di Franco Raimondo Barbabella
Sui vaccini è stato detto già tutto e di più e non c’è certo bisogno della mia voce. Siccome però a proposito di vaccinazione obbligatoria vedo che persone che stimo, dopo il decreto che la rende obbligatoria, nel contestarne alla radice la legittimità culturale e politica parlano di provvedimento fascista e invocano la libertà di non vaccinare, mi sento in dovere di esprimere la mia opinione, non per convincere ma solo per un istintivo bisogno di testimonianza di etica civica.
Voglio allora ricordare che per discutere sensatamente del decreto governativo bisogna avere la pazienza di leggere il “Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019” (Pnpv), che è stato approvato in Conferenza Stato-Regioni il 19 gennaio 2017 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 febbraio successivo, perché ad esso il decreto fa riferimento. Aggiungo che esso va letto nel contesto delle politiche vaccinali europea e mondiale che vengono espressamente e documentalmente richiamate (EVAP 2015.20 e GVAP 2011.20) e comunque facilmente consultabili sul sito del Ministero della salute.
Alla base del decreto c’è dunque tutta la strategia della medicina mondiale ed europea per prevenire le malattie prevenibili in base ai risultati più aggiornati della ricerca e della tecnologia vaccinale. Certo, nemmeno rispetto a questo si deve rinunciare a farsi domande, ad approfondire e ad usare prudenza in relazione a specifiche situazioni cliniche. Niente fiducia a prescindere, pretendere informazione e documentazione è un dovere oltre che un diritto. Ma vivaddio, parlare di decisioni fasciste e invocare la libertà di non vaccinare per letture improvvisate sul web è davvero un atteggiamento mentale inaccettabile anche da parte di chi pratica la tolleranza come principio di vita.
Ma scusate, è stata fascista la legge che vieta di fumare nei locali e nei luoghi pubblici? È fascista … ecc. ecc.? E non ha insegnato niente a nessuno la storia della vaccinazione antipolio? Non è possibile che in base al principio di libertà individuale di scelta si contesti il dovere dello stato di provvedere alla salute e alla sicurezza dei suoi cittadini quando questo è un obbligo costituzionale, e si equipari la invocata libertà di non vaccinare i figli alla libertà di rifiutare le cure.
Il decreto era urgente perché si stava diffondendo una irrazionale paura dei vaccini, alimentata ad arte, oltre che per ignoranza, ciò che stava determinando una situazione di vero pericolo per la salute collettiva. Detto ciò penso si possano citare come conclusive le parole di Mentana postate l’altro ieri da Flavia Timperi: “Ma uno stato serio si appoggia alle evidenze scientifiche e ai suoi esperti, non ai risultati residuali dei motori di ricerca e agli apprendisti stregoni del web. I movimenti “no vax” vorrebbero riportare indietro la storia medica, e magari farci credere che la “furia vaccinatrice” sia un regalo ai giganti farmaceutici. Sarebbe come pretendere di avere auto senza freni, operazioni senza anestetici, strade senza lampioni per non favorire chi li produce”.
Perché sprecare altre energie per rendere evidente l’evidenza? Semmai c’è solo da registrare le conseguenze della sfiducia nella ragione e nella scienza seminata a piene mani da gran tempo e attecchita facilmente in un corpo sociale reso fragile non solo dalle insicurezze di un tempo difficile ma anche dall’idea della conoscenza senza sforzo e dell’incompetenza che premia, per cui in molti ormai si pensa di saper fare tutto e di poter comunque dire tutto senza alcuna vergogna, addirittura convinti di fare il bene di tutti, quasi si fosse in dovere di salvare il mondo dal solito complotto dei poteri forti. Non è certo colpa del web, che è solo un mezzo. Converrà riflettere sulle cause di tutto ciò e riorientarsi. Ma tutti, da subito, hanno il dovere della chiarezza, perché la partita è di quelle vere.