di Mario Tiberi
Quando si è superato il limite di ben oltre la metà della propria vita biologica, saggezza consiglierebbe di chetarsi per favorire la catarsi della spiritualità personale in vista dell’appuntamento supremo con la leggiadra e democratica Signora di nero mantello vestita.
Anche la saggezza, però, alcune volte imprime accelerazioni impreviste sul tachimetro della individuale tabella di marcia, si affanna e si affretta e, come è notorio, la fretta è spesso foriera di bizzarri consigli. E’ quanto sto vivendo nel contesto storico delle mie attuali contingenze.
Potevo starmene tranquillo e sereno dedicando buona parte del mio tempo alla riflessione concettuale, alla scrittura continuativa e alla lettura dei molteplici volumi lasciatimi in eredità da mio Padre che, mi si creda, rappresentano un qualcosa di più alto e nobile al confronto di modeste “pillole di Bignami” e, invece, mi sono ritrovato, quasi per caso, ad essere divorato dal “fuoco sacro” della passione politica e, a nulla, sono valsi gli interventi di spegnimento operati dalla vigilanza della prudenza e della ponderazione.
E’, così, per me iniziata una affascinante e per alcuni versi irrazionale avventura che, come tutte le avventure, è composta da variegate sfaccettature e distinte porzioni. Di due di quest’ultime, vorrei intrattenerVi.
Quando, nell’ormai lontano 2007, volli sperimentare l’adesione ideale al progetto politico del partito democratico mi illusi, ingenuamente, di rapportarmi a volontà e coscienze libere da pregiudizi e retaggi fuorvianti mentre, nella realtà toccata con mano, trovai davanti al mio incedere uno spesso invalicabile muro costituito da mattoni impastati di ottusità, stoltezza e ostinazione. E il bubbone epidemico, avente come ceppo originario il vertice nazionale, si propagò e diffuse a celerissima macchia d’olio verso la periferia che, inadeguata e servile, non fu in grado di frapporre idonei cordoni sanitari per non restarne contagiata.
Quanto accaduto negli anni successivi e fino ai giorni odierni, ha compiutamente provato che l’iniziale slancio progressista di detto partito si è via via affievolito sino ad esaurirsi e consumarsi nel più marcato conservatorismo e, ciò, ne sta decretando il declino morale e il fallimento storico.
Non potei far altro, sul finire del 2010, che prenderne le distanze e da esso mi allontanai definitivamente per nausea e disgusto: nausea a cagione di una visione politica miope e dai ristrettissimi orizzonti; disgusto a cagione del sempre più dilagante affarismo corruttivo.
Per circa due anni mi sono posto nella condizione spirituale di essere “un uomo alla finestra”: sbirciavo sugli accadimenti che giudicavo secondari mentre, con maggiore ricorso all’intelligenza emotiva, osservavo attentamente gli sviluppi delle complesse vicende politiche che si dispiegavano nel pieno della crisi economica e sociale del decennio in corso.
Non ne ero, però, del tutto appagato! Intendevo andare oltre e, così, mi sono imbattuto nei primi passi mossi dal MoVimento Cinque Stelle all’insegna delle novità e di un distinto modo di partecipazione attiva nell’arena della politica italiana.
Alcuni, forse avventatamente, ebbero ai suoi albori l’ardire di affermare che il MoVimento stesso nacque quasi per scherzo. Chi Vi scrive, invece, ritiene o che vide la luce al pari di una avventura della quale oggi ne percepisco l’arcano gusto e il piacere sottile e non perché io sia un avventuriero, ma perché mi sento un avvenirista, oppure al pari di una scommessa sul futuro della nostra amata Patria o, ancor meglio, di tutte e due insieme. E se è vero, come è vero, che le moderne forme assicurative hanno avuto origine in Inghilterra scommettendo sul ritorno o meno delle navi mercantili dalle Indie, così il M5S, quale avventura e scommessa, possiede in sé tutte le potenzialità per trasformarsi in solida polizza assicurativa sulla vita della società italiana a patto che ognuno di noi, da onesto cittadino, ne corrisponda il giusto premio.
Con il MoVimento, inoltre, si sta materializzando un mio antico pensiero che, in sintesi, può essere espresso dalla formula concettuale della “Utopia della positività” intesa, restrittivamente, come dispiegamento della volontà dell’ottimismo e, estensivamente mutuandola dal termine latino “positum”, come posta e calata nella realtà dell’immanente e, cioè, industriarsi e indaffararsi con i piedi a terra pur sognando.
Ho parlato di una novella avventura a cinque stelle: ora mi ci trovo immerso e la vorrò vivere fino in fondo e, se al cuor non si comanda, almeno in questa occasione consentirò a me stesso che il cuore prevalga sulla ragione.