“Si è celebrata martedì 14 marzo la prima edizione della Giornata del Paesaggio pubblicizzata dalla campagna social #paesaggioitaliano andata in onda sulle reti Rai. In una nota diffusa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si legge che «la tutela del Paesaggio e la memoria storica costituiscono valori culturali essenziali per uno sviluppo consapevole del territorio». Peccato che la realtà quotidiana ci offre uno spaccato dell’Italia ben differente.
Lo stesso paesaggio a cui si è scelto di dedicare una giornata è offeso, deturpato e svilito con costanza indefessa. Perfino fra il 2008 e il 2013, negli anni più neri della crisi recente, molte città grandi e piccole hanno divorato ettari di suolo: 45 ettari al giorno, secondo i dati ufficiali Istat. E questo riguarda più o meno tutte le Regioni del nostro Paese diventando-come ricorda recentemente Michele Mauri- “solo lo sfondo di tragedie, consumate o scampate, o lo spunto di giornate inutili, puntellate di hashtag”.
L’altopiano vulcanico dell’Alfina costituisce un territorio ricco di risorse non solo per la Regione Umbria ma anche per la Regione Lazio. Infatti in esso sono presenti acque sotterrane utilizzate sia in Umbria che nel Lazio a scopo idropotabile, che alimentano sorgenti, pozzi e anche il lago di Bolsena da tenere in considerazione prioritaria in un periodo caratterizzato da sempre più frequenti fenomeni di siccità; la morfologia dei luoghi caratterizza un paesaggio tipico di un altopiano vulcanico, ricco di siti storico-archeologici, di ambiti turistico ricettivi, di un’agricoltura assistita da un suolo fertile che consente prodotti tipici locali di alta qualità; tutto quanto sopra rappresenta sicuramente un’ insieme di risorse economiche ed ecologiche da salvaguardare e da valorizzare.
Non solo, ma l’Altopiano dell’Alfina è oggi l’ultimo bene ambientale dell’Orvietano con le caratteristiche adatte ad un’offerta turistica articolata ed appetibile (oltre che a colture di qualità), tale da invogliare la domanda turistica, già molto interessante, a permanenze più significative (l’attrazione “Monte Peglia”, è ormai sede di innumerevoli ripetitori e, di conseguenza, fonte di ingente inquinamento elettromagnetico, mentre il bene “Calanchi, nonostante la loro appartenenza a concrezioni sottoposte a tutela ambientale, è oggi sede di una annosa discarica). In un momento in cui da più parti si sta finalmente assumendo il turismo come vettore di traino dell’economia del territorio l’altopiano dell’Alfina può essere il luogo dell’offerta di eventi, della qualità delle strutture, ma anche e forse principalmente, dell’offerta di pacchetti di fruizione naturalistico-ambientale che doni esperienze di qualità di vita rurale e cultura tradizionale.
Il tema della tutela e valorizzazione dell’altopiano dell’Alfina ha interessato il Coordinamento delle associazioni Orvietane sin dal suo nascere (2008), allora come antidoto alla proliferazione delle cave di basalto. Per altopiano dell’Alfina intendiamo i suoi confini geologici che comprendono i comuni umbri di Orvieto, Porano, Castel Giorgio e Castel Viscardo e quelli laziali di Acquapendente, Bolsena, Proceno e San Lorenzo Nuovo. Ne seguì una possibilità nel 2009 di addivenire ad un “patto per l’Alfina”, secondo la definizione che ne diede il dr. Endro Martini, ora a capo dell’Alta Scuola, ma le elezioni amministrative scompaginarono i protagonisti istituzionali. Seguirono anche altre iniziative, con successo questa volta, di vincolo paesaggistico nell’area di Torre Alfina, come allargamento del vincolo della “Riserva di Monte Rufeno”, ma il tema centrale resta.
Esso si è recentemente riaffacciato con la esplosione delle “colture intensive” a castagni e nocciole, che ha visto sorgere comitati ed azioni di giusto contrasto alla distruzione che tale andazzo porta con sé. Recinzioni invasive, monoculture che scacciano il mosaico paesaggistico dei soprassuoli, ma il cui uso di fitofarmaci –se non vietato, con la riconversione al biologico- rischiano di importare sull’altopiano dell’Alfina le gravi attuali problematiche del Lago di Vico e dell’approvvigionamento delle acque ad uso potabile per i comuni di Caprarola e Ronciglione-i giorni scorsi all’attenzione del Ministero della Salute- contro cui le popolazioni da tempo stanno manifestando contro una situazione ormai insostenibile.
Evidenziando la necessità di un rapido abbandono dell’agricoltura intensiva e chimica in favore di una agricoltura più sana, naturale, ecologica, rispettosa cioè della composizione e della vitalità dei suoli, della biodiversità e non asservita alle monocolture, che non inquini l’aria, l’acqua e quindi il cibo; una agricoltura che sappia riappropriarsi delle conoscenze e dei saperi acquisiti nel corso dei millenni di storia umana, ricominciando a produrre rispettando i naturali i cicli della terra e insieme la dignità del lavoro, tutelando così l’ambiente e la salute di tutti a cominciare proprio da quella degli agricoltori e delle loro famiglie.
D’altro canto non possiamo fare una giusta battaglia- in cui i comuni dell’altopiano sono impegnati – contro il mercurio proveniente dalla Toscana e tollerare l’inquinamento da pesticidi delle monoculture di noccioleti e castagni!
E’ una occasione per fare una battaglia in cui vengano salvaguardati i paesaggi rurali tradizionali; vengano incentivati quegli agricoltori che realmente utilizzano pratiche agricole favorevoli all’ambiente e alla biodiversità; non vengano pagati sussidi agli agricoltori che provocano danni ambientali; vengano aumentati i fondi a disposizione degli agricoltori che gestiscono in tutto o in parte le loro aziende per incrementare la biodiversità; venga efficacemente sostenuto uno sviluppo delle comunità rurali responsabile e compatibile con l’ambiente.
La nostra preoccupazione è dovuta anche alla difficoltà con cui il Comune di Orvieto (le azioni messe in atto recentemente, a due anni di distanza dalle prime segnalazioni, non sono significative) sembra seguire la vicenda della trasformazione dell’area Quattro Strade San Quirico, benché ricompresa nei confini del Parco Culturale dell’Alfina, in un’estesa cultura intensiva.
Il “Parco Culturale”, che nel 2010 fu definito in risposta alla vicenda della cava di Benano e che da allora è inserito nel PRG del Comune di Orvieto, quale forma di tutela e valorizzazione dell’altopiano dell’Alfina, è ancora oggi privo del previsto “Studio Unitario” che richiediamo venga predisposto al più presto, anche se, in attesa, il PRG fornisce delle prescrizioni tese alla salvaguardia, al rispetto e la valorizzazione di questo territorio. Anche perché contemporaneamente con il “Contratto di Fiume Paglia” l’altopiano sarà soggetto a partire dai prossimi mesi– per reagire finalmente al continuo diffondersi del dissesto idrogeologico, alla carenza di manutenzione, all’abbandono dei territori montani ed all’assenza di politiche integrate di sviluppo- a progetti di valorizzazione che guardino alla prevenzione del dissesto idrogeologico, la manutenzione straordinaria e ordinaria del territorio, l’implementazione del ruolo ambientale dell’agricoltura, la gestione di aree naturali e protette compresi boschi e foreste, la realizzazione di aree produttive ecologiche, il corretto uso del suolo, la tutela integrata dell’ambiente e della qualità delle risorse idriche con la mitigazione del rischio idrogeologico al fine di perseguire nuovi modelli di sviluppo locale, favorendo anche la fruizione degli spazi fluviali per riguadagnare un rapporto più autentico tra le popolazioni rivierasche e il fiume che attraversa i loro territori. Partiamo da Orvieto e dai Comuni, anche laziali, che aderiranno al “Contratto di Fiume” ma è certo che il nostro obiettivo rimane la tutela e la valorizzazione dell’intero altopiano, pure se non escludiamo articolazioni territoriali, anche in tempi diversi”.
Coordinamento Associazioni Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena:
Amelia Belli, Associazione Accademia Kronos-sezione di Orvieto, Orvieto; Filippo Belisario, Associazione WWF – sezione di Orvieto, Orvieto; Lucio Riccetti, Associazione Italia Nostra- sezione di Orvieto, Orvieto; Rita Favero, Comitato Interregionale Salvaguardia Alfina (CISA), Orvieto; Mauro Corba, Associazione Altra Città, Orvieto; Anna Puglisi, Associazione La Renara per l’Eco sviluppo del territorio, Castel Giorgio; Fausto Carotenuto, Comitato Difesa Salute e Territorio di Castel Giorgio, C. Giorgio; Annalisa Rohrwacher, Comitato di Castel Giorgio in massa contro la biomassa, C. Giorgio; Donato Borri, Comitato garanzie per la centrale a biomasse a Castel Viscardo, C. Viscardo; Marco Carbonara, Associazione sviluppo sostenibile e salvaguardia Alfina, Acquapendente; Piero Bruni, Associazione lago di Bolsena, Bolsena; Stefano Ronci, Comitato tutela e valorizzazione Valli Chiani e Migliari, Ficulle