di Claudio Bizzarri
Il nostro territorio, quello del PAAO (Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano) è ben rappresentato al convegno dell’Archaeological Institute of America che parte, con quattro giorni fitti di relazioni sull’archeologia classica mondiale (https://www.archaeological.org/meeting/about), a Toronto, presso il prestigioso Sheraton Centre Hotel dal 5 gennaio 2017.
Due sono le relazioni ed uno il poster in programma per venerdì 6, frutto della ricerca che da tempo si svolge nel comprensorio volsiniese e, da due anni nuovamente, presso la necropoli etrusca di Crocifisso del Tufo. Claudio Bizzarri, David George, Darlene Forst e Will Ramundt hanno potuto elaborare i dati raccolti sul campo dai gruppi di scavo ai quali appartengono e dirigono per fornire dati utili al dibattito accademico (non bisogna mai dimenticare che dietro il viso di chi relaziona ci sono tante altre facce, sporche di terra e sudore, capacità e cervelli non in fuga, senza i quali non sarebbe possibile attuare progetti di qualsiasi natura).
I risultati sono in entrambe i casi di estremo interesse per la comprensione delle dinamiche che interessano l’Orvietano ed il centro di Velzna in particolare: il sito etrusco-romano (ed ora anche medievale!) di Coriglia continua a sfornare sorprese anno dopo anno (da ultima un vano sotterraneo con scala di accesso perfettamente conservata) mentre la necropoli ai piedi della Rupe si caratterizza come un cantiere “fuori della norma”, per l’approccio aperto ai visitatori che possono vedere la filiera archeologica dal vivo e operativa, sia per i risultati scientifici che sono stati raggiunti.
Non è infatti da dimenticare che, grazie alla collaborazione fra una serie di soggetti pubblici e privati (fra i quali spicca il trust di scopo Sostratos, che in massima parte copre gli aspetti di carattere economico del progetto), è stato possibile esporre il corredo della tomba 200, scavato solo nel 2015, presso il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto, ed organizzare a settembre 2016 la sia pur breve mostra presso le sale del comune di Orvieto, coi reperti scavati appena qualche settimana prima.
Si tratta di piccoli “miracoli” che hanno potuto trovare attuazione grazie alla volontà di soggetti quali le istituzioni alle quali si è fatto cenno ma, soprattutto, grazie agli sforzi di un gruppo di lavoro composto da persone interessate allo sviluppo culturale e, perché no…, economico della città e del territorio. La famosa frase attribuita ad uno dei passati ministri dell’economia – con la cultura non si mangia – di certo non vale per il nostro Paese (e non vale in generale), indicando anzi che è proprio il contrario; basti pensare alle zone terremotate del settore Umbria e Marche, che si sono viste sgretolare proprio quel patrimonio che per loro era un attrattore, era ricchezza, radici e patrimonio comune. E’ una strada che bisogna continuare a percorrere anche per annullare quelle onde sismiche che non hanno interessato fisicamente il nostro territorio ma che si sono propagate comunque nel popolo dei “fruitori”, riducendo immotivatamente le presenze anche nel nostro comparto geografico, rischiando di minare un sistema che già non godeva di una salute di ferro.
La partecipazione a consessi internazionali come quello di Toronto aiuta a diffondere l’immagine di un’area orvietana attiva e scientificamente prolifica, indirizzata, col suo passato, verso il futuro. La scommessa per ora è vinta, continuiamo a tirare i dadi e che gli Dei guidino la nostra mano.
(La foto allegata ha due dadi in osso della seconda metà del VI secolo a.c. Da Crocifisso del Tufo, campagna 2016)