Con chi ce la prendiamo quando cambia il mondo?
di Franco Raimondo Barbabella
C’è una pretesa degli esseri umani che supera tutte le altre, quella che tutto resti com’è stato trovato quando siamo arrivati noi e come, avendolo sperimentato, è rimasto fissato nella nostra memoria. Con la conseguenza che, pur vedendo che il mondo cambia, il più delle volte non riusciamo a capire né il come né il perché del cambiamento e soprattutto non riusciamo ad accettarne la novità.
È ben vero che l’idea che nel mondo mai nulla cambia ha un’origine antica, e basti per questo l’Ecclesiaste (1,10): “Ciò che è stato sarà/ e ciò che si è fatto si rifarà;/ non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Un’idea che resterà viva lungo i secoli fino ai nostri giorni e che avevano di sicuro in mente anche molti tra i maestri del pensiero politico moderno, ad esempio Machiavelli e Guicciardini, i quali però, più determinato l’uno e più scettico l’altro, sapevano anche che gli uomini devono attrezzarsi se vogliono pararsi per il possibile dai colpi della Fortuna. Sembra che la maggioranza degli esseri umani oggi abbia perduto perfino questa elementare consapevolezza.
Già, perché appunto, che lo si voglia o no, sempre tutto cambia. Pánta rêi, diceva già l’eracliteo Cratilo, cinque secoli prima di Cristo. Magari ci sono periodi più o meno lunghi in cui tutto appare stabile, per poi però cambiare rapidamente e radicalmente, per cause naturali o umane o per entrambe. Sono i momenti di crisi generale, crisi d’epoca, in cui chi non è attrezzato perde colpi, va ai margini e scompare o diventa comunque insignificante. Accade agli individui, alle famiglie, alle città e ai popoli.
Ho l’impressione che il tempo che viviamo sia uno di questi momenti della storia in cui tutto cambia con una rapidità che spiazza anche le persone più avvertite. E colpisce che chi non si sente o in effetti non è attrezzato a fronteggiare le novità, invece di reagire e darsi da fare per cambiare e recuperare, tenda a rifugiarsi o nella nostalgia del bel tempo che fu o nel puro lamento oppure se la prenda con qualcosa o qualcuno in funzione di capro espiatorio delle proprie difficoltà.
Dal canto loro i professionisti della politica che non hanno preparazione adeguata o che hanno la vocazione all’inganno scaricano su soggetti particolari o su concetti e fenomeni generali la loro incapacità a dare risposte ai nuovi problemi. Classico il caso della globalizzazione, che dice tutto e nel contempo niente, essendo solo un fenomeno di fatto e di lungo periodo non determinato né determinabile da qualcuno in particolare.
In questa parte del mondo in cui c’è un coro di lamentosi oppositori di fantasmi ci sono però anche delle eccezioni. Sono i portatori sani di pensiero razionale, che fanno rumore perché appunto fanno eccezione. Ad esempio fa eccezione Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl che, intervistato da Luigi Chiarello su Italia Oggi, dice: “Essere contro la globalizzazione è come arrabbiarsi quando piove. Il sindacato profeta di sventura è attraente mediaticamente, ma inutile, anzi dannoso per i lavoratori. Quel sindacato ha inventato la favoletta dei «diritti acquisiti», buona solo a giustificare un dualismo sempre più marcato tra le generazioni”. Detto da un sindacalista, per di più dei metalmeccanici, colpisce. Avrà vita facile, tra i tanti che quando non si arrabbiano con la pioggia si esercitano ad inventare favolette?
Quando si parla dei nostri problemi contingenti viene sempre fuori la globalizzazione. In effetti, una potenza demografica, militare ed economica enorme come la Cina ha invaso il mondo coi suoi prodotti, in un primo tempo scadenti e poi via via sempre più simili a quelli occidentali; però sempre a basso costo, dovuto alla capacità organizzativa, la laboriosità, la parsimonia e lo spirito di sacrificio della popolazione cinese. È una lotta impari perché la Cina, molto larga nell’importare, è stretta nell’importare e, soprattutto, non lascia spazio a investimenti stranieri in Cina che equilibrino quelli cinesi nel resto del mondo. Chi ha votato Trump e chi è attratto dai vari populismi, sente il fiato sul collo di questa invadenza della Cina, ma, intimamente consapevole che si tratta di una lotta impari, se la prende coi poveri che cercano di sopravvivere cercando di raggiungere in qualsiasi modo i Paesi occidentali, dei quali i mezzi di comunicazione mostrano a tutto il mondo l’opulenza, ma anche le debolezze. Così negli Stati Uniti si sfogano sui messicani, in Europa sugli africani e sui medio-orientali. Intanto, per ogni accattone di colore che cerca di sbarcare il lunario importunandoci mentre passeggiamo per le vie delle nostre città, si muovono come formiche decine di cinesi che producono, importano e commerciano, e operano altresì, meno insidiosi, indiani, pachistani e bengalesi. Situazioni meno pericolose scatenavano, fino a qualche tempo fa, guerre locali e planetarie. Ma l’invenzione delle bombe nucleari costringe gli Stati a non tirare troppo la corda e a ricorrere alla politica per rimediare agli inconvenienti contemporanei. Perciò cerchiamo di non distrarci e di incoraggiare quei pensatori, quegli statisti e persino quei sindacalisti che hanno il coraggio di parlare chiaro. Sarà dura, perché non è stato ancora inventato un vaccino contro la demagogia.
Nell’anno che verrà si prospetta una grande coalizione contro Grillo
di Pier Luigi Leoni
Al di fuori della classe politica, che segue la propria logica intesa a mantenere e consolidare il potere, o a conquistarlo, c’è la massa degli Italiani che non hanno aspirazioni di potere, ma che vorrebbero che il potere soddisfacesse i loro interessi. Questi Italiani si sono attestati su due principali posizioni che non possono dialogare tra loro: vi è chi è affascinato dalla prospettiva di una nuova Italia ripulita e moralizzata dal Movimento 5 Stelle e chi non riesce a sopportare il modo beffardo con cui Beppe Grillo, fondatore e capo del movimento, insulta ossessivamente tutta la classe politica concorrente. Se si tiene conto dei sondaggi di opinione, considerando anche coloro che preferiscono astenersi, meno di un quinto degli Italiani sono schierati con Grillo. Ma i grillini sono presi da un entusiasmo che i non illuminati dal verbo di Grillo considerano fanatico e temono fortemente. Gli avversari politici di Grillo sembrano aver capito la situazione e sfruttano l’intransigenza moralistica del M5S, che rifiuta ogni ipotesi di alleanza per non fare la fine che, nel dopoguerra, fece il Movimento dell’Uomo Qualunque. Perciò, con l’aiuto della Corte Costituzionale, ci stanno portando verso un sistema elettorale proporzionale (o quasi) che impaluderà il parlamento, già appesantito da un bicameralismo pletorico, ma isolerà i grillini. La paura del M5S sarà verosimilmente il collante per riattivare le riforme della costituzione e della legge elettorale evitando la catastrofe del sistema. Catastrofe che solo pochi nostalgici delle lugubri ideologie novecentesche possono desiderare.
Questa interpretazione della nostra attuale vicenda nazionale può darsi che sia la più vicina alla realtà, ma a me sinceramente appare troppo schematica. Anzitutto credo che, più che essere schierata con Grillo o contro Grillo, la gran parte degli italiani sia letteralmente stufa di non vedere una prospettiva convincente di superamento della crisi di sistema che si trascina ormai da tanto tempo. E molti, per questo e anche per storiche connotazioni dei comportamenti di massa, sono disposti ad abbracciare chi è più bravo a proporre soluzioni facili. Ma ci sono anche molti che nonostante tutto cercano di ragionare, oltre ad altri attaccati al modo tradizionale di fare politica.
Alla prova delle decisioni di voto perciò non ci sarà da stare solo con o contro Grillo, ma ci saranno diverse altre opzioni, se efficaci e adeguate sarà poi tutto da vedere. Il sistema elettorale però penso anch’io che sarà di tipo proporzionale, ciò che consentirà una notevole mobilità politica, più accentuata di quella attuale. Tutti contro Grillo? Io spero tutti contro il degrado, di cui il grillismo è un aspetto, ma solo un aspetto.
La questione seria è la rinascita del Paese, il funzionamento delle istituzioni e della democrazia. Per cui, come dico da tempo, il tema dei temi è l’affermazione di una classe dirigente sì moralmente inattaccabile, ma soprattutto capace, seria, lungimirante, operativa, non demagogica, dedita al bene comune. Non mi pare una soluzione a portata di mano. Se però la scelta sarà con o contro Grillo, credo che saremo perduti, perché vorrà dire che il popolo ha messo da parte la sfida della rinascita e, in linea con l’esperienza passata, ha ritenuto più conveniente tirare a campare, disposto anche a provare di nuovo il brivido dell’avventura.