di Piero Cambi
Siamo al giugno 1944. Nella nostra centrale allora TETI i militari tedeschi si alternavano ogni quattro o cinque mesi ed io, data l’ovvia inesperienza, li distinguevo solo nel rapporto umano e non nei gradi, che non conoscevo. Anche se è retorico parlare di buoni e di cattivi, non trovo altra forma per dire in sintesi come si comportassero quei soldati.
Comunque sia ho avuto la soddisfazione di sapere che uno di quelli che giudicavo “buono” ha scelto la mia cittadina ORVIETO per venire a trascorrere la sua vecchiaia. Tanti nomi si ripetevano sempre: Albert, Joseph, Hans . . . . in particolare ricordo uno che era come un incubo per me: Seep. Gli ultimi giorni prima del passaggio del fronte tutti i dipendenti adulti della nostra azienda si erano allontanati da Orvieto per non essere catturati e trasportati in Germania, tra questi c’era mio padre.
Eravamo quasi alla fine della guerra, avevo compiuto da poco 16 anni (nel 1944, bisogna riconoscerlo,a quella età, eri già un ometto, ma meno emancipato dei ragazzi di oggi), un giorno mentre stavo al ricovero (si fa per dire perché eravamo sotto le fondamenta del DUOMO), arrivò Seep obbligandomi, con modi bruschi, ad andare in centrale per prestare servizio al centralino sotto la minaccia di scovare mio padre (dipendente TETI) per portarlo in Germania.
Malgrado le grida di mia madre fui costretto ad accettare e, con un gran pianto e tutto impaurito, mi recai a prestare servizio al centralino fino a quando Seep, mosso a compassione, mi fece ritornare al ricovero dopo avere prestato servizio tutta la notte. Devo far notare che il mio ricovero erano le fondamenta della torre del Moro (mt. 2,20) Dopo qualche giorno (14 Giugno) arrivarono gli Americani e tutti quanti (compreso mio padre)uscirono dai più impensabili nascondigli quali cantine, soffitte e rifugi.
I tedeschi avevano portato via la chiave della centrale e toccò a me, che ero piccolo e mingherlino, di entrare attraverso una piccola finestra che sfasciammo a martellate. Anche se sono trascorsi tanti anni ricordo ancora perfettamente lo spettacolo che si presentò davanti ai miei occhi: decine di bombe a mano sopra il tavolo e centinaia di proiettili inesplosi per terra.
Le cappe che coprivano i meccanismi telefonici tutte all’aria, i cavi spezzati e tutta la centrale in uno stato di distruzione tale da sembrare impossibile che un solo uomo, Seep, abbia potuto causare. Eppure solo lui è rimasto fino all’ultimo istante. Devo riconoscere che solo l’abnegazione e la capacità dell’allora Capo Centrale, NATALI, seppe in pochi giorni e con modestissimi mezzi, ripristinare la Centrale stessa. Grazie anche al prodigarsi del personale esterno e con mezzi di fortuna si è riusciti a ripristinare le comunicazioni con tutta la parte dell’Italia liberata. L’ultimo ricordo che mi sovviene è legato al servizio svolto dai vecchi combattenti (e mutilati) della prima guerra mondiale, che in servizio alla DIGAT(la contraerea), erano addetti a suonare le campane di allarme dietro nostra segnalazione (Le sirene invece furono installate successivamente).
Noi ricevevamo via cavo (da AMELIA) le informazioni di attacchi aerei e subito le trasmettevamo a loro(con una minima perdita di tempo , pochi minuti) i quali davano l’allarme alla città. Un episodio che mi è rimasto sempre impresso risale alla notte che sganciarono una bomba su ORVIETO. Gli addetti della DIGAT che stazionavano sopra la torre del MORO, non avendo forse percepito correttamente l’esatto punto dove era caduta la bomba, ci avvertirono che era stato bombardato il Teatro (e non era vero), mentre a mia madre che era al ricovero del Duomo gli fu riferito che la bomba era caduta sulla Torre del Moro.
Nessuno può immaginare quanto ha pianto. Con l’aiuto di un militare della DIGAT volli recarmi nel posto dove era rifugiata la mia mamma. Quando ci siamo incontrati ci siamo abbracciati come due sopravvissuti. Strada facendo, per raggiungere il ricovero (vicino all’attuale ufficio postale) trovammo i due cadaveri di : Raffaello e Carlo…rimasi sconvolto.. Ciò che convalida questo mio ricordo , è un foro(ancora visibile) provocato da uno spezzone, in una grata di ferro, nell’immediate vicinanze dove giacevano questi due poveri cadaveri. Rimasi sconvolto anche assistendo alla fatica, dei Vigili del fuoco, per salvare la vita di un Orvietano ( Apolloni Remo) il quale rimase infortunato per tutta la vita. L’unica bomba caduta in Orvieto, aveva distrutto il suo fabbricato. Come ho detto avevo poco più di 16 anni. Oggi ne ho 89 e sono l’unico superstite dell’allora , TETI poi SIP e attualmente TELECOM.
Una precisazione: L’unica bomba, caduta in Orvieto, ha distrutto un fabbricato nel Corso Cavour 187. Nel Palazzo Majoli, nel Palazzo di fronte alla farmacia Zonghi, in Piazza Maurizio Ravelli, solo spezzoni e schegge.