di Dante Freddi
Molti anni fa, come oggi, alcuni media difendono gli interessi di padroni, amici e benefattori diffondendo mezze verità, bugie oppure non comunicando i fatti o, se costretti, relegandoli nel luogo del giornale o del palinsesto televisivo che è più conveniente per avere massima o minima visibilità. Tecniche vecchie che una trentina d’anni fa funzionavano e per avere questa possibilità di gestione dell’informazione imprenditori privati e di Stato acquistavano giornali e riviste, poi si aggiunsero le tivù.
La conoscenza di questo rapporto imprenditoria-informazione ci ha permesso di superare la propaganda di quasi vent’anni di governo di un imprenditore proprietario di quasi tutto il sistema dell’informazione, pubblico e privato, e di affrontare l’era del web dissertando serenamente sul massimo della presa per i fondelli del ricettore dell’informazione: la BUFALA. Insomma, ci siamo quasi vaccinati, però i danni sulla crescita democratica del Paese determinati dal potere di Berlusconi sono stati enormi, soprattutto per l’assuefazione al ruolo dominante del leader, alla remissività straordinaria per le sue azioni, alla diminuzione della capacità di argomentare e all’aumento di contro dell’indifferenza per chi ci tratta come buoi da aggiogare.
Durante i primi decenni repubblicani poco si sapeva del rapporto tra potere e informazione e il senso critico era alimentato da una conoscenza debole delle dinamiche di comunicazione.
In quegli anni la lettura del giornale a scuola divenne una novità educativa introdotta da molti insegnanti, nella convinzione che cittadini più consapevoli nel trattare le informazioni sarebbero stati anche in grado di elaborarle per costruire pensieri più robusti e una vita politica più tonica.
Da insegnante, proponevo questo lavoro di approfondimento in alcune classi di geometri e ragionieri e ricordo che gli allievi del Maitani organizzarono anche un’ assemblea d’ Istituto a cui fui invitato per presentare il tema. Era stato pubblicato in quel periodo un libro di Paolo Murialdi, “Come si legge il giornale”, che utilizzai come fonte preziosa di informazioni sui giornali, la loro proprietà, le redazioni, le tendenze politiche, gli interessi che avevano gli editori e molte indicazioni metodologiche utili per una lettura vigile.
L’educazione alla lettura, alla visione e all’ascolto, in qualsiasi contesto e per qualsiasi pubblico, è l’unica possibilità che mi sembra possa aiutare all’aumento di cittadini capaci di intendere l’informazione che stanno assumendo.
Ammesso che lo vogliano e non ritengano più comodo “accomodarsi” sulle notizie più confortevoli e conformi alle loro simpatie.
E allora niente da fare, prevarrà sempre il tifo a scapito dell’intelligenza. Il danno potrebbe dimostrarsi gravissimo, perché la democrazia si fonda sull’onestà intellettuale di chi vota.
Il voto dei tifosi, spesso col cervello ingorgato da bufale, più incisive se è autorevole il media che le sparge o il mestatore che le racconta, porta da altre parti e sempre verso avventure di esito ignoto e negativo, perché dietro c’è, comunque, il disprezzo per il pubblico.