comune di Orvieto e delle sue componenti, di maggioranza e minoranza, interne quanto esterne, che insistono, con diverse opinioni, a preferire argomenti oggettivamente minori come quello della TE.MA, ragionando di soluzioni prospettive e soluzioni non solo inopportune ma anche e soprattutto impraticabili, a dimostrazione della scarsa conoscenza ovvero dell’ignoranza di pur minori dettami di legislazione amministrativa degli enti locali e delle norme civilistiche. Mi riferisco in particolare all’ipotesi della costituzione di una azienda speciale per la gestione delle attività culturali e turistiche di Orvieto, che ha trovato oggi riscontro nelle osservazioni dell’assessore Gnagnarini, quali risultano su Orvieto si, corrette e condivisibili, sia nel fondamento che nel merito ma che appaiono, tuttavia, suscettibili di ulteriori valutazioni sia giuridiche che sostanziali per le conseguenze dello sgoverno debitorio della TE.MA., nell’ipotesi, assai probabile, che ne deriverebbe dall’affidamento ad altri soggetti, con qualsivoglia modalità, delle gestioni delle attività culturali, in capo finora alla stessa Associazione.
La materia è innanzitutto regolata dal TUEL, che individua, all’art.113-bis, terzo comma, una forma di gestione in economia “dei servizi culturali in affidamento ad associazioni o fondazioni da loro costituite o partecipate”, diversa e opportunamente strutturalmente affievolita rispetto a quella dell’azienda speciale, ente strumentale dell’ente locale, portata dall’art.114 T.U. citato, dotata di particolare complessità organizzativa, tenuta a criteri di conduzione profilati ad economicità, efficacia ed efficienza oltre al rispetto delle regole di gestione, concorrenza e di redazione dei bilanci, assai stringenti dettati sempre dalla stessa legge all’art.113 e le cui eventuali perdite di esercizio vanno ripianate unicamente a carico dell’ente locale.
Appare di ogni evidenza che tale modello aziendale risulta inappropriato per la gestione di servizi culturali, così come del resto la stessa normativa indica, residuando, per questi, solo la forma associativa o della fondazione.
Il problema, tuttavia, è un altro; pur volendo ipotizzare, per mero esercizio di scuola, la costituzione di una azienda speciale per la gestione dei servizi culturali del Comune di Orvieto, tale scelta, per quanto inopportuna e sostanzialmente impraticabile stante, tra l’altro, i pur ricordati disposti ricordati dell’art.2500 c.c. in materia di trasformazioni eterogenee, non risolverebbe il problema di fondo cioè il rilevante passivo della TE.MA pari, al 31.12.2016, ad euro 1.664.278,00=, che risulterebbe di conseguenza azienda del tutto esonerata dalle attività gestionali così assunte da quella speciale e dai relativi proventi, rimanendo totalmente priva di mercato. Attesa l’impossibilità giuridica di trasformare tale associazione nell’ipotizzata azienda speciale, operazione che sola potrebbe assegnare e trasferire al nuovo soggetto le passività di cui trattasi, spetterà agli associati assumere il debito irrisolto e, qualora questo, come pare assai probabile, non dovesse avvenire, non resterà che attendere una o più istanze di fallimento ovvero depositare i libri contabili in Tribunale provocandolo in proprio.
Del resto, all’importante profilo debitorio si contrappone un fronte creditorio di dubbia esigibilità in quanto “dall’analisi dell’attivo circolante emergono forti dubbi circa l’allocazione di alcune voci riguardanti i crediti con la conseguenza che i risultati di gestione potrebbero derivare da dubbie rappresentazioni contabili palesemente capaci di alterare i risultati di gestione con un effetto di mimetizzazione delle effettive perdite” (Rel.conoscitiva sullo stato finanziario dell’Ass.ne TE.MA. Comune di Orvieto – Assessore al Bilancio 6/2016).
Il bilancio imputa al fondo associativo, cioè agli associati, una somma di euro 1.142.549,00= per perdite pregresse portate a nuovo, rappresenta, per sostanza contabile, l’importo di cui rispondono, in teoria, gli associati, per gli oneri delle perdite supposti a carico degli stessi; tuttavia e contrariamente, gli associati rispondono delle obbligazioni dell’ente solo nei limiti della quota associativa versata e non possono essere richiesti al pagamento dei debiti contratti dall’associazione da parte dei creditori di quest’ultima (Consiglio Nazionale Notariato, terzo settore).
Sinteticamente l’associazione rappresenta 521.729,00= euro di passività correnti, prevalentemente verso banche e verso erario, mentre gli associati rispondono delle perdite pregresse per euro 1.142.452,00= il tutto ammontando a quasi euro 1.700.000,00=. A questo punto, resta da capire chi pagherà, in considerazione della particolare configurazione dell’associazione, dotata di personalità giuridica ed autonomia patrimoniale, in cui gli associati, come sopra detto, al di là delle imputazioni contabili, rispondono limitatamente ai soli contributi versati, con il rischio, assai probabile, di una significativa insolvenza nei confronti dei creditori, in particolare banche e fisco.
Nell’ipotesi di continuità aziendale si deve necessariamente valutare la contenuta marginalità dei risultati economici la quale, rapportata alla serie storica anche recente, si rappresente con pesanti profili di negatività, risultando pertanto assai difficile considerare che l’associazione risolva in proprio il gravoso indebitamento, anche nell’ipotesi di un intervento di rinegoziazione e di ampliamento del mutuo, tra l’altro chirografo. Non pare, tuttavia, esistere altro percorso a condizione che la Cassa di Risparmio di Orvieto, ovvero altro Istituto, voglia sostenerlo e la TE.MA riesca ad acquisire significativi spazi di mercato, anche esterni ed estranei ad Orvieto, tali da consentire la copertura dei costi di gestione ed il rimborso della rate di mutuo.
In conclusione, l’orizzonte critico economico della TE.MA si profila assai chiaramente e la prospettata soluzione, inopportuna quanto inapplicabile di fatto, della costituzione di una azienda speciale costringerebbe alla resa fallimentare dell’associazione.
Non rimane alla TE.MA che cercare di stare sul mercato, come qualunque altro soggetto d’impresa, assumendosene i relativi rischi ed augurare, in ogni caso, ai nuovi amministratori, capitani coraggiosi, un buono e proficuo lavoro.