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Carcere di Orvieto, prove di dialogo tra il Comitato cittadino a difesa dell’Ica e il direttore Luca Sardella

Redazione by Redazione
26 Maggio 2017
in Territorio, Secondarie, Archivio notizie
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Alla luce delle azioni svolte dalle rappresentanze cittadine nei mesi precedenti e a sostegno del Progetto di Istituto Penitenziario “nella” città, il Comitato per la Difesa dell’ICA prende l’iniziativa di aprire un dialogo con la Direzione dell’Istituto allo scopo di contribuire al raggiungimento delle sue finalità. Per questo, il Comitato ha inviato al direttore del carcere Ica Luca Sardella una lettera per richiedere un incontro ufficiale. Ecco, di seguito, il testo della missiva:

Gentile Direttore,
facciamo seguito alle iniziative già intraprese sull’argomento che, come Lei sa bene, sta tanto a cuore di tutti i cittadini orvietani e le loro legali rappresentanze. Nel recente incontro con il Direttore DAP Dottor Santi Consolo sono stati ribaditi i principi essenziali verso i quali l’opera della Istituzione da Lei diretta deve ispirarsi.
Raccogliendo le numerose istanze e la volontà espressa dal Direttore DAP nella riunione pubblica tenutasi in data 9 febbraio, le associazioni scriventi hanno elaborato un Piano Proposta che intendono discutere con Lei e proporre alla attenzione delle istituzioni locali, regionali e nazionali. Riterremmo utile e saggio un confronto  con Lei, in quanto figura chiave di tutto il sistema carcerario.
Inoltre riteniamo che ogni azione debba essere ispirata al massimo senso di collaborazione e ogni iniziativa estemporanea debba essere bandita dalla programmazione delle attività e dei contatti con l’esterno, onde evitare fughe in avanti e approssimazione.
All’interno del “movimento” delle associazioni aderenti e la società civile orvietana tutta, esistono le risorse  le energie utili al raggiungimento del pieno equilibrio tra le Vostre finalità istituzionali e quelle che si possono conseguire mediante una corretta ed equilibrata collaborazione e compartecipazione previste dalla legge che sintetizziamo per comodità:

1. Interventi di inclusione sociale e/o occupazionale realizzati anche mediante lo sviluppo di iniziative di collaborazione con il territorio.
2. Interventi mirati al miglioramento della qualità della vita e/o rivolti alla promozione ed alla tutela della salute.
3. interventi di natura istruttivo formstiva e/o mirati alla promozione della cittadinanza attiva.
4. interventi di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie.
5. Altro

Al fine di costruire nella nostra città un “modello” al quale anche altre realtà possano fare riferimento ci mettiamo a Sua completa disposizione affinché tale risultato possa essere raggiunto e tanti sforzi compiuti nel tempo dalla nostra comunità e dalla amministrazione dello Stato possano non risultare vanificati.
Orvieto che è CITTÀ UNITA E SOLIDALE non permetterebbe una visione miope e restrittiva delle norme esistenti tanto che in occasione del Giubileo della Misericordia è stato rappresentato questo punto come previsto dalla Sesta Opera di Misericordia e  il rapporto eccezionale che c’è sempre stato tra la società civile orvietana e il carcere di Orvieto quale Istituto di Custodia Attenuata (ICA).

Hanno aderito alla presente richiesta di incontro: Cooperativa Quadrifoglio, COGESTA, COSARP, Confartigianato, Associazione Lea Pacini, Cooperativa Anima Lab,  Apeiron, Associazione Barzini, ARCI. Altre società ed associazioni hanno dichiarato la loro disponibilità a collaborare al progetto ICA Orvieto.

 

Di seguito, lo stralcio di uno dei progetti che il Comitato vuole proporre alla direzione del carcere:

Le.on.di.na ( Legalize onus discovery naive )
L’area di intervento specializzato nella riabilitazione del soggetto sottoposto ad esecuzione penale, richiede una lettura continuamente rimodulata delle motivazioni retrostanti alla devianza dalla norma, ed una riduzione critica delle stesse, non che dell’atto delittuoso che ha determinato la restrizione. Questo processo, da un punto di vista delle categorie antropologiche, è connotato dalla influenza di diverse forze che hanno agito canalizzando le sub-culture di riferimento dell’individuo, siano esse familiari, micro sociali dell’ambiente relativo al gruppo verso il quale egli si riconosce, ed il regime di interscambio percettivo e del senso di appartenenza, al contempo strumenti traduttivi di mondo sociale più ampio. Il soggetto, dunque, dispone di un certo corredo epistemologico della conoscenza, che si è determinato nell’ambiente di vita e nelle relazioni che ne sono state l’espressione più chiara e visibile.
Per tale motivo l’antropologia, quando si occupa di criminologia, ritiene indispensabile comprendere di quali calibrazioni potenziali l’individuo dispone affinché la sua capacità di conoscere in modo appropriato il sistema di vita e la rete di correlazioni sociali nel quale si è trovato ad agire fin dalla nascita. Tali meccanismi sono esenti da una riconoscibilità psicologista, cioè da una prospettiva per la quale il livello di performance epistemologica della conoscenza sia un fenomeno interdipendente alla condizione mentale e psicologica, in una visione riduttiva che delega all’individuo un compito che egli non può essere in grado di gestire in mancanza di una crescita del pensiero simbolico ed epistemologico, non che da una accresciuta capacità di analisi dei contesti profondi dell’azione umana.
E’ dunque probabile che il concetto di Empowerment sia declinabile e traducibile in linguaggi e significati diversi. Dal punto di vista della antropologia applicata alla criminologia riabilitativa e tratta mentale, non vi è ricorso ala piano di analisi clinico, ma a quello riabilitativo delle capacità di performance legate ad un progressivo della diversificazione e accrescimento delle potenzialità di analisi dei contesti simbolici di riferimento. Tale processo determina nel soggetto lo svelarsi di alternative idealistiche sul mondo e i meccanismi sociali che lo regolano, in grado di aumentare le possibilità dei punti di vista e della molteplicità, capaci di sottrarre l’individuo dal riduzionismo entro il quale il sistema del pensiero retrostante al delitto ha contribuito all’insorgere di una visione univoca e fortemente legata alle epistemologie ambientali primarie: sviluppare migliori attitudini nell’interpretare la prevalenza della realtà strutturale sociale.
Il progetto si divide pertanto in due distinti piani di lavoro intellettuale e di sviluppo attitudinale della meta analisi della proposta, e di empowerment inteso come capacità di incrementare le abilità nel saper sistematizzare competenze e conoscenza. Il passaggio continuo da un setting analitico ad uno prettamente simbolico, contribuisce a sollecitare parti profonde che riguardano il pensiero razionale ed il pensiero astratto. Il trattamento antropologico è significato dalla oscillazione costante tra queste due fondamentali istanze umane, messe in rapporto e condivisi nelle declinazioni regolate dalla cultura comune costituita dal riconoscimento dei patti educativi e dai modelli formativi sociali. Dal senso concettuale analitico al segno interpretativo grafico e cromatico si svolgerà il percorso che rende possibile una epistemologia della conoscenza adeguata che da una periferia essenziale, si muove verso una centralità condivisa.
Durante il percorso si procederà alla verifica di alcuni cluster di controllo: Helplessenss, cioè la difficoltà a poter ottenere aiuto, Hopelesseness, la difficoltà a nutrire speranze per il futuro, Worthlesseness, la difficoltà ad avere una buona autostima come effetto di uno scarso livellamento della capacità media di empowerment della conoscenza, Tendency to self nihiliste prophecy, la tendenza all’auto profezia nichilista, ed infine la Structural violence himself, l’esposizione di se alla violenza strutturale. Uno dei segnali che l’antropologia riconosce nella devianza penale, è il decentramento sociale in buona parte prodotto della parzialità performativa della conoscenza. Questo riallineamento si ritiene sostenibile qualora allo sforzo di un miglioramento economico, si affianchino lavori sul miglioramento della performance epistemologica della conoscenza. L’alta percentuale di recidive pongono un problema di emancipazione dalla marginalità che vada oltre l’acquisizione delle competenze dei sottosistemi scolastico e lavorativo.
Un individuo ha la necessità di un empowerment mirato al miglioramento capacitivo di inseririmento al di là del saper fare, o del sapere nozionistico. L’obbiettivo è quello di incrementare il pensiero sociale strutturale a scapito del pensiero di communitas culturale. E’lecito sostenere che il soggetto sia membro della società, ma al tempo stesso che egli creda ad una metodologia della formazione della conoscenza tale che ci induce a ritenere quanto segue: la relazione tra violazione ed episteme è parzialmente autonoma rispetto alla psicologia e parzialmente addebitabile alla mentalità culturalmente appresa dello stesso, essendo interdipendente, e correlata, ad un processo di apprendimento degli schemi procedurali che collegano capacità di analisi, e simboli di cui dispone.
Mentre la relazione tra violazione e credenza è parzialmente interna alla mentalità del soggetto, il quale manipola il significante secondo il corredo epistemico di cui è dotato, visto che la relazione tra simbolo e simbolizzazione, è la differenza che intercorre tra oggetto e definizione dello stesso. Il setting è previsto dalla presenza di n° 5/7 soggetti, animato da n°3/4 operatori si faranno carico di gestire il metodo. Sono previste periodiche verifiche dei cluster e la procedura di riconoscimento degli obbiettivi raggiunti dai singoli soggetti. Gli step complessivi, che saranno ognuno di 3 mesi, per un totale anno di n° 4 step, sono eperiti all’interno di riunioni riepilogative sul lavoro svolto, occasione per gettare le basi degli step successivi.
Il lavoro di interazione non può essere privo di una adeguata osservazione clinico criminologica, nella quale gli operatori criminologi si concentreranno sulle espressività generali del soggetto, cercando di comprenderne il mutamento, o meno, dell’insieme soggettivo e relazionale dello stesso. Alla fine del percorso i partecipanti dovranno essere in grado di saper gestire una più spiccata propensione alla lettura analitica dei contesti, una migliorata capacità di ridimensionare il ruolo dei miti e dei riti sociali sub-culturali, e dovranno aver acquisito un livello di empatia ed integrazione con la struttura sociale, essendo più in grado di comprenderla nel suo complesso reticolare relazionale, in particolare sviluppandone autonomamente i meccanismi di empatia e riconoscimento reciproco.
Tali acquisizioni performative dovranno essere monitorate in collaborazione con le professionalità interne all’istituzione, con le quali sono previsti incontri e scambi di prospettive reciproci, allo scopo di costruire una fitta rete osservativa e collaborativa, capace di ridurre al minimo la dispersione di risorse progettuali destinate agli utenti. Al termine dell’anno, ai partecipanti, qualora abbiano raggiunto un soddisfacente livello epistemologico, verrà riconosciuta una carriera in tal senso, condizione-obbiettivo che è pensabile utilizzare attivamente nei setting degli anni successivi.

Massimo Montaldi – Vicepresidente Associazione Apeiron Copter
(Criminologi operatori penitenziari nel trattamento e nella riabilitazione)

 

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