di Dante Freddi
« 1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
2. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero. » legge 30 marzo 2004 n. 92
Questo è quanto voglio ricordare il giorno 10 febbraio, perché non si perda la memoria di un periodo che ha una precisa collocazione storica e geografica: voglio ricordare « gli infoibati dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, Dalmazia e nelle province dell’attuale confine orientale e (… ) anche gli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati».
La possibilità di approfondire lo studio storico di quegli anni di morte e di lotta, in cui i grigi e i neri dell’animo e dei comportamenti umani si alternarono e sovrapposero, è certamente legittimo, quando non offende la memoria a cui mi sento chiamato e minimizza il valore del ricordo.