ORVIETO – Sulla scia della “Giornata della salute unica e globale”, che ha inaugurato lo scorso 11 maggio il denso programma di attività scientifiche e formative del CE.R.S.AL. – Centro di Ricerca e formazione per la Salute unica e l’Alimentazione, ha preso il via ieri il Corso sulla “Salute globale tra disuguaglianze e nuove frontiere”.
Si tratta di un evento ECM (Educazione Continua in Medicina) organizzato dall’Azienda USL Umbria 2 ed articolato in tre incontri residenziali di sette ore ciascuno per un totale di ventuno ore di formazione presso l’Aula Magna della Fondazione per il Centro Studi “Città di Orvieto” a Palazzo Negroni.
Al corso, che ha come obiettivo quello di fornire le conoscenze e le competenze necessarie ad acquisire una visione più ampia di salute sulla base degli approcci integrati di ricerca ed azione propri della One Health e della Global Health, partecipano trenta operatori del Dipartimento di Prevenzione e di tutte le professioni sanitarie e tecniche che si occupano di promozione della salute.
Il primo incontro ha condotto i corsisti nel vivo della materia, tentando di rispondere al quesito “Cos’è la salute oggi? La salute ed i suoi determinanti in un mondo globale”. Marianna Parisotto, ricercatrice del Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale ed Interculturale – Università degli Studi di Bologna, e Riccardo Casadei, ricercatore del CeSPES – Centro Sperimentale per la Promozione della Salute e l’Educazione Sanitaria – Università degli Studi di Perugia, hanno trattato de “La salute, i determinanti sociali e le disuguaglianze: cosa sta alla base dei processi di salute e malattia”. Nella sessione pomeridiana, la Professoressa Margherita Giannoni, del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Perugia, si è soffermata sul “Focus salute e mercato”.
“Il nuovo volto delle epidemie di origine alimentare come riflesso della globalizzazione del mercato alimentare” è stato presentato nella lezione conclusiva svolta da Gaia Scavia, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il corso proseguirà nella giornata di giovedì 25 maggio su “La migrazione e le sue implicazioni. Migrazioni: storia, normativa, epidemiologia e cooperazione” con le lezioni di Alessandro Rinaldi, Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, e Mattia Viano, Comitato Collaborazione Medica di Torino.
Il terzo ed ultimo incontro, in calendario l’8 giugno, verterà su “Le malattie emergenti. La One Health come approccio interdisciplinare alla salute”. Le ricercatrici dell’Istituto Superiore di Sanità Laura Mancini, Samantha Pegoraro e Caterina Rizzo tratteranno di “Cambiamenti climatici e salute”, mentre la lezione conclusiva su “Malattie da vettori e zoonosi: la medicina umana incontra la medicina veterinaria” sarà affidata a Gioia Capelli, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
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La prima giornata di formazione è stata aperta dal Dr. Riccardo Casadei e dalla Dr.ssa Marianna Parisotto che hanno introdotto i partecipanti al tema delle disuguaglianze e dei determinati di salute. Le disuguaglianze rappresentano delle differenze evitabili e quindi ingiuste tra le persone e costituiscono un problema fondamentale per la salute, come richiamato nella fondamentale Dichiarazione di Alma Ata del 1978. Partendo dalla lettura di una ricerca di Marra, Migliari e Costa (2015) sul tema delle differenze sociali nell’alimentazione in Italia prima e durante la crisi, si è sviluppata un’importante riflessione sugli esiti dello studio che ha consentito di riscontrare disuguaglianze sociali nella prevalenza delle abitudini alimentari scorrette, in particolare tra i meno istruiti, quali, ad esempio, un consumo eccessivo di carne, carboidrati, alimenti ricchi di sale, e tra abitanti di zone diverse geograficamente, come evidenziato da un consumo eccessivo di carni, grassi e carboidrati nel Nord-Ovest, ed un minor consumo di frutta e verdura nel Sud.
Il Dr. Casadei ha riportato una serie di ricerche ed informazioni che hanno consentito di comprendere come il fenomeno delle disuguaglianze sia relativo non solo alle differenze tra nazioni, ma anche alle stesse città. L’aspettativa di vita per i nati nel 2014 infatti mostra un significativo divario tra nazioni come il Giappone, in cui si attesta a 82 anni, e lo Swaziland sui 39 anni. Nel giugno 2015 inoltre il tema delle disuguaglianze nell’aspettativa di vita in Italia era stato anche oggetto di notizia sui quotidiani, grazie allo studio del Prof. Giuseppe Costa che, confrontando certi isolati di Torino, individuò come da un estremo all’altro della città la differenza nell’aspettativa di vita tra i più fortunati ed i più sfortunati arrivava a quattro anni. Ma non è solo la zona di residenza a determinare le disuguaglianze. Agiscono infatti anche altri fattori quali l’istruzione, la classe occupazionale, anche se il fattore reddito appare come il più importante determinante di disuguaglianze in salute.
In tal senso, la proposta del Dr. Casadei è quella di lavorare sull’equità e non sull’uguaglianza, ed anche tentare il più possibile di ridurre le barriere sociali che determinano le disuguaglianze.
La Dr.ssa Parisotto ha sottolineato l’importanza di considerare il contesto in tutti gli interventi di promozione della salute, ponendo al centro il nodo della distribuzione ineguale del potere. In particolare, ciò porta a riflettere sull’importanza della progettazione partecipata e del coinvolgimento di tutti i portatori d’interesse alla definizione di strategie volte al miglioramento delle condizioni di vita ed alla riduzione delle disuguaglianze. In tal senso, appare fondamentale acquisire un’ottica di complessità che non si ponga in un’accezione riduzionista delle problematiche sociali che sono molto più articolate di quanto sembra.
La Prof.ssa Margherita Giannoni ha proposto una valutazione delle politiche economiche delle varie nazioni a seguito della crisi. In particolare, si è fatto riferimento alle politiche di razionalizzazione dei Paesi del Nord Europa che hanno consentito una più rapida uscita dalla crisi. È importante, però, che tali operazioni procedano non solo nell’ottica dell’efficienza, ma anche con l’obiettivo di non creare ulteriore iniquità. La Prof. Giannoni ha riportato l’attenzione alle disuguaglianze di reddito quali determinanti principali di salute, sottolineando che gli attuali dati forniscono un’immagine che sottostima il fenomeno rispetto al reale, ma che soprattutto tale disparità nel reddito è in gran parte legata al mondo del lavoro ed in particolare alla cosiddetta “invidia sociale”.
Le politiche migliori per abbattere le disuguaglianze sono state portate avanti dai Paesi del Nord Europa, che hanno tentato un’azione sulla distribuzione del reddito prima della tassazione, e dal Giappone che, invece, ha messo in campo alcune strategie per evitare che si crei divario di reddito prima della tassazione.
Uno dei problemi principali per l’Italia inoltre è emerso dopo l’istituzione della decentralizzazione fiscale della gestione della spesa sanitaria a livello regionale che ha incrementato le disuguaglianze tra le regioni stesse. Inoltre, i sistemi di tassazione locale, le imposte indirette e le modalità di finanziamento della spesa sanitaria basate su pagamenti diretti delle famiglie appaiono come promotori di iniquità. In tal senso, però, esistono tutta una serie di misure volte a rendere più equi i sistemi caratterizzati da iniquità. Viste queste considerazioni, appare molto importante la scelta di utilizzare un indicatore per aggiustare le stime del PIL in funzione dei determinanti di salute e dei fattori di disuguaglianza, come realizzato con l’introduzione del Better Life Index dell’OCSE, che cerca di quantificare la qualità della vita attraverso la misurazione di 11 variabili diverse: dalla casa al reddito, dall’educazione alla salute, dalla qualità dell’ambiente al lavoro, dalla sicurezza al coinvolgimento civico.
La Dr.ssa Gaia Scavia ha presentato invece alcuni casi paradigmatici relativi all’impatto a livello globale delle malattie a trasmissione alimentare, con riferimento ad una serie di epidemie: quella di Escherichia Coli avvenuta nel 2011 in Germania che conta 3842 casi e 53 decessi; quella di Epatite A in Italia nel 2013/2014 che conta 1438 casi solo a livello nazionale; quella di Listeria negli USA nel 2016 e quella di Escherichia Coli tra Romania ed Italia nel 2016. In tutti casi ha avuto un ruolo determinate la rete di allerta comunitario rapido RASFF, istituito per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi, e il lavoro di tracciabilità che ha consentito di comprendere a quale livello della catena alimentare è avvenuta la contaminazione. Quanto più a monte della catena avviene la contaminazione, tanto maggiore è il rischio di produrre effetti dannosi per i consumatori. Un altro fattore di complessità è anche legato alla sempre maggiore tendenza all’importazione di molti prodotti ed in tal senso appare cruciale il ruolo di nazioni che rappresentano degli importanti nodi di produzione o di commercio dei prodotti alimentari. Il maggior numero di RASFF ad oggi deriva dai Paesi asiatici, quali ad esempio Cina ed India, ma anche dall’Italia o dal Brasile, in quanto questi Paesi hanno un importante ruolo di produzione e quindi le probabilità di problematiche di contaminazione alimentare sono maggiori.