di Valeria Cioccolo
Sono 116 solo nell’ultimo anno le donne vittime di femminicidio in Italia. Ed è solo la punta di un iceberg, perchè gli episodi di violenza fisica, psicologica, economica che le donne subiscono sono migliaia ogni anno, atti perpetrati spesso in famiglia, inferti dal proprio partner, o da un ex. È una questione delicata, a volte silenziosa, perchè chi è vittima tende spesso a nascondersi, o per vergogna, o per paura di dover comunque continuare a vivere e lavorare in un luogo che diventa esso stesso “nemico”.
Per questo, spesso, per una donna vittima di violenza, rivolgersi a una struttura distante da casa sua, rappresenta la scelta più adatta per sentirsi realmente “libera” da ogni condizionamento. Rete Famiglia, conoscendo molto bene queste dinamiche, si appoggia infatti anche ad altre strutture cercando di dare un appoggio a 360 gradi soprattutto a quelle persone che, per paura o per vergogna, stando in un piccolo centro come Orvieto, preferiscono non parlarne con nessuno.
Abbiamo affrontato l’argomento con Laura Gentile, che da diversi anni presta servizio come volontaria in un centro antiviolenza di Roma gestito dall’associazione Differenza Donna ONG (http://www.differenzadonna.org/). Al centro vengono accolte e ospitate donne di ogni paese cultura e religione e attivati diversi interventi per condurre, chi ha subito violenza, verso la riscoperta della propria identità, del proprio valore, delle proprie competenze e costruire il proprio nuovo progetto di vita.
La violenza sulle donne, la conosciamo tutti ormai eppure, nonostante le campagne di sensibilizzazione, il fenomeno sembra ancora lontano dall’essere arginato. Puoi descriverci di fronte a quali casi il centro si trova?
I casi di violenza maschile sulle donne sono sempre tantissimi, solo il nostro Centro a Roma accoglie ogni anno circa 600 donne: è un numero impressionante, soprattutto se consideriamo il fatto che in tutta Italia solo il 5% delle donne vittime di violenza si rivolge ad un Centro o sportello antiviolenza e poco meno del 12 % alle forze dell’ordine.
Perché pensi che sia ancora un fenomeno così diffuso? Quali le cause, le istituzioni potrebbero fare di più?
La violenza maschile sulle donne non conosce limiti di età, estrazione sociale, origine etnica o religiosa: è un fattore culturale altamente diffuso in ogni fascia della popolazione, frutto di una asimmetria, una disuguaglianza tra i sessi a livello sociale e politico. È la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna, che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla loro discriminazione.
Proprio perché questione culturale e strutturale, ogni istituzione, così come ogni persona, ha la responsabilità di attivare un cambiamento in questo sistema: dall’utilizzo di un linguaggio rispettoso delle diversità ai numerosi interventi da attivare per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne, dal potenziamento delle risorse messe a disposizione al monitoraggio del fenomeno. Purtroppo si ritiene spesso che sia una questione che riguarda solo le donne e invece riguarda tutte e tutti, l’intera società, il modo di costruire le relazioni tra le persone…
Che succede quando una donna arriva da voi? come viene aiutata? Puoi farci qualche esempio?
Il primo contatto avviene di solito telefonicamente: la donna chiama per chiedere aiuto o informazioni. Noi fissiamo un primo colloquio – in cui spieghiamo chi siamo, cosa facciamo – che ci aiuta a capire il tipo di sostegno che possiamo attivare insieme alla donna: nulla viene fatto senza la sua volontà. Se vogliamo schematizzarlo, il percorso che attiviamo è duplice: da una parte cerchiamo di capire quali possano essere le esigenze immediate e concrete, se ha bisogno di ospitalità o di assistenza legale, sanitaria, o scolastica per i figlie e le figlie e cerchiamo, con lei, di rispondere a queste; dall’altra, ed è la più importante, proponiamo alla donna di fare un percorso di rilettura del proprio vissuto personale in una chiave socio-politica, attraverso una serie di colloqui mirati con le operatrici del centro, tutte donne formate per avviare questo tipo di intervento.
Secondo noi questo è un passaggio importantissimo per le donne perché solo riconoscendo come la propria esperienza sia il frutto di una questione sociale complessa, in cui l’uomo maltrattante non è un soggetto malato o preso da un raptus di gelosia o possessività (come spesso vengono descritti nei media mainstream) ma un uomo che ha deciso di agire violenza in virtù della disparità di potere di cui parlavo, solo con questo tipo di percorso, dicevo, le donne possono in primo luogo riconoscersi con le altre donne, tutte immerse nella stessa cultura, e successivamente ricentrarsi, riconoscere quali sono le proprie possibilità, le proprie capacità, i propri desideri e sulla base di questi, riorganizzare il proprio futuro.
Rete Famiglia Centro di Ascolto: contatto e-mail: retefamigliaorvieto@gmail.com; oppure ci si può recare personalmente alla Sede che si trova a Orvieto in via Soliana 1/A (tra Piazza Marconi e il Duomo) il martedì mattina dalle 9.00 alle 11.30 e nel medesimo orario l’ultimo sabato del mese; oppure il giovedì pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00; si può anche telefonare al n. 0763/395010 negli orari di apertura.