Ma dai, è tutto uno scherzo!
di Franco Raimondo Barbabella
Pare che il 45° presidente USA Donald Trump, quello che da candidato era antitutto, sia entrato in scena sulle note di Air Force One come Harrison Ford nell’omonimo film e abbia detto: “Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell’unione. Dobbiamo collaborare, lavorare insieme e riunire la nostra grande nazione”; “Prometto che sarò il presidente di tutti gli americani”; “I dimenticati di questo Paese, da oggi non lo saranno più”. Daverooo? Ma seee! Ma daaai!
Pare che tutti i più importanti giornali anglosassoni, dal Wall Street Journal al New York Times, dal Financial Times all’Economist, da un po’ di tempo a questa parte guardino alla situazione italiana con improvviso interesse. Non li preoccupa lo stato dell’economia, non la crisi sociale, non le difficoltà della macchina pubblica, non i ritardi di modernizzazione e il malfunzionamento dello stato; li preoccupa l’esito del referendum, fino a ieri se vincesse il no, da ieri se vincesse il sì. Niente niente che si preoccupano sul serio solo dei riflessi che un esito piuttosto che un altro avrebbe sugli interessi che loro rappresentano! Daverooo? Ma seee! Ma daaai!
Pare che in Italia la magistratura stia collezionando flop: dal caso Tortora in qua, da Mani pulite in qua. Di recente, prima l’assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino, poi i proscioglimenti dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino e dell’ex presidente del Piemonte Roberto Cota. Ora, sembra siano in arrivo la derubricazione di ‘Mafia capitale’ a sistema di corruzione e il flop dell’inchiesta sulla cosiddetta ‘Trattativa stato-mafia’. Alcuni dicono anche che ci sarebbe un conflitto tra politica e magistratura che dura da Craxi in qua e da Berlusconi in qua e che per questo Renzi sulla riforma della giustizia ci andrebbe con i piedi di piombo. I più maldicenti dicono che tutto questo produrrebbe danni seri all’economia e al senso di giustizia, alla vita reale, quella vera, dei cittadini e alla stessa democrazia, al suo funzionamento e alla sua credibilità. Daverooo? Ma seee! Ma daaai!
Pare che qua e là, dove hanno assunto responsabilità di governo, i pentastellati stiano incontrando più di una difficoltà a tener fede ai proclami ‘rivoluzionari’, che alcuni – faziosi – chiamano populisti, perché – sembra – governare è diverso da proclamare. Si dice anche che vi siano inchieste su comportamenti che non sarebbero proprio conformi alle leggi. Ad esempio, c’è il caso dell’assessore romana Paola Muraro, che risulta iscritta nel registro degli indagati per illeciti nello smaltimento dei rifiuti; e ora, dopo Livorno ecc., ci sono anche le inchieste di Palermo e di Bologna sulle firme false. Qualcuno dice che alla prova dei fatti il purismo pentastellato si stia rivelando un mare di parole e che in fondo quello che conta è solo il sacro blog. Daverooo? Ma seee! Ma daaai!
Pare che il sindaco di Orvieto Giuseppe Germani non vada d’accordo con il suo partito, il PD, sicché non riesce a dare alla Giunta un assetto conforme a quelle che lui ritiene essere le necessità di governo. Pare anche che i partiti alleati lo sostengano ma che questo non basti a smuovere il coriaceo gruppo di comando piddino. Però, dopo un lungo tira e molla, almeno un assessore (ma non è che per caso dovrei dire assessora?) si è dimesso/a, non si sa se pagando un prezzo ingiusto per conto di tutta la situazione (comunque io dichiaro la mia simpatia per la dott.ssa Martino). Dunque ora si tratta di sostituirlo/a. Come? Il nostro Dante Freddi, che vuole bene a Germani, lo ha incoraggiato dicendogli di tirar fuori dal cilindro “un gran assessore”. Vedremo, ma nel frattempo pare che in città, nei luoghi topici della maldicenza, più di uno stia scommettendo sul fatto che più adeguato all’andamento della città potrà essere al massimo un peso piuma. Daverooo? Ma seee! Ma daaai!
Daverooo? Ma seee! Ma daaai!.
Daverooo? Per affermare con sorpresa l’apprendimento della notizia.
Ma seee! Per esprimere incredulità.
Ma daaai! Per attestare la scarsa validità e/o credibilità della conclusione.
Queste espressioni sono tipiche di chi non ha un’idea compiuta dell’argomento di cui si tratta oppure ha tale soggezione dell’interlocutore che preferisce non dire nulla piuttosto che avventurarsi in un contraddittorio. Oppure ancora che teme che le affermazioni dell’interlocutore siano possibili e non vuole esprimersi.
Tu dici che la dottoressa Martino non fosse conforme alle necessità di governo della città? che il PD ostacola il sindaco? Che Germani tirerà fuori dal cilindro un peso piuma?
Daverooo? Ma seee! Ma daaai!.
L’opinione di Pier Luigi Leoni
Comincio da Orvieto. Mi limito a sussurrare che un “gran assessore”, non deve essere tanto “gran” da fare ombra al sindaco. Altrimenti, o non dura l’assessore o non dura il sindaco. Quanto al resto del mondo, mi limito a osservare che fra tante tragedie vi sono anche aspetti divertenti, come le pagliacciate di Donald Trump durante la campagna elettorale; i sorrisi ingessati di quella volpe della Clinton; le facce dei giornalisti quando arrivavano i risultati favorevoli a Trump; la faccia tosta con cui Trump recita adesso la parte del saggio. Meno divertenti, ma poco seri, anche gli articoli sui grandi giornali economici in cui si fanno previsioni sulla politica e sull’economia, che per loro natura, sono imprevedibili. Credo che si arriverà prima a prevedere i terremoti, anche perché nella infinità dei fattori in ballo non vi sono gli esseri umani. Quanto alla magistratura italiana, mi riservo due paroline a parte.
Cosa c’è alla base del “famigerato” articolo 70.
di Pier Luigi Leoni
La riforma costituzionale che domenica prossima sarà bocciata o ratificata dal corpo elettorale contiene una riformulazione dell’ormai famosissimo articolo 70. Nel sistema vigente del bicameralismo paritario il contenuto dell’articolo 70 è molto sintetico: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nel nuovo sistema le attribuzioni legislative delle due camere sono molto articolate perché al nuovo senato viene assegnato il compito di rappresentare gli interessi delle autonomie locali partecipando al procedimento legislativo quando siano in ballo tali interessi, ma anche un compito di controllo sull’operato della camera dei deputati con proposte di modifica, da presentare in tempi brevi, di altri testi legislativi da essa approvati. Quindi la formulazione del nuovo articolo 70 è molto dettagliata e dai fautori del NO è considerata complessa e prolissa. A me, che ho passato una vita a districarmi tra testi legislativi assurdi e sentenze maniacali, la complessità non spaventa, memore del detto che “quando una cosa difficile ti sembra facile vuol dire che non l’hai capita”. Quanto alla prolissità, anch’io mi sono domandato se non potevano essere trovate espressioni più sintetiche, e magari più solenni, come si confanno a un testo costituzionale. La risposta che mi sono dato è che i parlamentari temevano che disposizioni sintetiche avrebbero lasciato spazio alla giurisprudenza. La divisione dei poteri è un assetto ingegnoso che gli stati moderni non si sognano di sostituire, ma si tratta pur sempre di poteri che, come tali, agiscono secondo la loro natura; cioè tendono ad affezionarsi al loro ruolo e a comprimere quello degli altri. Da Tangentopoli in poi, la classe politica è molto intimorita dal fatto che la magistratura, se ci si mette, può non solo incidere sul marcio che c’è negli altri poteri, ma anche vedere il marcio dove non c’è e distruggere la vita e le carriere politiche di persone per bene. Un articolo 70 prolisso è un tentativo della politica di limare le unghie della magistratura in un comparto fondamentale come il procedimento legislativo. E non va dimenticato che col procedimento legislativo si varano le amnistie e si mettono le mani nell’ordine giudiziario, stipendi inclusi.
Il mestiere è mestiere e quando ci si aggiunge l’intelligenza, nel senso specifico della capacità di mettere insieme le informazioni, nel caso di Leoni approfondite e vissute sui temi istituzionali, e trasformarle in motivazioni per scegliere e agire, lo spazio per intervenire con un contributo originale è davvero esiguo.
Io ero rimasto al ragionamento che due camere che si duplicano sono ormai inutili, superate dalla storia, e che la prolissità fosse una necessità per limitare il contenzioso sui temi che si sospetta potrebbe scatenarsi quando si toglie potere a organismi che sono abituati a esercitarlo. E già mi bastava. Mentre scrivo ascolto in sottofondo Salvini che in TV sta centrando il suo intervento nel confronto referendario su RAI1 contro l’europeismo, perché del Senato si è accorto che frega poco a tutti. Sta tentando di stimolare la pancia degli ascoltatori contro l’Europa, che è più facile, chi non ce l’ha un po’ con L’Europa. Dice il solito repertorio di banalità che caratterizzano il suo successo e ci mette di mezzo i suoi figli, come sempre. Mi ha convinto, più della sapienza di Leoni. Ha colpito la mia presunzione, mi sento di non essere un cretino e sentirmi trattare così mi aiuta a non avere dubbi: voterò SÍ.
L’opinione di Franco Raimondo Barbabella
L’art. 70 della Costituzione vigente è di 9 parole, quello della Costituzione modificata è di 441. Ma la differenza non è tanto la prolissità rispetto alla sinteticità quanto piuttosto la logica: la Costituzione vigente è frutto di una storia sofferta e di idee di lungo corso tradotte in scelte chiare del modo di intendere il sistema istituzionale, quella modificata è frutto al contrario di vicende sostanzialmente contingenti e di idee piuttosto ondivaghe.
L’art. 70 va nel dettaglio non per la volontà del mondo politico (quale?) di limitare le possibilità di intromissione di un altro potere dello stato, la magistratura, ma per la mancanza di chiarezza sul modello istituzionale e sulle condizioni del suo reale funzionamento. La controprova è la propaganda governativa che, quando entra nel merito e tenta di spiegare, è costretta ad esagerare ed entra così nel campo minato delle bugie. Due mi paiono evidenti.
La prima: non è vero che il nostro è il solo paese al mondo con il bicameralismo paritario. Ce l’hanno infatti gli Stati Uniti, solo che lì, oltre che per alcune attribuzioni differenti, il doppio binario legislativo viene superato con un semplice accordo tra i presidenti delle due camere. Il che indica sia l’esistenza di una ben diversa cultura istituzionale sia il ruolo attivo della volontà politica nel funzionamento delle istituzioni.
La seconda: non è vero che è prevista puramente e semplicemente l’abolizione delle province. È vero infatti solo sul piano formale, non su quello sostanziale, giacché al loro posto si prevede l’istituzione di ‘aree metropolitane’ e ‘aree vaste’ da parte di regioni e comuni, e senza che si capisca bene come queste potranno mai funzionare senza soldi e senza personale (quello delle province passa alle regioni). A meno che non si continui a pensare alle istituzioni come il dopolavoro di sindaci e consiglieri volenterosi.
Complessivamente viene operata una revisione così disomogenea che avrebbe dovuto consigliare un referendum per parti separate, se si fosse voluta sollecitare una partecipazione al voto ampia e consapevole. Ma viene il sospetto che questa sia stata l’ultima preoccupazione, cosicché la cosa più chiara è che, in omaggio alla montante antipolitica, gli organismi elettivi vengono sostituiti con altri solo nominati.
Tutto questo non mi piace. Non mi piace neanche il modo in cui è stata impostata e tanto meno come poi si è venuta caratterizzando la campagna referendaria, uno scontro all’ultimo sangue, una specie di ordalìa, il modo peggiore per giungere a decisioni meditate. E così chi è riluttante ad assumere comportamenti gregari pregiudiziali si trova necessariamente in difficoltà. Alla fine una decisione si prenderà, magari sulla base di ragionamenti di ordine generale, ma senza farsi offuscare la mente dai propagandisti del sì o da quelli del no.