di Fausto Cerulli
Emanuele, in ebraico antico, vuol dire Dio è con noi. Forse Dio si era distratto quando ha fatto morire Emanuele-Cerco di scherzarci su, ma ho il cuore pieno di amarezza. Per molti giorni ho cercato di pensare che non fosse lui ad aver perso la vita, a Orvieto i Porcari sono tanti….Poi ho avuto la tragica conferma. Eravamo amici, ogni tanto ci incontravamo in via del Corso, lui era con la sua inseparabile Loredana, e ci scambiavamo battute semiserie e parlavamo a lungo. Lo conoscevo da una vita, anche se era più giovane di me. La sua una vita di lavoro, che lo portava spesso fuori casa e non vedeva l’ora di tornare dalla sua Loredana e da sua figlia Giulia.
Credo di averlo conosciuto sin da quando Enzo Fusari, suo suocero, vendeva libri e giornali in quel negozio vicino alla Torre del Moro, che era un punto d’incontro. Emanuele aveva parentela solo acquisita con Enzo, ma stranamente sembrava ricordarne il sorriso dolcissimo, il tono leggero della voce, la voglia di scherzare e quella smania di lavorare che sembra una smania d’altri tempi.
Io e la mia compagna l’avevamo incontrato la settimana scorsa, avevamo scherzato sulle vacanze, lui ci aveva parlato di sua figlia Giulia, per cui provava un affetto orgoglioso. Fummo contenti di incontrarci, era tutto un ricordare, ma senza tristezza. Rivedo adesso il suo sorriso sotto gli occhiali, l’azzurro dei suoi occhi, le sue mani che si poggiavano affettuose sulle mie spalle.
Ora tutto è finito, se qualcosa finisce, e Dio, se Dio esiste, ora è con lui. Quel Dio che lo volle morto in qualche suo calcolo assurdo. Emanuele è andato a morire sulle Alpi, ma non andava in vacanza. Morto senza gli sci sulle spalle, senza scarponi da neve. Morto per lavoro e di lavoro. Avrebbe preferito starsene a casa, con la sua Loredana, pensando alla sua Giulia. Ora mi vengono in mente, come un ossessione, i nomi delle persone che gli erano care, mi è troppo difficile pronunciare il suo, ora che non può rispondermi. O forse può rispondermi, forse è la sua voce quella dei rondoni felici in questa mattina di Porano, quasi primaverile.
Non si dovrebbe morire quando il cielo è azzurro, anzi gli amici cari non dovrebbero morire mai. Ma Emanuele è morto, e spero solo che non si sia accorto di nulla, di quel pulmino che andava a schiantarsi contro un Tir. Voglio pensare che dormisse e sia passato dal sonno alla morte come si dice accada alle persone sagge. Ed Emanuele era saggio, non pensava che alla sua famiglia, una famiglia sana in questo mondo di famiglie sfamigliate. Non so quanti lo conoscessero bene ad Orvieto, lui così schivo, lui dal sorriso raro e dolcissimo Io credo di averlo conosciuto bene, anche se adesso rimpiango di non averlo conosciuto abbastanza.
Aveva stampata sul volto una bontà leggera, e la sua voce sembrava portata via da un’eco tanto era sommessa, come se avesse paura di dar fastidio al mondo. Ma era il mondo, quello sì, a dar fastidio a te, con preoccupazioni che sapevi dissimulare per non far triste nessuno. Credo di doverti molto, per quel tuo affettuoso volerci bene, a me e alla mia compagna, come si vuole bene agli amici veri. Io, che in genere scrivo molto, forse troppo, ora sento che mi mancano le parole, le parole adatte. E forse non esistono parole per dire della morte di un amico. Voglio soltanto dirti che ti sento vicino a Loredana ed a Giulia. Hai vissuto per loro, ora non puoi, ora non vuoi lasciarle sole. Non voglio dirti addio, solo un arrivederci senza retorica. Un arrivederci semplice come eri tu, nella tua saggezza quasi sfumata dal sorriso elegante. Abbi pace, Emanuele, e dacci pace per ricordarti giusto, per ricordarti vero.