ORVIETO – Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo. #NonUnaDiMeno #LottoMarzo: questo è lo slogan scelto per la giornata internazionale della donna; quest’anno il tema topico è il rifiuto della violenza maschile contro le donne, in tutte le sue forme: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo e transfobia. Ad Orvieto per l’8 marzo il Centro Antiviolenza “L’Albero di Antonia” organizza un presidio a Piazza della Repubblica, alle ore 17.00, con il sostegno delle altre associazioni cittadine, in adesione allo sciopero globale con altri 40 Paesi nel mondo.
Dopo l’imponente manifestazione dello scorso 26 novembre a Roma, la rinnovata e grande mobilitazione femminista nazionale, denominata Non Una Di Meno, utilizza lo strumento dello sciopero con l’appoggio di molte sigle sindacali per garantire un’astensione reale dal lavoro produttivo e riproduttivo e il coinvolgimento delle donne dentro e fuori i luoghi i lavoro; hanno proclamato lo sciopero Usb, Usi, Usi-Ait, Slai Cobas per il sindacato di Classe, Cobas, Confederazione dei Comitati di Base, Sial Cobas, Sgb, Flc Cgil. La Cgil dell’Umbria aderisce invece alle varie manifestazioni territoriali organizzate dai centri antiviolenza e dalle associazioni femministe.
L’invito è fermarsi a scioperare e ritrovarsi in tante città d’Italia, donne e uomini con il proprio impegno civile e politico, fuori dall’indifferenza sociale e maschilista di chi pensa che il problema non li riguardi e diventa cosi complice degli uomini che agiscono violenza.
Le tante associazioni femministe che si sono unite nel movimento Non Una Di Meno, tra cui la Rete nazionale dei Centri Antiviolenza D.i.Re. di cui fa parte L’Albero di Antonia, stanno lavorando ad un piano nazionale femminista antiviolenza, come proposta ulteriore al piano emergenziale e di ordine pubblico del governo; non sarà sufficiente ad invertire la rotta neanche il disegno di legge per l?inasprimento delle pene per gli autori dei femminicidi.
I centri antiviolenza, che non sono e non devono diventare servizi assistenziali marginali, sono pochi e finanziati a singhiozzo; qualche Centro autonomo chiude perché non riesce ad accedere ai bandi, mentre la Rete dei servizi pubblici è depotenziata e bisognosa di specifica formazione sulla violenza di genere. In Italia gli interventi sono ancora inadeguati e insufficienti a quanto accade: un femminicidio ogni 2-3 gg, affidamenti congiunti dei minori anche a padri violenti, assegni di mantenimento per i minori troppo spesso non versati dai padri, troppe denunce di maltrattamento archiviate e pochi provvedimenti di allontanamento presi; nei media emerge solo la punta dell’iceberg.
E’ di questi giorni la condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani, la prima in Europa per violenza domestica, sulla mancata protezione e lentezza negli interventi in un caso di tentato femminicidio della donna e uccisione del figlio, avvenuto nel 2013:
http://www.ansa.it/lifestyle/notizie/societa/famiglia/2017/03/02/violenza-donne-la-corte-di-strasburgo-condanna-litalia-_4030de03-79f4-4013-8f3e-cc9e08bf6a0e.html .
Il primo passo per contrastare e eliminare la violenza di genere è applicare le leggi che già esistono. Il problema è che non vengono applicate. Se la violenza non viene riconosciuta e ritenuta abbastanza grave, persino in presenza di referti e ripetute denunce, siamo in presenza di una forma di discriminazione nei confronti delle donne e di una violazione dei diritti umani.
Per trasformare radicalmente la cultura patriarcale e maschilista, le relazioni di potere fra i generi e i modelli stereotipati di femminilità e maschilità, gli interventi mirati dovrebbero spaziare in ogni strato sociale ed ogni luogo, dalle case ai posti di lavoro, dagli ospedali alle scuole e all’università, dai media alle frontiere, dalla magistratura ai servizi sociali, alle forze dell’ordine.
Tutt* in piazza con il movimento #NonUnaDiMeno!
http://alberodiantonia.org/ https://nonunadimeno.wordpress.com/
fb: @alberodiantonia51 – @DireDonneinReteControLaViolenza – @nonunadimeno